“Opere pubbliche, legalità, democrazia”, è stato il titolo del convegno organizzato dalla sezione messinese di Italia Nostra, dall’associazione MarxXXI e dal circolo locale di Libertà e Giustizia. Ed i loro responsabili, rispettivamente, Antonietta Mondello Signorino, Federico Martino e Giusi Furnari Luvarà, si sono suddivisi il compito di introdurre argomenti e relatori, ed in particolare Martino ha coordinato i lavori intervenendo costruttivamente nel corso del dibattito.
L’inaccettabile criterio della verticalizzazione delle scelte, il consumo indiscriminato di suolo, la cultura del profitto a vantaggio di pochi privati che incrementa il debito pubblico, con le ultime “novità” in materia, il tutto accompagnato dalla crisi dei partiti, della democrazia e dal non rispetto della Costituzione, con l’importante risposta dei “movimenti”, sono gli argomenti – base su cui si è articolato il dibattito.
Si è parlato di Ponte sullo Stretto, approdo di Tremestieri (realtà locale sulla quale sta attualmente focalizzando le proprie attenzioni Italia Nostra nazionale), TAV fiorentina e valsusina, MOSE di Venezia, MUOS di Niscemi ed altre mega opere che stanno incidendo gravemente, per un motivo o per l’altro, sul piano sociale, politico, economico ed ambientale, nelle tante realtà di un’Italia in grande difficoltà che ha ceduto alle spregiudicate regole della finanza internazionale e del mercato, a danno dell’economia reale e di uno sviluppo sostenibile.
Di assoluto valore gli ospiti che hanno animato il convegno, sia come relatori sui differenti temi, che attraverso interventi programmati o spontanei.
Ivan Cicconi, ingegnere, studioso e scrittore bolognese, tra i massimi esperti italiani in infrastrutture e lavori pubblici, direttore di ITACA – Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale, era già stato ospite nella stessa sede lo scorso autunno, su invito della Rete NoPonte, per presentare il suo testo “Il libro nero dell’alta velocità”, (nuove ediz. Koinè). Lo stesso, stavolta, ha approfondito e ampliato la propria esposizione relazionando su “Grandi opere e debito pubblico”.
Mariarita Signorini, cremonese che vive a Firenze, critica d’arte e restauratrice, consigliere nazionale e vice presidente della sezione fiorentina di Italia Nostra, ha parlato di “Criticità ambientali e impatto sui beni artistici”.
Giacomo Arena, esperto di diritto amministrativo, già Avvocato dello Stato, ha trattato il tema “Destrutturazione del diritto e del territorio”.
Nella prima giornata di lavori, oltre ai relatori, ci sono stati gli interventi programmati di Anna Giordano, esponente del WWF, tra l’altro componente del collegio di esperti che ha sollevato le numerose osservazioni al progetto del Ponte; Tonino Cafeo, giornalista, in rappresentanza della Rete NoPonte, e della stessa Giusi Furnari Luvarà, responsabile di Libertà e Giustizia.
A seguire, il dibattito si è avvalso degli interventi di Gigi Hyerace, storico dell’arte dell’Università di Messina; Marco Letizia, esponente dei movimenti cittadini; Renato De Luca dei Comunisti Italiani; Francesco Longo del Movimento 5 Stelle, e Luigi Beninati, esponente del laboratorio politico “L’Officina delle idee”.
“Italia Nostra mette sempre al centro del proprio interesse la bellezza come inalienabile bene dell’umanità, come fondamento costitutivo dell’essere umano”, ha detto, tra l’altro, Antonietta Mondello Signorino nel suo intervento introduttivo, applaudito dalla platea.
Federico Martino, nella propria introduzione, ha subito messo a fuoco la questione principale: “Il problema delle grandi opere l’abbiamo voluto affrontare sia in relazione all’aspetto tecnico che in quello della legalità. La questione della democrazia – prosegue Martino – è prepotentemente emersa sotto forma di conflitto tra scelte di carattere generale ed esigenze delle comunità locali, come il caso TAV e del Ponte sullo Stretto”.
