“Claudio e Luciano” la traccia numero dieci di “Storii (tra il serio e il faceto)” il nuovo album di Oriana Civile
Claudio, poliziotto della scorta di Paolo Borsellino, dilaniato dal tritolo il 19 luglio 1992
Luciano, poliziotto, nel 1996 arresta Giovanni Brusca, poi viene trasferito in Sardegna
Si intitola “Claudio e Luciano” ed è la traccia numero dieci di “Storii (tra il serio e il faceto)” il nuovo album di Oriana Civile, artista, studiosa delle tradizioni musicali siciliane e interprete del repertorio di tradizione orale della sua terra. E’ la storia di Claudio e Luciano Traina, due fratelli poliziotti: il primo muore il 19 luglio del 1992, a soli 26 anni, in Via d’Amelio dilaniato dal tritolo, come altri della scorta di Paolo Borsellino; il secondo è nella squadra che nel 1996 cattura Giovanni Brusca. Entra per primo nel covo del latitante dopo due giorni di appostamento senza neanche mangiare. Subito dopo viene trasferito in Sardegna e poi prepensionato.
La storia:
Nel 1992 Claudio è stato trasferito a Palermo da poco tempo ed è agente di scorta di un leader di un’associazione antiracket, Costantino Garraffa, che nei fine settimana non è quasi mai in città e perciò Claudio il sabato e la domenica viene utilizzato come jolly a disposizione di chi serve. Il 17 luglio, venerdì, chiama suo fratello Luciano col quale condivide la passione della pesca e lo invita ad andare a pescare la domenica successiva, il 19 luglio. Partono di buon ora, ma intorno alle 9 Claudio dice al fratello che alle 14 deve rientrare in servizio, deve fare una scorta. Luciano si risente un po’ perché uscire per tre ore in barca “non ne vale la pena”, ma Claudio risponde che voleva stare un po’ con lui da solo in mare. Prima di andarsene, gli dice: “Mi raccomando, stasera riunisci la famiglia, ci vediamo tutti a casa di mamma”. Claudio quel giorno sostituiva un agente della scorta di Paolo Borsellino.
Luciano è un agente della sezione catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Anche lui poliziotto, anzi è il tipo di poliziotto a cui suo fratello Claudio, di tanti anni più piccolo, si è sempre ispirato, anche se fanno lavori diversi. Luciano il 20 maggio 1996 è nella squadra che ha catturato Giovanni Brusca. Entra per primo nel covo del latitante dopo due giorni di appostamento senza neanche mangiare. Il giorno dopo della cattura viene chiamato dal Questore di Palermo e mandato in Sardegna, per motivi di sicurezza: pare che penda una taglia sulla sua testa. “Luciano – dice Oriana Civile – si è sempre chiesto se quella non fosse stata in realtà una punizione. In vacanza prima, in pensionamento anticipato dopo. Si è sempre chiesto perché si trovasse in prima fila nelle operazioni di cattura del latitante Brusca: un caso o forse qualcuno sperava in una sua reazione definitiva che chiudesse la bocca ad un potenziale collaboratore di giustizia, pericoloso per le “menti raffinatissime” di cui parlava Falcone? Domande che forse non troveranno mai una risposta”.
L’ALBUM “Storii (tra il serio e il faceto)” – Si tratta del primo disco di inediti di Oriana Civile. Tredici brani, tredici racconti in lingua siciliana dalle sonorità minimaliste e di grande impatto. Registrato in presa diretta, come un live in studio insieme al chitarrista Nino Milia, sorprende per il carisma e la grande genuinità interpretativa della Civile. “Ho voluto un disco – dice l’artista – che fosse più vicino possibile a quello che si ascolta in un mio concerto. Per questo ho ricercato un suono reale e senza artifizi”.
