Domani…domani. Quando domani non c’è più, un nodo alla gola ci inchioda alla domanda sul senso del nostro procrastinare, ci bacchetta sul nostro senso del tempo, quasi ne fossimo i padroni.
E’ quanto è successo a me con Michele Spadaro. Quelle rare volte in cui ci si incontrava mi invitava ad andarlo a trovare nel suo studio pittorico, mi raccontava delle sue ultime fatiche di pittura e scrittura, ricordava eventi che ascoltavo affascinata e stupita della vivacità intellettuale di quest’uomo che corteggiava il futuro con tanti progetti e idee, che meglio di chiunque altro conosceva la storia e le storie di Patti e non solo, che nella sua pittura infondeva un locus amoenus. Dopo la sua scomparsa tante volte ho ripensato ai suoi inviti e ai quadri che avevo ammirato in qualche occasione.
Quindi la visita alla mostra “ Il Mediterraneo di Michele Spadaro” alla Pinacoteca di Capo d’Orlando ha oggi altro significato, una gioia mista alla tristezza di una visita troppo a lungo rinviata, un triste munus mortis.
E’ un’ Arcadia marina quella che lasciano nel cuore le tele esposte, tanto da immergere il visitatore in un paese sospeso tra terra e cielo, statico ma non immobile, pacato ma non sonnolento, solare ma non abbagliante, come se un filtro avesse attutito i colori irriverenti di una Sicilia offesa troppe volte e che talora uccide con i raggi le tante anime di chi vuol capirla e scoprirne il segreto, per amarla e viverla. Ed ecco la donna in giallo che ci accoglie alle soglie di questo percorso mediterraneo, con le spalle volte al mare: sembra venirci incontro per incamminarsi con noi “chissà dove… chissà dove”. Si passeggia allora sulla spiaggia del golfo di Patti, sulla rena di Mongiove; si ascolta la voce della casa in lontananza, dalle imposte chiuse, si immagina l’uomo in questo paesaggio senza tempo, fissato nell’unico tempo denso di senso, quello della coscienza, che va gridando “pace, pace, pace”.
E’ questo l’incontro che Michele ci dona con le sue tele e i suoi colori, che dal tratto puntinistico si allungano in pennellate distese e ariose, non senza qualche tratto cezanniano.
E’ questa la sua voce che potremo sentire sempre, quando avremo bisogno di riappropriarci di un luogo dell’anima, per riappacificarci con il mondo.
Prof.ssa Maria Lucia Lo Presti
La mostra è visitabile alla pinacoteca “Tono Zancanaro” di Capo d’Orlando fino al fino all’8 luglio 2012