NINO SPEZIALE – “Le piene del torrente … e della mia vita”.
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NINO SPEZIALE – “Le piene del torrente … e della mia vita”.

 

antonio_speziale_libroCon l’autore interverranno: Salvo Messina, Sindaco di Brolo, Maria Ricciardello, D.S. I.C. di Brolo, Marinella Speziale, Cettina Sgró e Rosetta Fogliani.

Sarà l’occasione per presentare al “grande pubblico” questo libro che parla di vicende umani e personali intersecate con uno spaccato di Brolo che non c’è più. E’ questo il grande merito del “maestro” Speziale, attento osservatore della vita sociale di Brolo, che ha osservato, rendendosi protagonista, da punti di vista privilegiati: la scuola, la politica, la vita amministrativa, quella della comunità locale.

Il libro, stampato da Armenio editore, gode della prefazione del professore Michelangelo Gaglio, ma è preziosa anche la post-prefazione, scritta dalla moglie, altra maestra, Maria Letizia.

antonino_speziale_fotoSono quasi cento pagine, che spaziano dai ricordi di una Brolo dove “vivere costava grandi sacrifici”. Un paese che piangeva i morti della Grande Guerra, che aveva un’economia povera, gli agrumi che davano lavoro “sotto padrone” nei magazzini, la piccola pesca, la fabbrica di sapone, un campetto di calcio in riva al mare, la banda ed ancora l’hotel Savoia, i bar di don Basilio di don Nino “u barberi” ed il fondaco dei Maniaci con le tante botteghe di vino e le putie che si affacciavano sulla vecchia e polverosa consolare.

Così Nino Speziale, parlando della sua infanzia, a Parrazzà, fa rivivere i bastioni del torrente, l’aria scanzonata dei ragazzi della borgata, i primi passi a Scuola, poi le “superiori” fatte a Messina, ed i ricordi diventano più intimi, Antonio,Nino, Calogera, Sarina, il buon Cutò fino ad arrivare a quelli recenti, i nipoti, i figli, in mezzo il servizio militare, e poi l’insegnamento. Fare anche il supplente, precario, come quelli di oggi. Ma allora gli anni sessanta, il boom economico, la voglia di ricostruire, dava ottimismo, forza, … faceva sorridere.

Speziale, è un ottimista. Lo si vede leggendo il suo “racconto” di vita vissuta. Lo si avverte quando lo si vede per  la strada, sorriso pronto, cordiale, impeccabile, un signore d’altri tempi.

Ed è stato un signore nella politica, che l’ha visto protagonista negli anni settanta ed ottanta, ai tempi della “spiga”e dintorni, cattolico e democratico in una Brolo stava cambiando.

Quindi un libro da avere.. che segna il tempo, fa ricordare anche qualche “amico” che non c’è più…. ma sopratutto ci ricorda altri tempi.

E lui” un maestro d’altri tempi” è ricordato da tanti suoi alunni.

Tra questi anche Basilio Scaffidi, oggi avvocato, che scrive di lui così: “Un maestro e un uomo d’altri tempi e di tutt’altra tempra. E’ stato mio maestro unico in terza elementare (sono dell’83, quindi, fino alla terza elementare vigeva per me il vecchio sistema del maestro unico) e maestro di matematica in quarta e quinta elementare (anche se la sua vera passione era la storia).

Ricordo ancora quando ci raccontava di essere stato alpino e di aver avuto l’onore di ricoprire la carica di primo cittadino di brolo. le sue indimenticabili lezioni di storia, i racconti delle leggende e dei miti legati alla storia dell’antica Roma (Romolo e Remo, la fondazione di Roma, Muzio Scevola, Orazio Coclite…) mi hanno trasmesso la passione per la storia e hanno condizionato in modo determinante tutta la mia successiva formazione culturale…

Grazie Maestro!

Tu si che meriti questo titolo professionale, di gran lunga superiore al semplice insegnante ed incomparabile per spessore umano e culturale a quelli odierni“.