All’argomento si ricollega immediatamente Ivan Cicconi: “Sulle grandi opere si è aperta una partita estremamente importante, non solo per la democrazia, ma anche per le prospettive dell’umanità. Non è un caso che oggi ci sia un forte aggancio di tanti movimenti sociali a quello No Tav, paradigma dello scontro in atto tra le classi dirigenti del capitalismo nell’era della globalizzazione ed il popolo, l’umanità”. Movimento, sostiene l’ingegnere bolognese, “che ha fatto emergere competenze e culture tecniche elevate rispetto all’insipienza, la superficialità, la grossolanità di quelle espresse dalle istituzioni”.
Parla, poi, della trasformazione del modello di impresa e dei rapporti che lo generano, del rinato “schiavismo” nelle zone franche di produzione, delle multinazionali senza produzioni ma con “appaltatori”, della incredibile sproporzione nel rapporto di scambio tra denaro e prodotto reale, il tutto a vantaggio di imprese che altro non sono che “scatole vuote”. E qui arriva al nocciolo: “Da questo punto di vista, una grande opera, scollegata dal territorio o con poche interferenze su di esso, è l’oggetto nel quale si può misurare questo tipo di impresa. La stessa – precisa Cicconi – lavora per realizzare privilegi nel presente, prescindendo strutturalmente dal futuro. L’alta velocità ed il Ponte sullo Stretto a quest’impresa e a questa finanza servono oggi. Esse lavorano solo ed esclusivamente sul debito pubblico. Ed in questo modello è stata trascinata anche la politica”. E come fece la volta precedente, cita l’impressionante cifra di “debito occulto” accumulato dalle S.p.A. a capitale pubblico, regolamentate dal diritto privato, che il Governo fu costretto ad inserire nella Finanziaria del 2007, a seguito dell’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea: 12 miliardi e 950 milioni di euro. Ma allora tutta la questione fu strumentalmente spostata dai politici e dai mass media sui ticket sanitari: valore 850 milioni di euro.
Mariarita Signorini ha fatto un accenno sugli impegni di Italia Nostra su tutto il territorio nazionale, ma la sua attenzione diretta, quotidiana, è su una questione, a molti sconosciuta, che riguarda la sua città, anch’essa “colpita” dall’alta velocità: “Per quanto riguarda il sottoattraversamento Tav di Firenze si sa ben poco e registriamo un silenzio assordante dei media”, dice la Signorini, che parla dei rapporti con i militanti della Val di Susa, e precisamente di Chiomonte, per poi spiegare alcune caratteristiche della mega opera valsusina. Ma è sulla linea Tav in Mugello, che dovrà collegare Firenze con Bologna, che la Signorini si sofferma maggiormente, avendo appreso notizie fresche: “Per i danni Tav in Mugello nessuno è responsabile. I componenti delle giunte regionali in carica tra il 1990 e il 2000 sono salvi grazie alla prescrizione dell’azione di risarcimento per danno erariale”. Spiega quindi, quali sono i danni provocati: “Il prosciugamento di 150 miliardi di litri d’acqua e l’abbassamento delle falde idriche. In tutto è stato accertato l’essiccamento di 70 sorgenti, 38 pozzi, 20 tra fiumi e torrenti e 5 acquedotti.” E per richiamare l’attenzione sul problema dello splendido capoluogo toscano, l’esponente di Italia Nostra, anche attraverso un documento, ricorre ad un argomento di drammatica attualità: “Nemmeno il terremoto pare scuotere l’ostinazione di chi vuol realizzare la più inutile e pericolosa opera a Firenze. Per il sottoattraversamento Tav si mette a rischio il suo patrimonio monumentale e architettonico”. Critica, poi, iniziative e norme della Regione Toscana in materia di prevenzione del rischio sismico e idrogeologico. In tal senso, avendo visitato, nella mattinata messinese, Giampilieri, ha avuto parole di elogio per gli interventi messi in atto dal Genio civile: “Un ripristino ambientale eccellente”.