A comporlo, come indica il titolo, una manciata di storie. Storie personali e storie collettive. Storie individuali e storie universali. Tredici brani che si aprono con una canzone il cui testo è una poesia dell’avvocato Pippo Mancuso, tratta dal libro “Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti”. Tra le tracce del disco incontriamo poi paesaggi, leggende, denunce, provocazioni e strambi interrogativi ai quali dare finalmente una risposta definitiva, come il sesso dell’arancin*. Ma anche personaggi come Attilio Manca (la cui morte è uno dei misteri italiani legati a Cosa Nostra), Claudio (agente di scorta di Paolo Borsellino) e Luciano Traina e addirittura Lady Gaga, la pop-star americana originaria di Naso, il paese in provincia di Messina da cui viene anche Oriana Civile.
“Questi brani – scrive la Civile nell’introduzione all’album – sono un esplicito invito ad approfondire la conoscenza di queste storie che sembrano lontane da noi ma non lo sono affatto”.
Nel booklet ogni canzone è accompagnata da una fotografia estratta dal progetto “Life (serie Faces and Hands)” di Raffaele Montepaone, fotografo calabrese, instancabile ricercatore di espressioni ed atmosfere senza tempo, “lo ringrazio sentitamente di vero cuore per aver abbracciato la mia idea; queste fotografie sono la testimonianza di un mondo pieno di dignità e bellezza che ci appartiene nel profondo, il mondo che io canto, e io le trovo semplicemente meravigliose”
“Storii”, che è stato preceduto da una fortunata campagna di crowdfunding, esce per l’etichetta Suoni Indelebili ed è distribuito da Ird.
TRACCIA DOPO TRACCIA (Guida all’ascolto a cura di Oriana Civile)
- U ME RITRATTU
testo di Pippo Mancuso – musica di Oriana Civile
“U me ritrattu” mi descrive con le parole dell’Avvocato Pippo Mancuso. È l’unico brano del disco il cui testo non è scritto da me, ma mi racconta alla perfezione; io non sarei stata capace di descrivermi allo stesso modo. Il componimento è contenuto nella raccolta Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti di Pippo Mancuso (Casa Costanza, 2018).
Questo brano racconta l’arrivo dei migranti a Castell’Umberto il 14 luglio del 2017. Una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di cinquanta ragazzini neri, accolti con le barricate dal sindaco e pochi suoi seguaci. Il paese, mai considerato prima dai media, è stato letteralmente invaso dalle telecamere; la RAI, Mediaset e persino la BBC hanno messo le tende a Castell’Umberto per settimane, intervistando passanti e abitanti pro e contro accoglienza. Un caso mediatico senza precedenti nelle nostre zone.
A Castell’Umberto c’è il seminario vescovile. In questa occasione io mi sono chiesta: ma se queste persone, invece che essere etichettate come “migranti”, fossero stati seminaristi? L’accoglienza sarebbe stata sicuramente diversa. Ecco l’importanza dei Punti di vista.
Da questa esperienza è nato il Coordinamento Senza Frontiere, la più bella realtà di accoglienza che abbia mai vissuto. Perché, come diceva “qualcuno”, se «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».
- A RISURVEMMU
Qual è il sesso dell’arancin*? Un’annosa questione, questa, per la nostra terra. Io l’ho risolta così: perché mai eliminare l’uno o l’altra? Sarebbe bene che convivessero e che magari lo facessero in pace, anzi in amore. La tradizione va mantenuta anche attraverso la lingua, certe volte, e questa è una di quelle. Dalle mie parti l’arancino è maschio; lo è sempre stato. Se a mio nonno parlavi di “arancine”, lui restava dubbioso di fronte a qualcosa che non conosceva. Lo stesso vale per Palermo e i palermitani; lì l’arancina è femmina e così deve continuare ad essere. Le motivazioni possono essere (e sono) svariate; proprio per questo è giusto mantenere e preservare ognuno le proprie tradizioni, senza cercare di eliminare quelle degli altri. D’altronde la diversità è ricchezza da sempre.
