Ma se in un momento come questo, in cui non si possono certo concedere soste sul fronte di lotta contro il Ponte, si è impossibilitati a svolgere un raduno, significa che le forze si stanno concentrando interamente nei preparativi di quella che si preannuncia come la più grande manifestazione degli ultimi anni nella città dello Stretto, tale da emulare il successo conseguito con il corteo No Ponte – No Tav del 22 gennaio 2006, passato alla storia come il più partecipato di sempre.
Questo perché il progetto infrastrutturale più contestato e controverso della storia italiana, ma al tempo stesso ambito da una ristretta parte della classe politica ed imprenditoriale, sta andando prepotentemente avanti.
Ed ecco, quindi, il braccio di ferro a distanza, tra coloro che l’opera intendono realizzarla, costi che quel costi, serva o non serva, sopra tutto e tutti, e chi invece si ribella dinnanzi a tanto strapotere e demagogia. Ma se tra gli oppositori, sulla scorta di dati storici ed economici, si allarga il fronte della protesta e cresce l’interesse per la ricerca, con importanti produzioni editoriali che danno vita a confronti e dibattiti su vasta scala, la stessa cosa non si può dire per chi, invece, tende a far credere che l’opera sia “fattibile” e “necessaria”.
Ma andiamo agli elementi ed ai comportamenti che alimentano la disputa, se di “disputa” si può parlare, visto che i “pontisti” agiscono nell’assoluto silenzio, informando a cose fatte, come un fiume carsico che sta attraversando la città ed il destino dei suoi abitanti, ignari di tutto ciò.
All’inizio del 2010, un’altra enorme emergenza ha investito il territorio della provincia di Messina: tantissime frane sui Nebrodi, alcune delle quali devastanti, faranno registrare il collasso di decine di comuni. Anche qui, la risposta del Governo nazionale e dei “pontisti” messinesi – distinguendo, laddove possibile, gli acquiescenti dai “convinti” assertori dell’opera – non si è fatta attendere: il 12 febbraio, mentre negli uffici provinciali preposti alle emergenze incalzavano le segnalazioni dei sindaci dei Nebrodi, il Palacultura apriva i battenti per la presentazione della bozza del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto. Un “successone” alla presenza di tutto lo stato maggiore nazionale, dal Ministro Matteoli in giù. In quell’occasione, 16 nomi scomparvero improvvisamente dalla lista che comprendeva chi aveva fatto richiesta di partecipare all’incontro, alcuni dei quali furono ammessi ad entrare solo a “partita” iniziata – come si fa per i tifosi più scalmanati – dopo una lunga diatriba con il Questore. Guarda caso, si trattava di persone che da anni spendono il loro tempo ad occuparsi del progetto, confutandone, con dati alla mano, fattibilità, convenienza economica, impatto ambientale, sociale e quant’altro.
Ma chi aveva ragione si fa presto a dimostrarlo: neanche due mesi prima, la Relazione della Corte dei Conti, conteneva osservazioni critiche su quattro punti che, da soli, la dicono lunga sull’attendibilità del progetto. La magistratura contabile aveva chiesto chiarimenti sui dati del traffico, la fattibilità dell’opera, la tutela ambientale e la riutilizzazione dei fondi ex Fintecna (la dismessa società dell’IRI). Ad oggi, si attendono ancora notizie riguardo l’ottemperanza a tali quesiti, mentre, in maniera “indisturbata”, si intrecciano accordi, si firmano protocolli per le procedure degli espropri e si assegnano incarichi per la viabilità d’accesso ai siti per il conferimento dell’ingente volumetria del materiale di risulta.
L’Università di Messina, che ha “concesso”, il così detto Incubatore d’imprese al General contactor Eurolink, destinato originariamente alla nascita ed alla formazione di attività imprenditoriali dei giovani laureati messinesi, per farsene un quartier generale, “beneficerà”, per quattro mesi, di tre tirocini per studenti, sui sei in totale da condividere con Reggio Calabria.
