di Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la nostra collaboratrice giornalista e critica d’arte Giulia Quaranta Provenzano ci propone un focus su Antonio Pagano, in arte Anto Paga.
Giovedì 22 giugno 2023, mi è stato chiesto da molte persone (tramite il box domande di Instagram, clicca qui https://instagram.com/giuliaquarantaprovenzano?igshid=NGExMmI2YTkyZg==) se vi è un cantante che – in tutti questi anni, più di dieci, in cui ho intervistato artisti ed imprenditori e ho collaborato a vario titolo con taluni nomi noti e un po’ meno – mi ha particolarmente colpita.
Premesso che uno dei motivi per cui – quale collaboratrice giornalista – preferisco far uscire gli articoli sottoforma di intervista così da intervenire con mie rielaborazioni (potenzialmente deformanti l’intenzione comunicativa dell’intervistato) il meno possibile sulle dichiarazioni a me rilasciate e che desidero che le mie simpatie e affinità come essere di carne e ossa non vadano a pesare sull’oggettività del mio giudizio quale critica letteraria e d’arte secondo Metodo Mascialino, debbo ammettere e confessare che una persona che mi ha come folgorata a trecentosessanta gradi c’è ed è Anto Paga.
…Ma iniziamo dal principio o, per lo meno, quasi da esso. Io sono una grande ascoltatrice di testi, ché è il significato dei simboli linguistici che vi sono in una canzone che mi interessa e calamita la mia attenzione in massimo grado (e noto subito, per una mia qual certa acuta sensibilità, anche se la base è concorde al senso e all’emozionalità dei versi che vengono cantati). Ebbene non soltanto Anto Paga ha un timbro di voce che istintivamente mi dà piacere, ma trovo – e l’ho testato su più d’una base oggettiva di verifica e falsificazione delle ipotesi interpretative proprio secondo il sopracitato Metodo Spaziale – che quello che condivide artisticamente col pubblico corrisponde esattamente alla sua verità interiore in quanto giovane uomo e ciò è una vera rarità, nonché indice di una generosità non indifferente nel darsi in un nobile atto di coraggio e di fiducia degni di lode.
Certo, per onestà intellettuale, non posso omettere il fatto che mi viene riflesso sul viso (senza saper controllare, razionalmente, le mie espressioni facciali) il suo sorriso quando appunto lo vedo sorridere e le sue guance si riempiono di imbarazzo… un imbarazzo, il suo, che racconta di tutta quella dolcezza che non mostra apertamente (e che, perciò, lo rende ancora più dolce!) e che eppure è dipinta nel suo sguardo timido e riservato se si tratta di relazionarsi “face to face” ai sentimenti e a persone nuove e questo nonostante io legga altresì un’assai vivace intelligenza interpersonale nei suoi occhi non appena si lascia un po’ andare e inizia a prendere confidenza. A questo punto, aggiungo e faccio notare pure quanto tenga il microfono in mano in maniera delicata e come in tal modo si muova… come cioè se volesse accarezzare un qualcosa a cui tiene più di qualsiasi altra cosa e un po’ tema che, stringendolo, si frantumi o fugga via da lui.
…E dacché la cosiddetta pasta umana di Anto Paga mi ha conquistata, è inevitabile che questa – essendo dal quasi ventottenne lasciata libera di esprimersi in musica – l’apprezzi ancora di più quando la ascolto elevata alla massima potenza e cristallizzata in quello spazio e in quel tempo che non conosce fine che è l’arte.
Spesso, nell’intervistare, mi accorgo a posteriori che tendo a portare chicchessia a utilizzare sia la metafora che la personificazione ma adesso sarò io a farne ricorso… poiché, per me, Anto Paga è un po’ Nettuno (e non a caso, oggi come la prima volta che sono incappata in lui, non riesco a non associarlo al blu). È Nettuno, il pianeta che in astrologia rappresenta i sogni e i voli di fantasia ed è Nettuno, il dio delle profondità marine. Perché affermo ciò? Diciamo che ho come avuto un flash che qui, a seguire, vi spiegherò.
Composto essenzialmente di rocce e ghiaccio [clicca qui https://youtu.be/Un9N8aaVcvo, cit. <<(…) Ho il cuore così freddo/ Che potrei farti del male/ Non guardarmi con quegli occhi grandi/ Perché ho paura di amare (…)>>], l’ottavo pianeta del Sistema Solare rappresenta la tensione dell’anima nel distaccarsi dalla materia e ritornare alla sorgente e Anto Paga, pudico e apparentemente “stronzo” [clicca qui https://youtu.be/erCv0VNuVKk, cit. <<Quante volte che mi manchi e poi non te lo dico mai/ Vorrei tatuarmi il sorriso che hai/ Quando ti guardo negli occhi/ E ti sciogli ma non lo mostri (…)/ Lo so sono uno stronzo/ Me lo hai sempre detto/ Ma soltanto tu ami ogni mio difetto/ Ti tengo stretta a me/ Ed ogni lacrima/ Che so ti scenderà/ Io sarò lì ad asciugarla con te/ Sei la mia ancora (…)>> – àncora che mi sembra di aver visto che Antonio Pagano abbia tatuata sul lato sinistro del polso sinistro e clicca qui https://youtu.be/xIk01j-70tE, cit. <<(…) A volte sono un bastardo ma che pazzo per te (…)>>], è infatti caratterizzato invece da una profonda sensibilità che si eleva e a sua volta innalza l’esperienza umana della vita nella Musica – Musica che è l’amata da lui sempre cantata e che lo porta oltre la delusione, la sofferenza, la precarietà e la finitudine terrena. Ebbene è proprio codesta la genialità del cantante, ossia il non fermarsi ad una sterile e passiva disperazione ma aprire le porte del cuore all’altrove cosicché – nell’arte e con l’arte – il dolore germogli in inesausta ed intramontabile beltà.
Per uno strano gioco delle parti inoltre – parlando di Anto Paga – è sempre Nettuno a farla da protagonista in quanto l’amata-Musica è, per il cantante di Erba, simile alla droga e a quella pseudo realtà (a cui il sopramenzionato pianeta viene altrettanto spesso, comunemente, associato) a cui anela e che tuttavia non ha e non avrà mai alcun attributo assoluto nel quotidiano (quotidiano, limitato per nostra mortale e finita natura umana, nel quale siamo stati catapultati alla nascita) bensì nelle canzoni sì.
Quello che ho ora esposto dovrebbe far meglio capire il motivo per cui, pur essendo un passionale, si è davvero amati da Anto Paga se egli si sente invaso dai sentimenti non tanto in maniera carnale ma grazie a un tipo di amore che si riferisce a un senso di fusione, di compartecipazione, d’empatia e in primis di “casto” dono di sé… ricordo difatti che in Nettuno c’è quell’amore incondizionato che esula dal giudizio [clicca qui https://youtu.be/Un9N8aaVcvo, cit. <<(…) E tu puoi uccidermi ma non mi importa/ Mi piaci anche con la luna storta/ Quando il mondo sembra caderti addosso/ Basta che mi guardi come la prima volta (…)>> e clicca qui https://youtu.be/k5RpvfGEQPE, cit. <<(…) E non mi importa se ci sbatto la testa/ Tu resta la stessa che son pazzo di te (…)>>] e da ogni volontà di ricompensa e che può riguardare non solo una persona ma pure un’idea o una causa etc. e che, sotto la sua influenza, si perde il senso dell’io e si trova una connessione con quel “quid” d’infinito (come infinita è la Musica) al quale specialmente gli artisti aspirano.
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