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MILAZZO – A Palazzo D’Amico inaugurazione della mostra di Antonello Bonanno Conti

Saranno presenti all’inaugurazione: il presidente della Provincia regionale, on. Nanni Ricevuto; il sindaco di Milazzo, Carmelo Pino e l’assessore comunale alla Cultura, Stefania Scolaro.
La mostra è stata curata da Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli, l’allestimento ideato da Saverio Pugliatti, consulente artistico della Provincia.
“Santi, condòmini ed altri racconti”, mostra che ha riscosso una notevole partecipazione di pubblico a Messina, con l’inusuale accostamento dei termini, include già una forma di narrazione.
Nella sua icastica sinteticità insinua che l’incontro con l’arte avrà come cifra narrativa la leggerezza e l’ironia.
Ed ecco, infatti, l’incontro con una numerosa ed all’apparenza stramba umanità.
Sono in tanti, hanno piccole teste calve, affastellate le une accanto alle altre, sono i “Condòmini” che vivono nei tanti palazzi delle tante città, alcuni guardano di qua, altri di là. Inizialmente sembrano senza tempo e senza storia, dopo un’attenta osservazione si scopre, invece, che ognuna di quelle facce vive di una vita autonoma, custodisce sogni, enigmi, dolori. Ognuno di loro ha una personale liricità e solarità intrisa, certo, di struggente malinconia.
Con malinconica ironia, accanto ai “Condomini”, Antonello Bonanno Conti ammucchia tanti altri omini, tutti uguali, ma senza volto.
La serie di questi collage è presentata col titolo “Publincittà”.
I nuovi soggetti vivono sempre nei grandi palazzi di città ma non hanno volto perché assenti, sembrano fantasmi, perché la pubblicità si rivolge a (s)oggetti senza identità.
“Ho raccolto la fastidiosissima pubblicità che mettono nelle buche delle lettere, tra i tergicristalli delle macchine” – racconta con graffiante humour Bonanno Conti – “ho ritagliato degli omini, li ho incollati e li ho fatti diventare folla. Indossano vestiti colorati o grigi, ma non hanno volto. Non è loro richiesto…”.
Il risultato finale è che con questa operazione l’artista dà una decisa sterzata allo stritolante processo della pubblicità.
Lo stesso colore scelto accuratamente dai pubblicitari per accattivare ed invogliare, Antonello Bonanno Conti lo gestisce, infatti, come puro fatto cromatico, ma anche come elemento destabilizzante e straniante per irridere questo nostro tempo che lavora alacremente per rendere passivi.
Pur nell’apparente giocosità, le opere in mostra suggellano una sofisticata riflessione sulle tante storture e sui tanti luoghi comuni che condizionano l’esistenza di molti.
I “Santi” in mostra, per esempio, assemblati in maniera geometricamente perfetta, gioiosi e ironici è come se si chiedessero, ma è Antonello Bonanno Conti che se lo chiede, perché nel racconto della Storia dell’arte, dalle icone bizantine ai Santi cristiani degli affreschi e delle statue, la trasmissione della religiosità sia stata sempre regolarmente espressa con l’immagine del pianto, del dolore, della sofferenza.
Ed ecco allora perché nella loro apparente fissità sono tutti gioiosi.
Riflessioni diverse, suggeriscono “Gli altri racconti”.
Su superfici di grandi dimensioni e di forte impatto visivo sono rappresentati, con una figurazione ricca di elementi simbolici, la vita, la morte, il dolore.
Un mondo primordiale e sempre attuale viene riprodotto grazie ad una costante contaminazione delle più varie tecniche artistiche. Pittura, scultura e mosaico si fondono nelle opere dell’artista per raccontare con un linguaggio moderno come, per esempio, dalla guerra di Troia fino ad oggi si sia passati sempre “Di guerra in guerra”. O come sia sempre magico, immaginifico e travolgente il mito.
Un enigmatico e suggestivo “Narciso” nella sala del Palazzo D’Amico si specchia pronto a perdersi mentre campeggia, spiazzante per la forza che emana e per un pulsante richiamo alla gioiosità della vita, la titanica scultura che ritrae Mata, la mitica progenitrice della Città dello Stretto, regalmente adagiata su una bianca cavalla. In entrambe è il linguaggio artistico che produce una sorta di straniamento.
Bonanno Conti in queste sculture più che mai accumula e frammenta perché siano le vibrazioni cromatiche a stabilire uno stretto dialogo e, magari, un punto d’incontro con l’osservatore in grado di percepire allusioni, trasposizioni, trasfigurazioni.

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