Giacomo Arena intraprende un percorso storico sulle leggi speciali emanate in materia di territorio, associando ed esponendo determinati casi di applicazione delle stesse, facendo, tra l’altro, esempi di sentenze pronunciate riguardo le espropriazioni per pubblica utilità. Denuncia, quindi, gravi incrinature nel sistema italiano, definendolo “disarticolato dalla stessa Costituzione”. Attraverso slide, ha poi illustrato le problematiche derivanti dall’entità delle opere, i costi, le lungaggini burocratiche e i contenziosi sorti per la realizzazione di alcune grosse infrastrutture del passato.
Anna Giordano ha dedicato ovviamente il suo breve intervento all’argomento Ponte sullo Stretto: “Nel progetto preliminare era stata fissata la data di inizio lavori al 5 Maggio 2005. Adesso siamo a Giugno 2012, e quindi se fossimo stati in un Paese civile un modo per fermarlo si sarebbe trovato. In ogni caso – prosegue l’esponente del WWF – c’è il modo per rallentarne l’iter, attraverso ulteriori osservazioni al progetto”. Ripropone, poi, alcuni impressionanti numeri che fanno riferimento ai cantieri: ”5 milioni di metri cubi di scavo da scaricare nelle valli che sovrastano Messina; 660 mila viaggi di camion di sola andata”. Questo e tanto altro ancora, con una “dedica” particolare all’a.d. della Stretto di Messina S.p.A., riguardo una sua sconcertante espressione: “Ciucci mi ha fatto imbestialire quando ha detto che i messinesi possono ritenersi fortunati, perché in caso di terremoto potrebbero salvarsi rifugiandosi sul Ponte”, ha detto la Giordano con tono giustamente indignato. Circa l’approvazione del progetto definitivo, ancora all’esame del Ministero delle Infrastrutture che sta raccogliendo tutte le integrazioni necessarie, l’ambientalista messinese esclama: “Non sappiamo esattamente a che punto sono, intanto altri 6 mesi sono passati…”. E poi esorta a mantenere alta la guardia: “Bisogna sempre tenere d’occhio il progetto e fare capillare informazione”.
Tonino Cafeo ha parlato di politica e democrazia nelle accezioni più alte dei termini, di territorio, lavoro, prospettive di sviluppo e bene comune. Ed in questo esalta le finalità ed i risultati raggiunti dalla Rete NoPonte, in quanto “grande laboratorio di partecipazione democratica, ovvero antidoto a questa progressiva erosione della democrazia”. Il giornalista prende atto di una realtà in trasformazione, della crisi dei partiti, di vuoti lasciati qua e là che vanno ricolmati, di valori da recuperare, e scruta una prospettiva: “Mi auguro la continuità di una tessitura di relazioni tra società civile organizzata, movimenti, studiosi, attivisti, partiti e istituzioni, nello spirito della Costituzione”, ha detto Cafeo. Tornando, poi, all’opera svolta dalla Rete, parla di “lavoro collettivo, non solo di opposizione al Ponte, ma anche tentativo di introdurre i temi della rinascita civile della città”. E va alle istanze più immediate: “I soldi del Ponte vadano impiegati per realizzare opere di prossimità e al recupero del territorio come bene comune, ma prima di tutto sciogliere la società Stretto di Messina”. Dà una risposta, poi, ad un precedente quesito posto da Federico Martino, lanciato dopo la penetrante esposizione di Cicconi, circa “Che fare?” per venir fuori da questa situazione: “Ricostruire una cultura politica fondata sulla demercificazione. Porsi il problema della decrescita, dell’uscita da un modello di sviluppo fondato esclusivamente sulla crescita quantitativa, sull’accumulo”, ha tenuto a sottolineare Cafeo.