Nella circolare che il nuovo dirigente scolastico brolese, maria Ricciardello, che ha fortemente voluto l’evento si evidenzia il ruolo di insegnante e della scuola nella vita di Nino Speziale.

” Il “maestro” Nino Speziale – scrive la Ricciardello – è stato docente di scuola primaria in tanti comuni del comprensorio ed ha concluso la sua carriera a Brolo.

Nel libro ci offre, fra le altre cose,  uno spaccato della vita scolastica del  “maestro” di un  tempo con interessanti spunti di riflessione sull’evoluzione di tale figura nel corso degli anni”.

Il testo è stato oggetto di approfondimento da parte degli alunni di alcune classi del nostro Istituto che, in occasione della presentazione, esporranno le loro riflessioni.

All’incontro interverranno anche ex alunni ed ex colleghi dell’autore.

“Nella profonda convinzione che la scuola costituisce  il luogo più idoneo a promuovere ed  ospitare incontri culturali, – conclude la circolare la dirigente brolese – Vi invito a presenziare numerosi all’incontro.

 

 

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Leggendo la prefazione, curata da Michelangelo Gaglio.

 

O gran bontà dei cavalieri antiqui!”.

Potrebbero bastare questi due sostantivi e due aggettivi a commento e presentazione delle pagine di Nino Speziale e della sua figura.

Oggi si ritiene comunemente che per costruire il futuro bisogna elaborare progetti, puntare sulla crescita, abbassare lo spread, eliminare il debito pubblico e via economando.

Ci avete tolto il futuro” è l’accusa che si rivolge sempre più spesso a una classe politica imbelle e autoreferenziale.

Questo libriccino, queste “noterelle” vanno controcorrente, ribaltano quella logica e ci avvertono che per un futuro migliore e diverso bisogna conoscere, innanzitutto, il proprio passato, prendendo a modello i “cavalieri antiqui” e i valori positivi da loro propugnati.

La conoscenza non può, però, riguardare soltanto i grandi eventi e le grandi correnti di pensiero che si studiano, solitamente male, a scuola: essa deve partire dal proprio territorio, dal proprio paese e dalle proprie radici.

Per questo, la “piccola memoria” deve essere messa a disposizione di tutti, cominciando proprio dai membri di ogni singola comunità. Solo così la microstoria, costituita da pratiche buone, da tradizioni e abitudini sane e virtuose, da operosità e sacrifici, potrà entrare nell’ampio vaso della grande storia; i portatori d’acqua sono soprattutto intellettuali come Nino Speziale.

Queste pagine sono rivolte ai figli, ai nipoti, ai giovani e, quasi esplicitamente, anche a quelli che hanno “perso” la memoria.

Nino Speziale riesce a legare il suo percorso individuale non solo con la vita di Brolo ma con i vari momenti storici e culturali in cui è incastonato.

Lo verifichiamo dalla congiunzione «quando» nei sottotitoli che scandiscono le tre sezioni, reali e ideali, dello scritto: Quando vivere (imparare, insegnare) costava grandi sacrifici.

Un tempo le case erano affastellate attorno al castello o disposte lungo la via Nazionale”. È, questa, una delle prime pennellate spazio-temporali che svolge la funzione di incipit proprio come, nelle novelle e nei racconti, il classico “C’era una volta…”.

foto_fam_papaCon gli occhi di bambino, di adolescente e, infine, di adulto, vengono via via registrate le continue trasformazioni materiali, sociali e culturali. Ne viene fuori una piccola epopea centrata su una piccola città, Brolo, racchiusa da due torrenti, allo stesso modo che una grande città del passato, entrata nella leggenda epica, era racchiusa da due fiumi. Il Simoenta di Brolo è il torrente Iannello che diventa protagonista e condiziona la vita degli abitanti della frazione. Le piene del torrente sono costituite non solo di acqua “ma anche di sentimenti forti, profondi, incancellabili”; diventano metafora della vita a tal punto da fornire al libro lo stesso titolo. Proprio sul greto del torrente avviene il commovente incontro-riconoscimento del nostro autore, novello Telemaco, col padre che torna dalla guerra, irrimediabilmente stremato nel corpo e nello spirito. Morirà l’anno dopo; Nino non lo vedeva da quando aveva tre anni.