- UNCIA E SDUNCIA
Comincia il viaggio attraverso i paesi dei Nebrodi. Nei Nebrodi esiste una “figura mitologica”, ‘a Buffa di Lonci (il rospo di Longi), alla quale è legato un modo di dire diffuso in tutto il territorio che, quando l’ho sentito per la prima volta da mia nonna, non ci ho capito nulla e ho dovuto chiedere spiegazioni. Il detto è: «Uncia e sduncia, sempri carcirata a Lonci resti» (Gonfia e sgonfia, resti sempre carcerata a Longi). Questo detto si utilizza quando proprio non si vuole fare una cosa, ma è necessario farla, anche controvoglia, oppure quando qualcuno si dà delle arie senza averne motivo. A questo detto è legata una storia che si racconta da sempre e che io ho raccolto, scritto e musicato per farne un racconto in musica, così come per tutte le altre storie contenute in questo disco.
- LADY GAGA NUN NNI CACA
Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, la più importante pop-star contemporanea del mondo, è originaria di Naso, il mio paese, in provincia di Messina. Il suo bisnonno Antonino è partito da lì, con la valigia di cartone, alla volta delle Americhe nei primi decenni del 1900, come milioni di altri siciliani. Da allora non è più tornato, ma la famiglia che si è costruito ha sempre avuto un forte legame con la terra di origine e anche Stefania Angelina rivendica spesso e volentieri le sue origini siciliane, nei suoi concerti e nelle sue interviste. Nel suo ristorante nel cuore New York, il padre di Lady Gaga, Joseph, ha appeso ai muri vecchie foto di famiglia in cui Naso è protagonista come le polpette al sugo lo sono sulla tavola. Peccato che Lady Gaga non sia mai venuta a trovarci. Peccato che si dica da anni di volerle dare la cittadinanza onoraria, ma non si sia mai fatto. Peccato che, se Lady Gaga venisse a Naso, non avremmo le risorse per riceverla come si deve. Peccato che le risorse che abbiamo spesso le lasciamo abbandonate a loro stesse, nonostante siano davvero importanti e di notevole interesse storico-artistico-culturale. Da qui il mio invito a curarci del Bello (cose e persone) e di trattarlo come merita. Solo così saremo un paese all’altezza di una diva.
Ma questo non vale solo per Naso; questo vale per tutti i paesini dell’entroterra siciliano che fanno fatica a creare circoli virtuosi di crescita e, piuttosto che puntare sulle proprie risorse, si lasciano andare all’incuria e all’abbandono, non credendo realmente nelle proprie potenzialità e, spesso, anche mettendo i bastoni tra le ruote a chi vuole e tenta di risollevare le loro sorti con tutta la sua buona volontà. La buona volontà però prima o poi finisce, se non è sostenuta dalla comunità e dalle istituzioni. Inutile andare a cercar lontano, se non vediamo quello che abbiamo sotto gli occhi.
- SABBATURANI ANNACA-PUCCEDDI
In Sicilia, fino a pochissimo tempo fa, esisteva l’usanza di appioppare soprannomi (le cosiddette inciurie) alle singole persone o a intere famiglie, anche per distinguerle le une dalle altre, esistendo una forte omonimia tra i componenti della comunità. Nei Nebrodi (ma girando per la Sicilia mi sono accorta che è una pratica diffusa in tutta l’isola) i soprannomi vengono affibbiati anche a tutti gli abitanti di interi paesi che vengono definiti in un determinato modo a causa di fatti (secondo la credenza popolare realmente accaduti) che ne hanno stabilito l’identità.
A San Salvatore di Fitalia gli abitanti vengono chiamati Annaca-pucceddi, cioè Culla-maiali. Il perché lo racconto nella canzone. Da questo racconto emerge forte l’acume del popolo, che fa fronte comune per risolvere problemi importanti.