L’intervento di Giusi Furnari Luvarà ha riguardato un preoccupante tema che ha ispirato un articolo pubblicato a tutta pagina su La Repubblica il 31 Maggio scorso: “In svendita le coste della Sicilia – cemento e appalti per 3 miliardi – ecco l’affare d’oro di Lombardo. Una legge assegna tutto a un gruppo italo-belga”. Già solo il titolo può bastare ad indicare la valenza di un “mostro” che racchiude in sé tutto il peggio di cui si era discusso in sala fino a quel momento. “Devastazione dell’ambiente; impiego di soldi pubblici – e quindi dei cittadini – da erogare a fondo perduto; rientro di beni ad esclusivo vantaggio di società private, talvolta fantasma”. E’ stato questo il breve elenco di fattori approntato dalla responsabile cittadina di Libertà e Giustizia, per descrivere tale operazione. La stessa ha poi così concluso: “Colgo l’occasione per rilanciare questo fatto che mi pare di estrema importanza. Occorre mobilitare l’attenzione di tutti sull’episodio. Che poi ci siano state smentite o meno è da valutare”.
Anche la seconda sessione del dibattito, l’indomani, ha visto la presenza di eccellenti relatori con altrettanto valide tematiche.
Guido Signorino, professore di Economia applicata all’Università di Messina, attento osservatore e analista dei processi di interazione tra economia regionale, ambiente e condizioni sociali, storico oppositore alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, facente parte del gruppo di esperti che ha redatto le osservazioni al progetto, ha trattato l’argomento “Analisi economica Grandi opere”.
Antonio Mazzeo, giornalista, scrittore, blogger, peace-researcher, da sempre impegnato contro la militarizzazione, in difesa dell’ambiente e dei diritti umani, sostenitore della lotta alle criminalità mafiose, ha relazionato sulla sua ultima, importante inchiesta: “L’Ecomostro del MUOS” di Niscemi.
Terzo relatore, Alberto Ziparo, ingegnere e urbanista di fama internazionale, professore all’Università di Firenze ed in altri atenei, grande esperto di pianificazione urbanistica e ambientale, anch’egli tra gli “osservatori” che si oppongono al progetto del Ponte, ha parlato di “Criticità e problemi ambientali nelle reti infrastrutturali europee”.
La seduta si è poi avvalsa degli interventi programmati di Lillo Oceano, segretario provinciale della CGIL, Claudio Villari, ingegnere strutturista, dirigente della sezione messinese di Italia Nostra e di Alberto La Spada, attivista di Energia Messinese.
A seguire, si sono alternati al tavolo con dei propri interventi anche Federica Violi e Andrea Rizzo, dottorandi in Diritto Internazionale, Pietro Interdonato, portavoce del Comitato Pendolari dello Stretto e Luigi Sturniolo, storico attivista della Rete No Ponte – Comunità dello Stretto.
Guido Signorino ha spiegato esaurientemente quanto le grandi opere – che non a caso definisce come “mitizzazione speculativa dell’intervento pubblico nell’economia” – in rapporto a fattori reali, specie in periodi di crisi come quello attuale, siano insufficienti, inutili, se non addirittura controproducenti, alla risoluzione dei problemi economici ed occupazionali. “Le grandi opere, per definizione – dice l’economista messinese – hanno un intenso, elevato impatto in capitale, non in forza lavoro. L’intensità di lavoro nelle opere è tipica in quelle di piccola entità”. E non poteva mancare, come paradigma di tutto ciò, ovviamente, il Ponte sullo Stretto, di cui ne ha confutato, ancora una volta, la validità in termini di costi – benefici, anche sul piano occupazionale, spiegando la differenza tra le tanto propagandate “unità di lavoro” e l’effettiva, reale, quantità di manodopera impiegata, che crolla drasticamente, anche su affermazione degli stessi progettisti. Quanto all’utilità dell’opera nel lungo periodo, ci può stare, come esempio, questa analisi: “L’economia dei trasporti ci spiega che un sistema che fa viaggiare i prodotti su strada è tecnicamente efficiente quando un carico non deve coprire una distanza superiore a 700 chilometri su strada e 1000 su ferrovia. Il Ponte – fa osservare Signorino – per stare in piedi economicamente, necessita che il trasporto si sviluppi al di sopra di una soglia minima che è incompatibile con l’attuale sviluppo delle cosiddette autostrade del mare, ossia dei sistemi alternativi, non tenendo conto del trasporto aereo”. Il quale, specie in questi ultimi anni, ha sbaragliato ogni forma di concorrenza, aggiungiamo noi.