La guerra ruba alla famiglia e alla vita anche il cognato Calogero, marito della sorella Sarina, ucciso dai tedeschi dopo il tragico 8 settembre mentre combatteva a Rodi a fianco degli Alleati.

Calogero prima della guerra lavorava in uno dei tre magazzini di limoni con le mansioni di «maestro casciaro», che aveva il delicato compito di chiudere le casse pronte ad esser spedite. Nei periodi di pausa faceva il pescatore, come molti altri a Brolo, oppure il piccolo commerciante, trasportando a Lipari olio, farina, legumi, salumi e ovini e importando dall’isola Malvasia, capperi, uva passa e fichi secchi.

Calogero era fratello di Angela, la bambina uccisa nel marzo 1921 mentre si trovava ad assistere, proprio con lui, sui gradini della Chiesa Madre ad un corteo di protesta dei lavoratori. Fa tenerezza la figura del padre che si alza dal suo seggiolone dagli alti braccioli solo per accarezzare la foto della sua figlioletta uccisa e poi torna a sedersi in un silenzio rotto solo dalla «voce» del merlo in gabbia che lo chiama per nome: «Liborio». I contorni di saga famigliare che il libro assume ci riportano alla concezione di unità e legame profondo e solidale che la famiglia aveva e, forse, ha ancora, in Sicilia. Ogni vicenda raccontata contiene un ricordo e un riferimento a qualche persona della famiglia. Innanzitutto la famiglia di origine di Nino, costituita, dopo la morte del padre, dai fratelli e dalla madre, saggia e premurosa nell’allevare ed educare i cinque figli i cui nomi (Sarina, Giuseppina, Lucrezia, Peppino) rimbalzano nelle varie parti del libro.

Poi, la famiglia sorta dal matrimonio con Maria, allietato dai figli Marinella e Corrado e dai nipoti Alessia, Maria Chiara e Antonio.

Frequenti i riferimenti alla famiglia della moglie Maria, soprattutto alla mitica maestra Letizia; un’incursione anche nella famiglia di Marinella che ha sposato Franco, figlio di Ida la Brava, compagna di scuola di Nino a Messina.

Numerosi anche gli accenni agli opifici e ai mestieri di una volta, per i quali ogni paese diventava un laboratorio di insegnamento e apprendimento dal vivo: ‘u trappitu, il falegname, il fornaciaio, lo stagnino, il carrettiere, la maestra di cucito (‘a mastra).

La narrazione è scandita dai grandi avvenimenti storici che hanno caratterizzato gran parte del secolo scorso: il nazismo al potere, la guerra d’Africa, la guerra mondiale, il dopoguerra, Trieste, Moro, la guerra del Kippur, «primo esempio di globalizzazione» che spinse i bambini a nuovi giochi e tutti a usare la bicicletta.

Implicito, a questo proposito, è l’invito dell’autore a cogliere l’opportunità offerta dall’attuale crisi economica per cambiare vita, abbandonando lo sfrenato regime consumistico e tornando, magari, ai lavori di campagna, come lui stesso fa quotidianamente.

PapPiccolofam.jpgLa maggior parte di questo diario di vita è dedicata agli anni della scuola. Gli episodi della vita da studente, caratterizzata da difficoltà e peripezie, anticipano quelli dei primi anni di insegnamento e sono descritti col sorriso dell’autoironia.

Sia per Nino ragazzo che per Nino adulto la realizzazione del «successo personale» è frutto di impegno e fatica consapevoli.

