Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la nostra libera collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone un focus su Filippo Campisi, in arte CVMPO (classe 2002). È possibile visionare il profilo Instagram del giovane cliccando su https://instagram.com/sonocvmpo?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
Ciao! Vorrei iniziare la nostra chiacchierata chiedendoti subito qual è stato il cosiddetto motore interiore, quel qualcosa e magari anche quel qualcuno, che ti ha portato ad intraprendere il tuo viaggio nella musica. “Ciao Giulia! Ho iniziato il mio viaggio nella musica grazie a mio padre e alla sua grande passione per essa. Quando avevo circa 14/15 anni d’età ha portato a casa una console da dj ed è stato allora che vi è stato il mio primo approccio con la materia, in maniera totalmente istintiva e autonoma, senza l’aiuto e senza gli insegnamenti di alcuno. Dopo un paio d’anni come dj autodidatta (suonavo alle feste e nei locali della mia città), ho cominciato a sentire l’esigenza di fare qualcosa di più rispetto al solo suonare a mio modo le canzoni altrui… volevo realizzare qualcosa che mi appartenesse e che mi rappresentasse al 100%. È stato durante tale periodo che ho vissuto la mia prima importante delusione d’amore, che ho superato dopo moltissimo tempo e con grande fatica – ma ciò è stato l’avvenimento che mi ha dato la cosiddetta scossa per cominciare davvero ad approcciarmi alla scrittura e al rap per, poi, arrivare anche al canto vero e proprio”.
Da piccolo a cosa, forse, immaginavi di dedicarti una volta divenuto adulto e che bambino sei stato? Attualmente, invece, come descriveresti la tua personalità e quale colore assoceresti metaforicamente alla tua persona? “Durante la mia infanzia ero molto tranquillo e timido, sebbene – a tratti – già si vedeva che c’era un fuoco in me che aveva bisogno della giusta situazione per poter uscire… tuttavia, fino ai 17 anni d’età, sono stato il figlio che qualsiasi madre vorrebbe. Da quando mi sono approcciato alla musica, però, la mia vita e il mio carattere nei confronti delle persone e delle situazioni sono cambiati radicalmente. Da bambino mai mi sarei aspettato che, oggi, mi sarei trovato a fare musica con un totale coinvolgimento all’interno delle dinamiche dell’industria musicale… pensavo di essere destinato ad un lavoro molto più razionale, da ufficio diciamo (probabilmente avrei detto che sarei divenuto un avvocato, perché ho sempre avuto una bella dialettica). Attualmente assocerei alla mia persona il colore rosso, che è quello della passione ma è anche quello della rabbia. Sono infatti diventato un giovane parecchio più focoso, a confronto di chi ero un tempo, in tante situazioni. Sento un fiume dentro me che, da un momento all’altro, può riversarsi senza freni sugli altri esseri umani. Ciò, ultimamente, mi ha causato problemi e quindi sto cercando di migliorare da questo punto di vista …e non è affatto semplice, in quanto tale aspetto ormai fa pienamente parte di me”.
La componente biologica e genetica, l’ambiente geografico e sociale (compreso quello familiare) e l’epoca in cui vivi quanto e in che modo sono stati e sono oggi più o meno determinanti per Filippo Campisi e per Cvmpo? “Tutto ciò che hai menzionato, per Filippo Campisi, è stato estremamente determinante… per Cvmpo, invece, un po’ meno – tant’è che vivo un conflitto interiore tra tali due parti di me, che non vanno sempre d’accordo. Sono cresciuto in un ambiente sociale caratterizzato dall’essere molto esposti alle critiche e ai giudizi da parte delle persone, che non sempre sono state e sono molto tenere. Ciò sicuramente mi ha bloccato per tanto tempo, rendendo Filippo un giovane pieno di paranoie e di complessi …che sono stati retti da Cvmpo, il quale è colui che negli ultimi anni ha trainato il primo e mi ha permesso di uscire dalla bolla che c’era attorno a me. Ultimamente, dopo aver iniziato a frequentare attivamente la città di Milano sia per scopi lavorativi e musicali che per motivi di studio, ho capito quanto mi senta stretto e poco libero di esprimermi e di agire nella città in cui vivo, Como (poiché lì vi è una mentalità molto chiusa e raramente aperta verso le iniziative e le diversità altrui)”.
