Restaurata una sua preziosa lettera conservata nel Santuario di Montalto
Ignazio Íñigo di Loyola (Loyola, 23 ottobre 1491 circa – Roma, 31 luglio 1556), fondatore della Compagnia di Gesù dal 1548 presente in Sicilia, fu molto legato a Messina dove fondò il primo Collegio gesuitico di studi al mondo (il famoso “Primum ac Prototypum Collegium” ovvero “Messanense Collegium Prototypum Societatis”, primo e, quindi, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i Gesuiti fonderanno poi), divenuto Messanense Studium Generale e cioè Università nel 1594, con Bolla “Copiosus in misericordia Dominus” del 16 novembre 1548 del pontefice Paolo III Farnese che, su richiesta dei senatori e con l’autorevole suo interessamento, concesse a Messina il diritto di tenere lo “Studium Generale” retto dai Padri Gesuiti (il portale originario superstite con lapide dedicatoria datata 1548, è oggi ubicato all’interno del plesso universitario, dal lato di via Giacomo Venezian).
Una preziosa lettera autografa di Ignazio di Loyola, datata 22 febbraio 1550, è custodita nel Santuario di Montalto. Una lettera di alto valore storico culturale che ne ha imposto il restauro a causa del suo pessimo stato di conservazione; il supporto scrittorio, la carta, indebolita e lacunosa, era adesa su un asse di legno che ne pregiudicava la conservazione.
Per tali problematiche conservative, per la sua rarità, è intervenuta la Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina, progettista il dott. Giuseppe Sampino dell’Unità Archivistico Bibliografica che ha reputato irrimandabile il suo restauro affidandone l’aspetto tecnico scientifico al Centro Regionale Progettazione e Restauro di Palermo il cui direttore, l’arch. Alessandra De Caro, ha generosamente accettato la collaborazione coinvolgendo i laboratori di diagnostica per le indagini scientifiche e i laboratori di restauro.
Un’eccellenza siciliana il Centro Regionale, che accoglie con molto entusiasmo i cantieri di restauro così com’è avvenuto recentemente per il restauro di preziosi volumi della Biblioteca Comunale “T. Cannizzaro” di Messina, affidandone il delicato intervento per la lettera di S. Ignazio alla dott.ssa Gloria Bonanno, non nuova per suoi restauri in ambito messinese come per alcune disegni di progetto per il Teatro S. Elisabetta poi Vittorio Emanuele a Messina, datati e firmati “Pietro Valente 26 luglio 1827”, oggi custoditi insieme a completo cartolaio all’Archivio Storico Comunale al Palacultura. Il cantiere di restauro della lettera fu avviato il 18 luglio dell’anno scorso presso i locali del Santuario di Montalto dove padre Lorenzo Campagna, rettore del Santuario, custodisce gelosamente la lettera, oggi sistemata all’interno di un piccolo ma significato museo annesso.
Il restauro della preziosa lettera è stato presentato nel Santuario di Santa Maria di Montalto cui sono intervenuti Padre Lorenzo Campagna, Rettore del Santuario; Alessandra De Caro, Direttrice del Centro Regionale Progettazione e Restauro Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana; Valentina Venuti, Professore Ordinario di Fisica applicata ai Beni Culturali, Ambientali, Biologia e Medicina dell’Università di Messina. Relatori sono stati Giuseppe Sampino, Funzionario della Soprintendenza di Messina; Nino Principato, Storico; Giuseppe Paladini, Assegnista di Ricerca del Dip. di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra dell’Università di Messina; Arcangela Valenti, Enza Anna Passerini e Gloria Bonanno, Laboratori di diagnostica e restauro del Centro Regionale Progettazione e Restauro di Palermo.
Per spiegare il perché di questa lettera inviata da Ignazio di Loyola bisogna riferirsi a Bartolomea Spatafora che divenne Abbadessa del monastero di Santa Maria dell’Alto all’età di 23 anni, quindi giovanissima. Le disposizioni ufficiali che stabilivano che per diventare Abbadessa occorresse avere almeno 40 anni, furono superate dalla richiesta di dispensa che le monache ottennero da papa Leone X il 19 dicembre 1518. Ciò che la diceva lunga sulla forza e sul prestigio del casato cui lei apparteneva.