Nino ha scelto di restare nella scuola pur avendo davanti a sé una brillante carriera militare.

Passione educativa, altruismo, empatia con gli alunni e capacità di farsi amare e rispettare da loro, generosità caratterizzano tutti gli anni di insegnamento.

Particolarmente coinvolgenti alcune tappe.

A Cutò, frazione di Cesarò, «un villaggio di capanne e casette di pietra» ebbe la prima nomina annuale; intorno alla scuola, gli armenti che «ignari di tutto, continuavano a brucare l’erbetta». Solo undici alunni, divisi per cinque classi, «felicissimi di venire a scuola» («meglio la scuola che la merda degli animali» diranno pochi anni dopo gli alunni di don Milani).

Il primo incarico annuale del Provveditore, a Capizzi, coincide col matrimonio con Maria; nella descrizione elegiaca di Capizzi (le donne anziane con lo scialle, gli uomini con lo scapolare, la piazza, ecc.) sembra di vedere le fotografie «in bianco e in nero» della Sicilia di Scianna o dello stesso Verga.

Memorabile e spassosa la perigliosa traversata verso Stromboli, la cui scuola è raggiunta, a nuoto, ventotto ore dopo la partenza dalla Sicilia.

Ad «accompagnare» Nino era la fedele 500, sostituita, dopo la sua «dipartita per sfinimento», dalla 850: una volta le macchine avevano un nome ed erano parte della vita, anche se si chiamavano «utilitarie».

Alcune pagine riguardano la sfera dell’impegno politico e si nota subito la differenza di stile e di lingua rispetto al resto del libro; qui lo stile è quasi notarile e burocratico: evidentemente Nino non vi ha infuso anima e pathos, forse perché lui stesso sente che era solo «prestato» alla politica, nel senso vero del termine.

Quando, invece, oggi si definisce «prestato alla politica» un professionista (avvocato, giudice, professore, medico, igienista dentario ecc.) si capisce subito l’ipocrisia dello scarto linguistico, si capisce che si tratta di persone che hanno fatto «il salto della quaglia», «hanno saltato il fosso». Ci sono parecchi accenni alla vita politica del paese, contraddistinta da passionalità e scontri e da campagne elettorali con attacchi personali e baruffe.

img027Si racconta delle dimissioni, nel 1974, di Antonino Germanà, che era stato sindaco di Brolo ininterrottamente dal dopoguerra. Con le dimissioni si «interrompeva l’egemonia delle caste brolesi che dal 1812 al 1974 si erano alternate alla guida del paese» e gli abitanti di Brolo iniziavano il percorso per diventare «cittadini» dopo essere stati «sudditi» dei potentati delle varie epoche; un percorso che continua ancora oggi.

Nino Germanà, comunque, era un gentiluomo, anche lui un «cavaliere antiquo», che aveva saputo umanizzare la carica di sindaco, pur con i limiti delle contrapposizioni politiche e ideologiche imposte dalla «nequitia temporum». Non era facile trovare una persona adeguata e degna che potesse succedere a Germanà; la scelta cadde su Nino Speziale, che fu quindi il primo sindaco della nuova èra e diede un impulso forte alla vita amministrativa e una concreta prospettiva di sviluppo al paese.

Però l’impegno amministrativo diretto fu solo una breve parentesi; del resto, anche oggi Nino Speziale lo vediamo di più agli incontri culturali che a quelli politici e ha sempre frequentato la chiesa, dove i politici si vedono solo quando si avvicinano le elezioni.

Nino Speziale non è un presenzialista, è una persona che dà testimonianza.

Avviandosi alla conclusione del suo scritto, Nino fa un bilancio della sua vita dedita alla scuola: «Ho imparato tanto dagli alunni; spero di essere riuscito a trasmettere loro la forza e la costanza per lottare contro le avversità della vita».

