I migranti arrivati ieri a Messina e ascoltati dai poliziotti della Squadra Mobile lo hanno definito “tubo in gomma”, “manichetta dell’acqua”, “frusta”, “bastone”. Modi diversi di descrivere l’arma con cui molti di loro sono stati picchiati e tenuti sotto tiro da uno dei tre scafisti che tutti hanno riconosciuto come l’uomo identificato con il numero 117.
Era lui a coordinare gli altri due, entrambi del Gambia, assegnati al “timone” e alla bussola. I due gambiani hanno dichiarato di essere minorenni ma i successivi esami ossei eseguiti al Papardo ne hanno accertato la maggiore età.
Dai racconti dei migranti emerge che i tre Caronte hanno, sotto la supervisione di uomini armati sulle spiagge libiche, fatto salire su un gommone scalcinato più di cento persone e preso il largo, fino al momento del soccorso operato dalla nave Fiorillo della Guardia Costiera. I tre, nella fase dei soccorsi, hanno cercato di nascondersi nel gruppo, ma grazie alle dichiarazioni dei migranti e al lavoro congiunto dei poliziotti della Squadra Mobile di Messina e i militari della Guardia Costiera sono stati individuati e arrestati.
La Polizia ha arrestato ieri anche un quarto uomo sbarcato con gli altri al molo Marconi. Con tre diverse identità ha, negli anni, collezionato in Italia precedenti per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nel giugno del 2013 gli era stato ingiunto di lasciare il paese entro 7 giorni. Mesi dopo, a dicembre, era stato espulso dal territorio nazionale, per un periodo di tre anni, con immediato accompagnamento della Forza Pubblica alla frontiera.
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