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MESSINA – Via anche l’Autorità Portuale

Il paradigma del declino inarrestabile di Messina (e del Sud Italia). La nota a firma congiunta di Fernando Rizzo, presidente di Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno e di Pino Falzea, presidente Capitale Messina.

L’ulteriore declassamento di Messina è servito: come si apprende dalla stampa, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 22 luglio il Governo approverà il Decreto Legge di Riordino delle Autorità Portuali, che prevede l’accorpamento dell’Autorità Portuale messinese nell’Autorità di Sistema Portuale con sede a Gioia Tauro.
Come da noi più volte sostenuto, questo accorpamento risulterà fallimentare per il Sistema  Portuale di Messina – Milazzo non solo per la valenza simbolica del depauperamento della città metropolitana ma soprattutto perché Gioia Tauro è un porto in crisi strutturale, con la Regione Calabria costretta a ripianare le perdite versando tra i 4 e gli 8 milioni di euro all’anno per la sopravvivenza assistenziale dello scalo transhipment, con 452 lavoratori in cassa integrazione su 1500 da 5 anni. Tali somme sostituiscono le tasse di ormeggio ed ancoraggio abolite per Gioia Tauro da una legge del 2013 per consentire di reggere la concorrenza dei porti africani e maltesi.
Non sdoganando merci, Gioia Tauro produce per lo Stato solo 39 milioni di iva pari allo 0,32% del totale prodotto dai 24 porti italiani, contro il miliardo del porto di Milazzo che a sua volta incassa 8 milioni e mezzo di euro in tasse varie (le stesse che versa la Regione Calabria).  Un’operazione politica che sembra destinata solo a finanziare Gioia Tauro dai porti di Messina e Milazzo.
Il terminalista Contship concessionario dello scalo, dopo 6 anni di perdite ha comunicato che intende dismettere la concessione. Perché? Perché in Calabria non ci sono ferrovie ad alta capacità e le navi portacontainers non possono sdoganare le merci caricandole sul ferrato.
In definitiva Messina accorpata a Gioia Tauro, porto core inventato non collegato alle Reti TEN T, subirà il triste destino di essere travolta dai problemi di Gioia Tauro, sul modello dell’aeroporto di Reggio Calabria, finendo per regalare i suoi circa 100 milioni di cassa al ripianamento dei debiti del porto calabrese. Un vero affare.
E cosa fa il ministro Delrio nell’incontro per risolvere la crisi del porto di Gioia Tauro? Invece di accelerare sulle infrastrutture ferroviarie promette, nella riunione con i sindacati e la Regione Calabria, la creazione dell’Agenzia del Lavoro, ennesimo ente per politici e sindacati, in attesa del completamento di un altro bacino di carenaggio per navi più piccole (con evidente concorrenza alla piattaforma logistica di Tremestieri).
A questo punto, per limitare il danno, possiamo solo sperare che il Presidente Crocetta chieda la proroga entro 15 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento dell’autonomia  dell’Authority di Messina per i prossimi 3 anni, come previsto dal Decreto legge.
Insomma la città Metropolitana di Messina, continua a subire per l’insipienza o la complicità dei responsabili politici che la governano scelte contrarie al suo sviluppo economico che  stanno determinando il suo inesorabile declino.
Messina, precipitata in dieci anni da 260.000 a 238.000 abitanti, è rimasta senza ponte, senza Autorità Portuale, priva di un collegamento aereo efficiente, senza treni a lunga percorrenza ma anche senza più gli inquinanti ed obsoleti traghetti, con il rischio concreto (a causa della vorticosa riduzione del numero di abitanti) di perdere tra qualche mese la Corte d’Appello e una miriade di uffici, personale qualificato e corpi militari collegati, a causa di scelte miopi prive di visione strategica, destinata alla inesorabile marginalità.
Ed a causa di tale marginalità ed in considerazione dell’orientamento delle politiche europee per cui, entro il 2025, il 25% del traffico gommato sarà spostato sul ferrato non inquinante,  la Sicilia priva di continuità territoriale e del doppio binario collegato ai porti, sarà inadeguata al trasporto di merci in tempi rapidi ed a basso costo nei mercati del nord Europa e privata di ogni ipotesi di sviluppo.
La classe politica oggi dominante ha tagliato Messina (e la Sicilia) fuori dalla storia, proiettandola negli anni bui del Medioevo infrastrutturale, avversando la globalizzazione che avviene con sempre maggiore rapidità nello scambio di merci e nei tempi di percorrenza e auspicando il ritorno al “ferribotte” invece di pretendere il Frecciarossa 1000 che impiega per i 576 km tra Roma e Milano lo stesso tempo, dell’intercity che da 80 anni attraversa i 7,7 km tra Messina e Villa S.G..
E’ venuto il momento di voltare pagina.

Fernando Rizzo                                                                    Pino Falzea
Presidente di Rete Civica                                              Presidente di Capitale Messina
per le Infrastrutture nel Mezzogiorno

Redazione Scomunicando.it

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