L’effetto della “resistenza” No Tav si avverte anche a Messina.
Dopo il sit–in con il volantinaggio messo in atto davanti alla Prefettura lunedì scorso, anche ieri, nel tardo pomeriggio, dopo un velocissimo passaparola on line attivato in un paio d’ore, un gruppo di manifestanti si è radunato in piazza Municipio al fine di compiere un passo avanti sul fronte della contestazione riguardo tutto ciò che sta accadendo in Val di Susa.
La Rete No Ponte – Comunità dello Stretto, naturalmente, è promotrice delle iniziative che stanno caratterizzando questa fase, facendo ormai “proprio” il simbolo No Tav.
Una condivisione di intenti e ideali tra due comunità a duemila chilometri di distanza, accomunate dalla lotta contro la realizzazione delle due mega opere-simbolo più controverse di questo ultimo ventennio, la cui utilità viene già sconfessata soltanto alla luce dei dati costi-benefici che le caratterizzano, tra l’altro in un grave momento economico come quello attuale.
Ciò che sta accadendo in Val di Susa, è testimonianza di una fortissima contrapposizione tra un “popolo” (erano in settantamila solo al corteo di sabato scorso) in trincea per la difesa dei propri diritti sul territorio, che chiede di fermare i lavori e sedersi ad un tavolo per un confronto, ed una classe politico – governativa che in Parlamento gode di un pieno appoggio trasversale, senza opposizione, né alcuna rappresentanza che possa accogliere le istanze valligiane.
La piazza resta, pertanto, l’unico terreno per la contestazione, con tutto ciò che ne consegue, con il raggio della protesta che si è sempre più allungato, in tutta Italia, in particolare nelle grandi città, con il pensiero e lo sguardo sempre rivolti verso la Valle.
“Alla Polizia armata di pistole, manganelli e lacrimogeni, noi possiamo opporre solo il nostro corpo” ha detto ai microfoni di “Servizio Pubblico”, trasmissione di Santoro, Luca Abbà, intervistato nel corso della manifestazione di sabato, 48 ore prima di restare gravemente ferito, folgorato da una scarica elettrica e precipitato da un traliccio dell’alta tensione su cui si era arrampicato, mentre riceveva la “visita” di un agente di Polizia.
Abbà, adesso, è il simbolo non solo della Valle, ma di tutta una certa “Italia che resiste e non si arrende” alle operazioni di “esproprio” territoriale, politico e sociale.
Nella città dello Stretto non ci sono certo state manifestazioni tipo i rocciosi blocchi della Torino – Bardonecchia o altre azioni massicce ed eclatanti, ma è innegabile l’effetto, e non solo simbolico, d’aver causato disagi, seppur lievi, alla mobilità urbana ed extraurbana dei servizi pubblici.
Un piccolo corteo con striscioni e bandiere si è mosso da piazza Municipio all’indirizzo della stazione centrale, seguendo interamente la linea tramviaria. Ne è conseguito il rallentamento con percorso a singhiozzo di qualche tram. Alla stazione il gruppo ha occupato la banchina del binario 8, esponendo gli striscioni davanti al locomotore di un treno per Catania – Siracusa, facendone ritardare la partenza.
Lasciato quel binario, i manifestanti si sono recati nella sede della Servirail, la società dei vagoni letto, presidiata da quasi tre mesi, ininterrottamente, dai dipendenti addetti al servizio, licenziati l’11 dicembre scorso, data di partenza dell’ultimo treno-notte per il nord Italia.
Lì, riunitosi in un’improvvisata assemblea, i “No Tav” messinesi e gli ex dipendenti Servirail, si sono rapportati nel segno di un’azione di lotta condivisa, con l’intento di coinvolgere tutte le altre categorie cittadine che stanno vivendo momenti di grande difficoltà in campo lavorativo. Qui, la causa valsusina, da simbolo di grande ribellione sociale quale è, prende i connotati di “semplice” questione politica locale, ma non per questo meno importante.
“Tutte le lotte sono destinate alla sconfitta se non si crea un unico mosaico comune dentro il quale operare”, ha detto un rappresentante No Ponte nel suo intervento, parlando di “unire tutte le vertenze cittadine”, auspicando una condizione imprescindibile, in considerazione delle condizioni in cui versa Messina: “Buzzanca se ne deve andare, non può più fare il sindaco in questa città”.
Un ex dipendente Servirail ha raccontato la durissima esperienza di questi ultimi mesi e mostrata tutta l’indignazione possibile ed immaginabile, non dandosi affatto per vinto: “Abbiamo perso il posto di lavoro ma non la dignità” dice, definendo la sua triste avventura come “frutto di cattive scelte di politici che pensano solo a se stessi” e si pone una domanda da cento punti, la più frequente di tutte: “Così facendo, che futuro daremo ai nostri figli?”
L’aggiornamento del dibattito è stato previsto per la prossima settimana, giusto il tempo di avvisare i lavoratori di altre aziende cittadine, tra cui le municipalizzate, in un momento davvero critico.