E’ di recentissima pubblicazione, sia sotto forma di e-book che cartaceo, “Un Eco MUOStro a Niscemi – L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo”, scritto da Antonio Mazzeo, edito da Sicilia Punto L. Non poteva esserci, quindi, per quest’ultimo, occasione migliore per esporne i contenuti, messi insieme attraverso una capillare, straordinaria inchiesta che lo stesso ha condotto con la determinazione e la professionalità che gli sono proprie.
“MUOS”, al quale si abbina alla perfezione, per mille motivi, il suffisso “tro”, è l’acronimo di Mobile User Objective Sistem, ovvero un sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina Militare americana, consistente in quattro enormi terminali radar terrestri che dovranno sorgere, rispettivamente, in Virginia, alle Hawaii, in Australia e, pensate un po’, in Sicilia, per l’esattezza a Niscemi, provincia di Caltanissetta, dentro una riserva naturale. L’ultimo “regalo”, insomma, fatto dagli USA alla nostra terra con la colpevole complicità dei nostri governanti, sul quale Antonio Mazzeo esordisce così: “E’ uno dei peggiori paradigmi che potessero verificarsi sul territorio siciliano e che raccoglie in sé le contraddizioni dei modelli della globalizzazione neoliberista”. E mette insieme gli elementi che lo caratterizzano: “Guerra, attacco all’ambiente e al territorio, violazione dei diritti umani, enorme sperpero di risorse finanziarie, trasferimento delle stesse dal pubblico al privato, militarizzazione del territorio, rafforzamento della borghesia mafiosa nella nostra regione attraverso un processo di militarizzazione. Tutto questo – precisa Mazzeo – a distanza di 30 anni dall’uccisione di Pio La Torre, che aveva colto il connubio mafia-militarizzazione come processo in un’area difficile, con problematiche di sviluppo.” Molto importante è la precisazione che lo scrittore fa circa la “paternità” del sofisticato dispositivo, definito da autorevoli studiosi americani “un pericolosissimo maxi-forno a microonde”. “Non è un progetto NATO – dice Mazzeo – ma esclusivamente delle forze armate USA, che investe direttamente il territorio italiano e che sorge all’interno di un’area di 166 ettari, divenuta dall’ottobre 2005 una base americana. Si è così verificata un’espropriazione dei principi di sovranità nazionale che avrebbe meritato ben altre analisi e discussioni”. E’ quindi palese un problema di legalità e democrazia, che ricalca il titolo del convegno, sul quale Mazzeo fa notare un fatto inquietante: “La decisione di installare il MUOS non è mai stata discussa in Italia da nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2004 ai giorni nostri”. Non sono mancati, naturalmente, da parte dello scrittore, alcuni incisi sui devastanti effetti ambientali dell’opera dovuti all’inquinamento elettromagnetico provocato dai trasmettitori e riguardo l’incidenza degli stessi sulla sicurezza aerea dei voli civili, nonché relativamente alle connessioni politico-mafiose che tutta l’operazione ha inevitabilmente fatto emergere.