Che cosa rappresenta per te la musica e l’arte più in generale e quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? Tu inoltre come ti senti rispettivamente quando scrivi e quando canti? “Credo che la musica e l’arte in generale siano le massime possibilità d’espressione a disposizione dell’essere umano. Nella mia concezione, siamo tutti artisti perché l’arte fa parte degli essere umani appunto …poi esiste chi decide di inseguire questa strada anche dal punto di vista professionale – come sto facendo io, nel campo della musica – e chi, invece, decide di tenerla custodita in sé e di tirarla fuori solo nei momenti di sconforto o di delusione e di estrema gioia per esprimere le proprie emozioni in tali momenti. Quando scrivo e quando canto mi sento libero, ma soprattutto mi sento sicuro di me stesso… cosa, questa, che in altre situazioni non mi accade spesso. So di aver trovato qualcosa in cui sono capace e che mi appassiona profondamente, occupando così le mie giornate e distraendomi (e non è, la detta, una fortuna da tutti!)”.
I ricordi e la costanza, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto e in quale maniera sono rilevanti nel tuo percorso di vita quotidiana e musicalmente parlando? “Ho idea di aver imparato la maggior parte di queste sopramenzionate cose proprio facendo musica. Ovviamente devo migliorare molto in ognuno dei suddetti punti, ho fatto tanti errori in passato e certamente ne farò ancora altri in futuro… ma è giusto che – ad un certo punto – ci si fermi e si impari da ciò che è andato storto, per non ripetere più i medesimi errori (o almeno per calcolare prima, meglio, le negatività nelle quali si può incorrere). La musica mi ha portato a diventare estremamente istintivo, lasciando un po’ da parte quella razionalità che mi aveva sempre contraddistinto nella fase pre-adolescenziale. Credo che questo sia stato fondamentale per permettermi di approcciarmi al mondo musicale e per tirare fuori un grande coraggio, che non immaginavo di avere (perché era nascosto dentro me e aspettava una scintilla per uscire fuori). Ora devo fare un po’ il percorso inverso e riacquisire, in alcune situazioni, una qual certa razionalità”.
In che cosa identifichi la bellezza e sei del parere che, quale che ne sia il settore, esista il bello universale? Qualora la tua risposta sia negativa, ti sei mai interrogato su com’è fattibile spiegare il fatto che alcuni elaborati siano pressoché unanimemente – in tutti i tempi e in tutti i luoghi – considerati dei capolavori? “A mio avviso, la bellezza è sempre una questione soggettiva. Il fatto che ci siano delle opere d’arte che mettono tutti d’accordo, credo che sia frutto di un genio artistico ed intellettuale superiore e comune a pochissime persone nella storia dell’umanità. Non tutti gli artisti e le loro opere rimarranno nella Storia e verranno ricordati per sempre – statisticamente, immagino che la percentuale di tali opere eterne appunto sia veramente bassa rispetto a quante ne sono state e ne verranno ancora prodotte… in futuro sarà sempre più difficile “rimanere”, in quanto gli stimoli che circondano la gente sono diventati decisamente maggiori rispetto alle possibilità e ai mezzi di cui si disponeva un tempo. Sono del parere che <<Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace>> e che ognuno di noi abbia la libertà d’esprimere il proprio giudizio, positivo o negativo che sia, in merito alla realtà a sé circostante”.
Sei o non sei dell’avviso che, attraverso l’analisi del significato del linguaggio, sia possibile dare ragione appunto del significato profondo e di superficie, conscio ed inconscio, dell’arte letteraria e figurativa ma anche della musica? Detto altrimenti, sei del parere che sia possibile il riconoscimento dell’esistenza del significato oggettivo proprio dell’arte e dei suoi testi artistici – contribuendo così alla conoscenza dei mondi psichici dell’uomo, nonché all’apprezzamento della poesia e non soltanto di questa come espressione delle maggiori profondità insite nella personalità degli umani? “Io sono dell’idea che ognuno di noi sia libero d’interpretare l’arte come vuole, come la sente su se stesso. Sicuramente l’artista dà spesso una sua motivazione e il suo punto di vista su ciò che crea e che l’ha portato a dare atto a una particolare e specifica opera, ma non è detto che il messaggio che voleva veicolare venga interpretato dal pubblico come era nelle sue intenzioni trasmettere… il bello dell’arte, secondo me, è anche questo ossia che ognuno di noi può esprimere il proprio punto di vista in relazione a ciò che vede o che sente. A mio dire è la soggettività a dare espressione alle profondità degli esseri umani, perché per guardare dentro se stessi bisogna essere profondamente connessi con il proprio sé e percepire le proprie vibrazioni non imposte da un canone di massa”.
