NEBRODI – Vertenza Castello. Pizzino continua lo sciopero della fame
Cronaca Regionale

NEBRODI – Vertenza Castello. Pizzino continua lo sciopero della fame

Vertenza Castello. Continuo lo sciopero della fame per il titolare del gruppo Castello
i_pizzino_422_x_316Solidarietà delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl

Cgil, Cisl, Uil e Ugl esprimono solidarietà all’iniziativa dell’amministratore unico della Castello. I rappresentanti sindacali lo scorso 18 settembre hanno avuto un lungo incontro con la proprietà per discutere del contenuto dell’atto deliberativo dell’Irfis, trasmesso dal Comitato lo scorso 6 agosto, con il quale l’Istituto di credito siciliano accordava all’azienda un finanziamento di 1 milione e 400 mila euro condizionato da ipoteche di primo grado sul nuovo complesso aziendale e da garanzie reali integrative per un valore cauzionale non inferiore a 300 mila euro oltre a tutta una serie adempimenti burocratici per l’azienda. Clausole che la Castello ha ritenuto “vessatorie” al punto di valutare l’ipotesi di gettare la spugna.

“Necessario dunque oggi fondamentale – affermano i segretari – sostenere la protesta dell’amministratore unico dell’azienda ritenendo doveroso tutelare il diritto al lavoro di 300 dipendenti che sino ad oggi, con grande sacrificio hanno sostenuto, anche economicamente, l’azienda fiduciosi nel piano di rilancio.

All’indomani dell’incontro del 18 settembre Cgil, Cisl, Uil e Ugl avevano chiesto al governatore Lombardo un incontro urgente al fine di sbrogliare la matassa Castello. Oggi sollecitano quell’incontro e chiedono che nel più breve tempo possibile vengano convocati a Palermo tutti gli attori, istituzionali e non, coinvolti. La Castello non può più aspettare. I lavoratori non possono più attendere.
Da Tempo Stretto.it

«Non mi muoverò finché non mi concederanno il denaro che chiedo. La mia è un’azienda sana, non c’è motivo per dire di no».
È raro vedere un imprenditore scendere in piazza, per di più da solo, e affrontare una sfida tosta come quella dello sciopero della fame. «E invece io farò proprio così – si infervora Pizzino, seduto su una seggiolina pieghevole di fronte all’impero di Alessandro Profumo -; abbiamo bisogno di quel denaro per rilanciare la nostra azienda. Le banche non ci possono lasciare soli proprio ora che siamo alla fine del tunnel della crisi». Pizzino, affiancato dalle due figlie, Michela e Dorotea, ha la coscienza a posto e snocciola a memoria cifre e dati dei bilanci per dimostrare che la sua è un’azienda sana. «Fatturiamo 20 milioni di euro l’anno e abbiamo chiesto alla banca un prestito da 3 milioni di euro per aprire un nuovo stabilimento. Ci serve a rilanciare l’azienda sul mercato per continuare a essere competitivi e uscire dalla crisi». Gesticolando determinato, l’imprenditore siciliano assicura di poter dare, come garanzia, immobili per un valore pari alla cifra richiesta.
«Le banche – protesta – non credono nel nostro settore, ma siamo tra i pochi marchi made in Italy che producono camicie». E per di più in gioco ci sono trecento posti di lavoro, occupati principalmente da donne. Cento di loro sono già in cassa integrazione. Pizzino, che da una vita lavora con i suoi dipendenti e aveva il padre che lavorava con le loro madri, si sta facendo in quattro per mantenere tutti al loro posto e ha investito già 10 milioni di euro per garantire gli stipendi e fronteggiare la crisi. Ora, però, ha capito che serve la sferzata finale: investire. Solo con macchinari più moderni può abbassare il costo della produzione e tornare a essere competitivo sul mercato. Altrimenti si chiudono baracca e burattini. Ma le banche gli rispondono picche. E i suoi sogni rischiano di finire in fumo. Lui non si demoralizza e ora, armato solo di una bottiglia d’acqua da un litro, rifiuterà il cibo a oltranza per dimostrare ai banchieri la sua tenacia.
E lo fa proprio nei giorni in cui Milano brilla per la settimana della moda, la vetrina per eccellenza del mady in Italy. Ieri notte si è accucciato in un angolino di piazza Cordusio e ha aspettato, paziente, qualche risposta. «Le banche non ci possono mollare così – non si placa – ho chiesto più volte un incontro, non ho contratto debiti, non ho istanze di fallimento, ho tutti i conti in regola, eppure sembra che io non abbia diritto a nessuna assistenza bancaria».
Ieri i funzionari di Unicredit si sono fatti vivi e si sono portati in ufficio il malloppo di documenti che il titolare della camiceria siciliana aveva con sé. «La richiesta – puntualizzano gli uffici della banca – è stata formalizzata solo ora e dal canto nostro ci impegniamo a dare una risposta in tempi brevi. Comunque, abbiamo già concesso all’azienda 150mila euro come anticipo fatture». «Non mi muovo», ribatte Pizzino, esasperato. Vuole portare ai suoi dipendenti una bella notizia. Vuole salvare un’azienda italiana al cento per cento: che compra i tessuti a Bergamo e i bottoni a Brescia. Vuole sopravvivere alla concorrenza spietata dei cinesi e conservare la qualità delle camicie.Nel sito della sua azienda, Pizzino lancia una campagna promozionale per i clienti, intitolata «Allegri d’autunno». Lui ci prova, in tutti i modi, a portare un po’ di allegria a trecento famiglie che aspettano il verdetto.
Da il giornale.it

25 Settembre 2009

Autore:

admin


Ti preghiamo di disattivare AdBlock o aggiungere il sito in whitelist