Mafia dei Nebrodi: minacce, estorsioni e truffe all’UE, scatta il blitz della DDA di Catania. Antoci: l’unica strada è il ripristino della legalità.
I Carabinieri del Nucleo operativo e della Compagnia di Santo Stefano di Camastra, coordinati dal Maggiore Giuseppe D’Avena, dei ROS di Catania, dietro il coordinamento della DDA della città etnea, hanno tratto in arresto i presunti reggenti mafiosi nei territori di Cesarò e Bronte con l’accusa di associazione mafiosa.
Sono nove i provvedimenti di fermo da parte della DDA di Catania: era stato trovato un escamotage per aggirare il “protocollo Antoci”, ricorrendo alle minacce per costringere allevatori e contadini a cedere terreni per accedere ai contributi dell’Unione Europea.
A denunciare i fatti è stato un allevatore di Cesarò che in questo modo ha messo fine a minacce e violenze nell’area del parco dei Nebrodi.
Tra i nomi quello di Giovanni Pruiti, fratello dell’ergastolano Giuseppe condannato per associazione mafiosa e omicidio, e di Salvatore Catania conosciuto con l’appellativo di Turi. Secondo gli inquirenti i due sarebbero riconducibili alla mafia rurale dei Nebrodi, recentemente definita dal procuratore generale di Messina Guido Lo Forte come «una delle organizzazioni criminali più antiche e pericolose». A diverse aziende, riconducibili alla famiglia Pruiti, sono stati ritirati i terreni nel parco dei Nebrodi, in passato dati loro in concessione e grazie ai quali hanno ottenuto anche ricchi finanziamenti dall’Unione europea. Pruiti era stato intervistato anche durante uno speciale del programma televisivo Le Iene sulla mafia rurale siciliana. E aveva negato ogni accusa: «Io reggente della mafia? Semmai della mafia della fame».Un ritratto differente è quello che riguarda Salvatore Catania. Il presunto boss di Bronte è una vecchia conoscenza degli uffici giudiziari etnei per i suoi violenti contrasti in paese con il rivale Francesco Montagno Bozzone del clan dei Mazzei.
Questo il commento del Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, in merito all’operazione.
“Si tratta di un duro colpo assestato ad importanti famiglie mafiose. Apprendo che tutto questo è collegato agli effetti scaturiti dal Protocollo di Legalità. Sono contendo – prosegue Antoci – che il percorso di legalità e sviluppo che stiamo portando avanti continua e che stiamo liberando la Sicilia da un malaffare che durava da anni e che toglieva dignità agli agricoltori ed allevatori onesti.
Ringrazio particolarmente i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, i ROS di Catania, e la Compagnia di Santo Stefano di Camastra con un ringraziamento particolare alla DDA di Catania che continuano a dimostrare impegno, responsabilità e dedizione.
Il 23 febbraio – conclude Antoci – sarò a Roma alla Camera dei Deputati per presenziare alla presentazione della Legge che di fatto allarga il Protocollo di Legalità a tutta Italia facendolo definitivamente diventare Legge dello Stato . Questa è l’antimafia dei risultati che trova credibilità nel lavoro e nella condivisione dei più alti valori della Legalità”.
Non appena appresa la notizia, il sindaco di Troina (Enna) si è congratulato con le autorità: «Notizie come questa ci fanno sperare in un futuro diverso e migliore – ha detto Fabio Venezia – e soprattutto ci danno la consapevolezza che il sacrificio e la perdita della libertà personale non sono stati vani. Congratulazioni vivissime all’Arma dei carabinieri del Ros e alla magistratura per l’eccellente lavoro svolto».
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