- GALATISI ZZAPULÌA-SARDEDDI
Galati Mamertino è un bel paesino di montagna, dedito all’agricoltura e alla pastorizia. Fino a qualche decennio fa, i collegamenti con la costa erano infrequenti, oltre che difficili. La dieta dei galatesi, quindi, ha conosciuto il pesce solo quando il primo pescivendolo si è avventurato fino al paese. Questa storia è simbolo dell’ingenuità del popolo che, legando la propria sopravvivenza alla terra e alla sua coltivazione, si convince che può piantare qualsiasi cosa, per evitare di spendere i soldi che non ha; anche i pesci, invece di comprarli dall’ambulante.
L’abbanniata iniziale è di Maurizio Monzù, figlio di Nicola, il pescivendolo che per quasi 40 anni mi ha svegliato col suo canto imbonitore che il figlio replica alla perfezione. Sarà un’emozione fortissima per tante persone ritrovarla qui. In tanti volevamo bene a Nicola e risentire la “sua” voce riporterà, alla memoria di tanti, tanti bei ricordi.
- FICARRISI ‘NFURNA-CANNILI
Anche questo soprannome l’ho scoperto da un modo di dire che usava mia nonna: “Chistu sì chi è veru Diu! Pisciò ‘nto furnu e si nni ìu!” (Questo sì che è vero Dio! Ha pisciato nel forno ed è scappato!). Mia nonna lo riferiva ad una persona che si credeva tanto intelligente, ma in realtà era una mezza calzetta.
La stessa storia esiste anche nel paese di Ucria dove, invece della cera, per costruire il Bambin Gesù viene utilizzata la neve.
- ATTILIO MANCA – LAMENTU PI LA MORTI DI ATTILIO MANCA
Il 12 febbraio del 2004 il giovane urologo siciliano venne ritrovato cadavere nel suo appartamento a Viterbo. Il corpo presentava evidenti segni di colluttazione mentre dal naso era uscita una considerevole quantità di sangue. Da quella scena straziante iniziò uno dei casi di cronaca più sconcertanti della storia della nostra Repubblica reso ancor più sinistro dalle innumerevoli menzogne raccontate dal potere.
Dipinto come un tossicomane morto suicida per un’overdose causata da un mix di droga e farmaci autoinoculati, Attilio fu oggetto di scherno e di derisione in primis da coloro che avrebbero dovuto ricercare la verità. E i due buchi nel braccio sbagliato, lui che era un mancino? Quisquilie. L’assenza delle sue impronte dalle due siringhe ritrovate con tanto di cappuccio salva-ago inserito? Dettagli insignificanti. Il suo computer? Sparito. Il suo appartamento? Quasi completamente pulito a lucido da impronte.
E poi ancora, non c’è spiegazione alla “sparizione” di una telefonata di Attilio dei mesi gennaio-febbraio 2004 giunta ai genitori qualche giorno prima della morte e poi c’è quell’inquietante “coincidenza” dell’operazione alla prostata di Bernardo Provenzano a Marsiglia negli stessi giorni in cui Attilio si spostò in Francia “per lavoro”. Altra “coincidenza” è quella del mafioso Francesco Pastoia che morì suicida in carcere il 28 gennaio 2005 dopo essere stato intercettato mentre parlava di un urologo che avrebbe visitato Provenzano nel suo rifugio da latitante in convalescenza. La morte di Attilio Manca è quindi avvolta dalla stessa coltre nera che ha permesso la latitanza di Bernardo Provenzano. E tante altre sono le ombre sulla scena del caso Manca, ma una più di tutte è la più sinistra, quella dello Stato.
Proprio di questi giorni la notizia delle sconcertanti intercettazioni che potrebbero riaprire il caso e riaccendere la speranza di avere giustizia per Attilio.