Alberto Ziparo, riporta il dibattito sulle infrastrutture, anche sul piano continentale. Ha parlato dei corridoi europei, di eurobond, project bond (l’ultima novità, in fase di studio, si tratta di titoli da emettere con l’intento di finanziare le infrastrutture, n.d.r.) chiedendo ironicamente a cosa servissero. Ma naturalmente il primo argomento per Ziparo è stato il Ponte sullo Stretto, con riferimento anche ai suoi sostenitori: “Ci è stato chiesto come fermarli. Intanto siamo riusciti a rallentarli, mentre adesso spingiamo affinché venga sciolta la Stretto di Messina S.p.A. Quanto al progetto, sembra proprio che ormai debba decidere il prossimo Governo. Se alle prossime elezioni dovesse vincere il centrosinistra il Ponte non si farà, in caso contrario vuol dire che si riaprirà questa favola”. Poi apre una breve finestra storica: “Dopo mezzo miliardo di euro spesi in diciannove edizioni di progettazione, non si ha ancora la certezza neppure che questo Ponte stia in piedi”. Ziparo, evidentemente, sta facendo riferimento a questioni di carattere sismico, e l’uditorio, visto il momento, aguzza l’udito. L’importante è che il professore di Firenze abbia premesso: “Non si vogliono creare allarmismi, ma ci sono elementi di preoccupazione.” Ed eccola, questa notizia: “Venerdì scorso, in un seminario ad Empoli girava un’informazione, confermata dai consulenti del Ministero ed accelerata dagli eventi sismici degli ultimi giorni, su uno studio considerato molto credibile, dell’Accademia Russa delle Scienze, coordinata da un professore di grande fama in questo campo, circa la previsione, a breve, quindi nell’arco di tre o quattro anni, di un evento di tipo catastrofico nell’area dello Stretto superiore a quello del 1908. Questo studio è stato considerato credibile dal Ministero ed è in possesso da almeno un anno anche del Servizio Geologico Nazionale e la notizia viene veicolata molto discretamente. Noi non vogliamo creare allarmismi – tiene a sottolineare Ziparo – ma ciascuno faccia la propria parte”.
Sull’argomento Ponte, infrastrutture, economia, finanza, e tutto ciò che ci sta intorno, a conclusione di due intensi giorni di dibattito, non poteva mancare, tra gli altri, l’intervento di Luigi Sturniolo.
L‘attivista del movimento NoPonte inizia con un contraddittorio sul piano squisitamente politico nei confronti di chi l’ha preceduto, il quale aveva espresso una certa fiducia nel centrosinistra: “Il piano di trasformazione del finanziamento della infrastrutture in Italia è stato scritto in maniera bipartisan dal centrodestra e dal centrosinistra, nel senso che alla base di questo meccanismo, in parte voluto da Tremonti e in parte da Monti, c’è un progetto che fa capo a tre fondazioni che fanno riferimento, rispettivamente, a Bassanini, Tremonti e Violante.
Questo progetto – prosegue Sturniolo – scaturisce dalla circostanza che in trenta anni hanno fatto il sacco d’Italia e adesso sono terminate le risorse pubbliche. Allora, volendo a tutti i costi fare le infrastrutture senza che ce ne sia la necessità, non potendo incidere più direttamente sul nostro debito, si ricercano i soldi attraverso un progetto di finanziarizzazione delle stesse”. Sturniolo centra perfettamente l’argomento ricollegandosi a quanto accennato da chi l’ha preceduto circa i nuovi prodotti finanziari di cui si parla: “La bozza di Monti prevede i project bond, ossia obbligazioni sostenute in parte da soldi europei attraverso la BEI”. Ed a questo punto un sillogismo lo conduce ad una fondata osservazione: “Se le infrastrutture fossero redditizie non ci sarebbe bisogno di tutto questo. Per poterle portare avanti c’è quindi bisogno di lavorare a debito facendo ricorso al sostegno europeo”. Si parla, quindi, sempre di debito, o comunque di rischi, per cui su qualcuno tutto questo dovrà inevitabilmente ricadere.
La sfiducia dell’attivista NoPonte verso l’attuale classe politica, centrosinistra compreso, si legge tutta in queste sue parole che danno una risposta alla ricorrente battuta “che fare?” che ha accompagnato l’intero dibattito: “Dinnanzi a meccanismi del genere, credo che la soluzione rispetto a questo tipo di ragionamento vada ricercata all’interno dei movimenti. La Val di Susa, da questo punto di vista, è stata un grande insegnamento. Non abbiamo nessuna possibilità di salvezza se non c’è una Val di Susa in ogni città”.
testi e foto di Corrado Speziale