Operazione che Luigi Sturniolo, storico attivista della “Rete no Ponte” e attento osservatore delle vicende legate alla realizzazione della mega opera, ha annoverato, a buona ragione, tra le “miserevoli compensazioni”, per la devastazione del territorio. Sturniolo, in quota “sponda messinese”, sta dando, anche sotto forma di letteratura, un notevole contributo alla “causa”. Egli ha da poco pubblicato la sua ultima opera: “Le ragioni del No Ponte – Dalla politica dei disastri alle proposte dei movimenti”, e-book edito da Terrelibere.org, scaricabile con pochi euro dal sito ed il cui introito sarà destinato, in parte, alla manifestazione del 14 maggio.
Uno dei motivi che induceva qualcuno a pronunciare, seppur in forma sofferta, un “Sì” per la realizzazione della mega opera, era senz’altro il tanto sbandierato vessillo dell’occupazione delle maestranze, un cinico sogno svanito alla luce degli ultimi dati.
Sarebbero, infatti, non oltre 4.500 le unità lavorative che l’opera richiederebbe, a fronte delle 40.000 di cui si parlava in precedenza, non si sa secondo quale analisi. Basti pensare, a tal proposito, che la messa in sicurezza dell’intero territorio dal rischio sismico ed idrogeologico, assolute priorità di Messina e provincia, comporterebbe un impiego di manodopera di gran lunga maggiore, con l’ottenimento di risultati davvero importanti per il presente ed il futuro della città dello Stretto.
Un altro dei tanti aspetti in cui si registra una colpevole e pretestuosa carenza tra i “pontisti” è senz’altro quello delle garanzie tecniche sull’opera: l’effetto Galloping (oscillazioni dovute, in parte, all’azione dei venti), devastante riguardo l’attraversamento ferroviario, e quello sismico, alla luce di quanto avvenuto in Giappone, sono già da soli sufficienti a far comprendere l’inattendibilità dell’”affare” Ponte. Per non parlare delle incontrovertibili analisi fatte sul piano dell’incidenza della criminalità organizzata, su cui, qualche giorno addietro, si è espresso in questo senso a Messina, intervenendo al Palacultura, anche il Procuratore aggiunto della D.D.A. di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, il più accreditato “addetto ai lavori” nell’ambito della lotta alla ‘ndrangheta. Su questo delicatissimo argomento, da anni, Antonio Mazzeo ha concentrato le proprie inchieste, raccolte nella sua opera di successo “I Padrini del Ponte – Affari di Mafia sullo Stretto di Messina”, edizioni Alegre, 2010.
Ma quando meno te l’aspetti, visti i comportamenti generali dei potentati nazionali, ecco giungere l’ultimo, sicuramente importante, giudizio sul Ponte, riportato come notizia dall’agenzia IGN, portale dell’Adnkronos: “Le ricadute positive del Ponte sullo Stretto non saranno tali da giustificare l’investimento”. A parlare è Alessandro Profumo, personaggio di spicco della finanza italiana ed internazionale, ex a.d. di Unicredit, che lo scorso 14 aprile, a Genova, nel corso di un convegno sulle grandi opere, si è così pronunciato sull’attraversamento stabile dello Stretto, che anni addietro aveva “incassato” il parere di taluni advisor, (in altre parole, analisti- manager colleghi suoi). Poche parole, ma che in virtù di chi le ha pronunciate, assumono un enorme peso specifico.
E allora che ci venga spiegato di cosa si sta parlando e come si giustificano centinaia di milioni di euro spesi in tutti questi anni, di cui soltanto 110 nell’ultimo, per la progettazione definitiva.
Fatta questa sintesi, occorre dire che i motivi del “No al Ponte” sarebbero ancora tantissimi da elencare, attendendo, da chi sostiene la realizzazione dell’opera, quelli del “Si”, ma a condizione che siano attendibili. Se ne avessero, allora, che le vengano ad offrire ad un tavolo democratico, aperto al confronto, dove trovino spazio le altre esigenze del territorio, prioritarie e non compensative al Ponte.
Questo è quanto sosterranno i numerosi manifestanti, provenienti da ogni parte d’Italia, che nel pomeriggio di sabato 14 maggio, fino a sera inoltrata, “invaderanno” pacificamente le strade di Messina.
corrado speziale
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