Già nel 1548, come riferisce Placido Samperi nella sua Iconologia del 1644 (pag. 398): “Quando si sparse per tutto la fama, che il Santo Patriarca Ignatio di Loyola havea fondata la Religione della Compagnia di Giesù, e che i suoi figliuoli portavano la luce dell’Evangelio fin à gli ultimi paesi del mondo, ella scrisse al Santo Padre più lettere, hora raccomandando il Monasterio alle sante orationi di lui: hora domandandogli dubij, e consigli: & hora spirituali documenti per se, e per la sua Famiglia, alle cui lettere rispondeva, con molta carità, e prontezza il Santo Padre, & hoggidì si conserva da quelle Madri una di queste lettere, con molta riverenza fra le più care Reliquie del Monasterio.
Non è escluso che Bartolomea, in fitta corrispondenza con Ignazio di Loyola, abbia chiesto il suo intervento per il nipote Bartolomeo, accusato di eresia dall’Inquisizione siciliana nel 1547 per aver frequentato, presso la poetessa romana Vittoria Colonna, ambienti vicini allo spiritualismo valdesiano.
Quando nel maggio del 1547 sbarcò in Sicilia il nuovo vicerè, Giovanni de Vega, la più importante novità fu l’introduzione nell’Isola dei Gesuiti ad opera della moglie che da tempo intratteneva “[…] stretti rapporti con Ignazio di Lojola e fu essa a favorire la venuta dell’Ordine a Messina […]”, come scrive Carmen Salvo.
Bartolomea, attraverso il cugino Scipione Spatafora che era senatore messinese, fece inviare una lettera ad Ignazio nel 1549 con la quale i senatori chiesero che fosse data alle monache di S. Maria dell’Alto la possibilità di disporre di confessori gesuiti, ciò che era vietato per i monasteri femminili.
Ignazio rispose il 2 maggio dello stesso anno col diniego ufficiale ma al tempo stesso indicò l’alternativa e, cioè: “[…] Si potrà tuttavia, per fare quanto è a noi possibile, secondo il vostro desiderio, confessare tutto il monastero una volta con opportuno permesso dei superiori; e quando poi una persona avesse particolare bisogno, la potranno anche qualche volta consolare nel Signor nostro; in questo senso scriverò ai nostri […] S. Gesù Cristo conservi sempre le SS. VV. con tutta la vostra cattolica e nobile città e vi faccia crescere ogni giorno più nei doni santissimi della sua grazia.”.
Bartolomea non si ritenne soddisfatta e inviò ad Ignazio di Lojola una lettera il 7 gennaio 1550 con la quale insisteva sulla necessità dei gesuiti per la confessione delle monache.
Ignazio rispose il 22 febbraio 1550, ed è la lettera conservata oggi nel Santuario di Montalto, oggetto di restauro, nella quale si compiaceva con lei per la sua “[…] santa fame che delle cose spirituali V. Re.da tiene […]” e le assicurava la presenza dei gesuiti e la diffusione degli esercizi spirituali nel monastero:
“Molto Re.da in C[risto] Madre.
La somma gra[tia] et amor eterno di C[risto] S. N. saluti et visiti V.S. Reverenda con i suoi sommi doni et gratie spirituali.
Per una di 7 di gen.ro di V. Re.da ricevuta in questa 7.mana ho inteso, con mia consolatione nel S. N. la santa fame che delle cose sp[irit]uali V. Re.da tiene, nella cura et sollicitudine che a quella si appartiene verso il commesso gre[g]ge. per la qual fame, et desiderio pio dimanda alcuni delli istromenti minimi del S. N. Iddio; che in questo nostro collegio di Messina fanno residentia: mostrando non essere stata infruttuosa la loro opera in questa parte per il passato. Hora Io ringratiando la divina bontà, della quale sola ogni bene, per qual si voglia instrumento descende alle sue Creature, di quello, che si è fatto. Sono molto contento che loro habbiano da continuo tal pio officio, in quanto l’instituto nostro, et le necessarie sue occupationi compatiscono. E questo giudicando esser grato alla Maiestà divina, havendo rispetto alla divotione di cotesta Santa Casa et di V. R.da, che è capo di quella, e delli si.ri giurati della Città, alla quale sempre haveremo caro conforme alla mia promes[s]a professione far ogni servitio a honore et gloria divina. Et così hoggi hò fatto scrivere al mio Padre M[aestr]o Gieronimo Natale, che veda di consolarle et servirle nel S[signo]re N. in quello che potranno, come per il passato hano fatto. No’ Altro se no raccommandarci tutti nelle devote orationi di V. R.da, et di tutte le Sue in C[risto] figliole di q.sta Casa. et preghiamo la divina et somma bontà a tutti ci dia la sua santa gratia copiosamente conoscere et esseguire sua s[an]ta volontà perfettamente. Di Roma 22 di F[ebra]ro 1550
A servi[tio] de V.S. R.da
Ignatio Loyola”
Nino Principato