Sconvolge la notizia dell’uccisione, barbara, di Giulio Regeni, giornalista, ricercatore, lavoratore. Il Manifesto pubblica oggi il suo ultimo articolo dedicato ai diritti operai egiziani. Era stato ad un’assemblea. E’ stato ucciso come nei peggior regimi dittatoriali… del resto l’Egitto è così.
Il Manifesto pubblica sulla prima pagina del quotidiano in uscita l’articolo che era stato inviato da Giulio Regeni nei giorni scorsi.
“In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti” è il titolo.
Aveva 28 anni, era un ricercatore, e aveva chiesto, alla Redazione del giornale di pubblicarlo con uno pseudonimo .
Cosa che era accaduta altre volte in passato.
L’articolo inizia con un allarme sulla libertà di stampa nell’Egitto del presidente Al-Sisi che scrive Regeni “ha ottenuto il controllo del parlamento con il più alto numero di poliziotti e militari della storia del paese mentre l’Egitto è in coda a tutta le classifiche mondiali per rispetto della libertà di stampa”.
Regeni racconta la ‘resistenza’ dei sindacati indipendenti e in particolare un incontro presso il centro servizi per i lavoratori e i sindacati (Ctuws), tra i punti di riferimento del sindacalismo indipendente egiziano.
Tommaso Di Francesco della redazione de “Il Manifesto” piega che Regeni “temeva per la sua incolumità” e “questa è la verità che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Regeni di fronte alle troppe reticenze ufficiosi ed ufficiali e alle gravi contraddizioni delle prime indagini tra la procura egiziana, che conferma le torture indicibili, e il ministero degli Interni che le smentisce”.
Lo scrittore (turco) Orhan Pamuk ha definito l’Egitto un regime in mano ai militare descrivendone il clima come “eguale a quello di Pinochet” in Cile.
Norma Rangeri – direttore della testata – ricorda come Regeni “non era né un violento né un nemico dell’Egitto, al contrario amava quel Paese… ed è deceduto, a quanto sappiamo finora secondo la procura egiziana dopo violenze inaudite”
Molte delle versioni fornite sulla morte del ragazzo oggi sembrano dir poco incredibili mentre i servizi segreti egiziani, naturalmente, negano ogni responsabilità su un suo possibile fermo o arresto.
La polizia ridimensionata il tutto ad un fatto criminale puro e semplice, se non addirittura alla tesi dell’incidente automobilistico.
Nell’editoriale de “Il Manifesto” si legge: “Sia chiaro. Noi non sappiamo chi siano davvero stati i suoi assassini e perché abbiano commesso questo crimine . Possiamo testimoniare e sospettare. Ma chiediamo tutta la verità al governo egiziano, al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Lo dobbiamo di fronte al dolore dei genitori e alla giovane vita così martoriata di Giulio Regeni”.
Le condoglianze della redazione alla famiglia, agli amici, alla redazione de Il Manifesto.
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