- CLAUDIO E LUCIANO
- ‘NA NUCI
Per questo brano ho preso spunto da una vicenda realmente accaduta ai miei nonni. A tutti capita di dover fare qualcosa, ma dimenticarsene per i troppi pensieri o le troppe cose da fare o per semplice sbadataggine. Così la convivenza, in qualche modo, ne risente.
- U BOI E U SCICCAREDDU
Un classico: il bue che dice cornuto all’asino. Una storia antica come il cucco! Una prevaricazione talmente evidente che non smetterà mai di esistere perché non smetteranno mai di esistere la prepotenza del più “forte” sul più debole, l’arroganza, il pregiudizio e il silenzio complice e colpevole di chi dovrebbe far notare al bue che le corna è lui a portarle sulla testa. D’altronde chi lavora umilmente, con rispetto e dignità, commu ‘nu sceccu, da sempre è soggetto ai soprusi di chi si crede superiore, e per sempre lo sarà. L’importante è essere consapevole del proprio valore e del proprio operato. Tanto, prima o poi, al bue pruderanno; sentirà il bisogno di grattarsi e allora, raspannusi i corna, scoprirà di averle!
U boi chi cci dici curnutu ô sceccu è un paradosso destinato a ripetersi fino alla fine del mondo!!!
- UNNI SINI
È il mio personale inno alla Solitudine, compagna inseparabile e fondamentale nella mia vita soprattutto nel momento della creazione.
Nello sviluppo del brano questa solitudine si evolve in un atto di autoerotismo, in cui lui (o lei) si identifica in una immaginaria presenza che lascia spazio alla fantasia erotica più di quanto farebbe un reale contatto.
ORIANA CIVILE
Oriana Civile, cantante, attrice, autrice, appassionata studiosa delle tradizioni musicali della terra di Sicilia, è una interprete unica e preziosa del repertorio musicale di tradizione orale della sua terra.
È presidente della sezione ANPI Capo d’Orlando/Nebrodi Ignazio Di Lena.
È stata coordinatore artistico della rassegna Il Teatro siamo Noi del Teatro Vittorio Alfieri di Naso, importante borgo in provincia di Messina e suo paese di origine.
Nel 2018 le è stato assegnato il Premio Antimafia Salvatore Carnevale “per l’impegno culturale e civile profuso come attrice e cantautrice, sempre congiunto a meritevoli battaglie di legalità e alla valorizzazione del ruolo di coraggiose figure femminili del movimento antimafia”.
Nel 2016 ha aperto il concerto di Noa e Gil Dor in occasione della XXIII edizione del Capo d’Orlando in Blues Festival, consacrando così le sue qualità di interprete in grado di calcare importanti palcoscenici internazionali.
Ha all’attivo numerose collaborazioni con artisti italiani e internazionali, tra cui Mario Incudine, Antonio Putzu, Salvo Piparo, Marco Corrao, Roy Paci, Pierre Vaiana, Salvatore Bonafede e altri.
Ha preso parte a diverse produzioni discografiche e ha realizzato due album da solista come interprete: Arie di Sicilia (di Oriana Civile e Maurizio Curcio, OnAir Records, 2009) e Canto di una vita qualunque (di Oriana Civile, Autoproduzione, 2016), che contiene i brani dell’omonimo spettacolo di teatro-canzone da lei scritto, diretto e interpretato.
Oriana ha, inoltre, collaborato a numerose produzioni cinematografiche; una per tutte Ore diciotto in punto del regista Pippo Gigliorosso, investendo nella produzione e interpretando la colonna sonora composta da Francesco Di Fiore, della quale nel 2019 è stato pubblicato il disco dall’etichetta olandese Zefir Records.
L’11 ottobre 2019 il debutto alla Cité de la Musique di Marsiglia con il progetto A Vuci Longa della “chanteuse sicilienne” Maura Guerrera insieme a Catherine Catella, progetto che punta alla riproposta delle complesse forme polivocali di tradizione orale contadina siciliana.
Per approfondimenti: https://it.wikipedia.org/wiki/Oriana_Civile