Non dice «nozioni» ma «Forza» e «Costanza», due virtù latine, Fortitudo et Constantia, fortezza e coerenza. Un binomio inscindibile, due virtù rare nella nostra società che vede tanti adulti fragili e senza schiena dritta accusare i giovani di essere deboli e senza valori.

Ho visto in un libro su Brolo alcune fotografie di bambini delle elementari assieme a Nino Speziale, che si erge fra loro come una quercia rassicurante e protettiva; sotto tutte le foto, in calce, una didascalia spiega: «L’insegnante Nino Speziale con…». «Insegnante», parola nobile, da in-signare, lasciare il segno, nulla dies sine linea, toccare una vita per sempre.

Eppure questo termine, come quello di professore, ormai sembra solo un’indicazione professionale, un titolo freddo ed esteriore, «vano, senza soggetto».

«Maestro» è il termine che si addice alle persone come Nino Speziale che hanno dedicato con passione la loro vita ai ragazzi e all’educazione.

«Dopo quello di padre, maestro è il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo» dice Edmondo De Amicis.

Le ultime considerazioni, delicate e piene d’affetto, sono per la moglie Maria.

Maria scrive una Postfazione strettamente legata, a forma di dittico, alle pagine di Nino. È un duetto corale.

Parafrasando Dante, è come se Maria dicesse «Quel che dice di sé, di me intende»: la vita è dura e piena di difficoltà ma ciascuno è fabbro della sua fortuna e potrà realizzare se stesso solo con la fatica e tanti sacrifici ma soprattutto temprandosi alla fede nei valori che contano.

Proprio grazie a questa sua weltanschauung, Maria è stata accompagnata fin dall’adolescenza dalla luce dei versi di Torquato Tasso, per i quali la vita è un cammino verso l’alto, verso «l’erto e faticoso colle della virtù».

La Postfazione è la conferma, il sigillo di due percorsi di vita, già fusi al momento del matrimonio e accomunati dagli stessi ideali e dalla stessa vocazione e passione educativa.

 

Michelangelo Gaglio


 

Questa la Postfazione

 

“Non sotto l’ombra in piaggia molle / tra fonti e fior, tra Ninfe e tra Sirene; / ma in cima all’erto e faticoso colle / della virtù riposto è il nostro bene”.

Questo il titolo di un compito di italiano che, una volta, durante la mia vita studentesca, ho dovuto svolgere per superare un esame.

Era tratto da “La Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso.

Queste parole sono così belle, profonde e significative che non le ho ancora dimenticate perché in esse vi è racchiuso un programma, anzi un poema di vita. Ogni volta che penso a questo titolo di tema, mi passa come un film, davanti agli occhi, la vita di Nino e viceversa ogni volta che penso alla vita di Nino, penso sempre a questo titolo di tema.

La vita dell’autore, in un passato ormai remoto, non è stata facile: tante le difficoltà, moltissimi i sacrifici, i disagi, le rinunce per raggiungere l’obiettivo e cioè la realizzazione di sé, l’affermazione nella vita e nella società.

Egli è stato sempre “caparbio” e lo è ancor oggi. Niente gli è stato regalato, si è guadagnato tutto: è salito “in cima all’erto e faticoso colle” sempre con il lavoro, con serietà, con onestà, con dignità.

Certo, niente di eroico, niente di straordinario: la sua vita come tante altre. Sicuramente non è l’unico, ma certamente è irripetibile.

In lui tanti valori umani come la famiglia, il lavoro, l’amicizia, il rispetto per l’altro, la solidarietà, la pace, l’onestà, la religione, hanno trovato la giusta realizzazione e tutti insieme si fondono in una sinfonia da lasciare ai giovani a cui dedica queste pagine col solo scopo di insegnare loro che nella vita niente ci è dovuto, ma tutto deve essere guadagnato affinché il pane di ogni giorno ci sembri più saporito e più meritato.

 

Maria Letizia

 

 

6 Novembre 2013

Autore:

admin


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