Quanto ti sembra che sia importante, soprattutto per chi intraprende una carriera che comunemente si alimenta e vive del contatto e del seguito del pubblico, l’immagine? Pensi che essa, ossia l’immagine per l’appunto, possa/debba e sia chiamata a veicolare efficacemente significati emozionali e intellettivi, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia? “In un’epoca e in un mondo come lo è diventato questo nostro oggi, completamente ossessionato dall’apparire, l’immagine e la sua cura non soltanto sono importanti ma sono fondamentali. Il più delle persone ha bisogno di dare una forma a ciò che ascolta, di dargli concretezza, quindi gli artisti devono mettere la propria faccia in ciò che fanno – mostrando al pubblico chi sono realmente e non unicamente nelle canzoni. Ovviamente non tutti ne sono capaci, perché non è un compito affatto semplice e molte volte ci si trova soli a dover combattere contro chi dice che bisognerebbe mostrarsi invece in maniera differente da come si fa. I social non fanno altro che far lievitare, quasi esasperando, tutto quanto ora detto ma sono comunque uno strumento utilissimo… certo da usare, comunque, con grande consapevolezza perché le conseguenze sennò possono essere estremamente dannose”.
A tuo dire in che rapporto stanno libertà, resilienza e audacia e quale ruolo gioca la malinconia nella tua esistenza? E in tutto ciò, dal tuo punto di vista, cos’è e com’è presumibile riconoscere l’Amore (sia esso un sano amor proprio, per altre persone e animali, per idee e ideali, per situazioni, luoghi, attività e molto altro ancora)? “Mi ritengo molto malinconico.. infatti per me voltare pagina, non soltanto a livello professionale ma soprattutto nei rapporti personali, è davvero complicato. Ci resto malissimo quando le cose con qualcuno a cui tengo non vanno per il meglio e a volte mi sembra anche di assorbire la sua sofferenza, caricandomela sulle spalle. Mi affeziono tanto, forse eccessivamente, alle persone e quando mi rendo conto che per gli altri individui non è complicato così come lo è per me cancellare la lavagna e riscriverci sopra, ripartire da capo, mi capacito solo allora dell’immersione totale che ho dedicato a taluni rapporti della mia esistenza. Ciò mi ha causato molti problemi in amore, una parola che ormai quasi mi spaventa… perché, oltre a non saperlo riconoscere nella maniera opportuna, non l’ho mai vissuto sulla mia pelle se non a senso unico. Al momento le uniche persone che mi amano veramente e l’hanno sempre dimostrato in maniera incondizionata sono i membri della mia famiglia, i miei genitori e mia sorella, ma quello loro è un discorso differente. La mancanza appunto di amore, credo che mi abbia altresì condizionato nell’amare me stesso …tant’è che, rivedendo e rivalutando alcune situazioni, ho constatato di non amarmi veramente per quello che sono e di non avere abbastanza cura di me e della mia salute fisica e mentale – che sono, invece, le cose più importanti a cui ogni persona deve badare. Se non si ama a dovere se stessi, le altre persone come potranno farlo per noi? Spero che amandomi di più e lavorando su me stesso, in futuro otterrò tutto ciò che – nella mia adolescenza – mi è mancato e che mi ha fatto profondamente soffrire”.
Quale ritieni che sia la tua peculiarità in ambito professionale, nonché quali supponi che sia la caratteristica più apprezzata da coloro con i quali collabori e dai tuoi ascoltatori? “A livello artistico, l’apprezzamento che mi viene fatto maggiormente è in merito alle mie capacità da liricista. Ho sempre prestato attenzione verso i miei testi e sono convinto che, in questa mia odierna fase di vita, ciò sia il mio punto di forza maggiore. Da sempre viene inoltre apprezzata la mia cura dei dettagli appunto, la mia voglia di fare e la grande passione che metto in quello a cui mi dedico senza troppa presunzione ma con grande sicurezza per ciò che concerne i miei mezzi e le mie peculiarità”.