– di Corrado Speziale –
Un vero e proprio “concertone”, venerdì scorso, al Teatro Massimo “V. Bellini” di Catania, per il BellinInFest, ha esaltato la platea e lasciato segni indelebili di eccellente qualità e creatività musicale.
I retroscena del progetto raccontati con grande spirito dal regista Giovanni Anfuso: “Le opere di Bellini sono jazz, basta spingerle un pochino… La follia a volte va dove la ragione non arriva!”.
Opera & Jazz: la tromba come suono della voce. Paolo Fresu: “È una sensazione bellissima. Ci si rende conto di quanto Bellini abbia dato al mondo”.
“Norma in Jazz”: la musica va dove va il pensiero. Cosicché, capita che sotto la spinta geniale e innovativa di un maestro come Paolo Silvestri, trasferita ad un fuoriclasse come Paolo Fresu in un ensemble di qualità come l’OJdM,
Il processo, nel suo complesso, è tutt’altro che semplice, considerata l’importanza dell’opera da adattare, in rapporto alla cultura e alla tradizione che si porta dietro da quasi due secoli.
“Non pensare più a Bellini…Lo devi dimenticare!”, ha sussurrato una signora in platea,
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se finanche un jazzista bravo e navigato come Nello Toscano, fondatore e direttore artistico dell’Orchestra Jazz del Mediterraneo, mostrasse all’inizio delle sonanti perplessità: “Mi sono sempre occupato di jazz e non ho mai pensato alle contaminazioni con altre musiche. Infatti, un amico regista mi ha aiutato in questa vicenda”.
Dunque, la parola da Toscano è passata a Silvestri e di conseguenza a Fresu e l’OJdM, con debutto della
Il concerto, venerdì scorso, inserito nel cartellone del BellinInFest, si sarebbe dovuto tenere a Villa Bellini, ma le avverse condizioni meteo hanno “regalato” al pubblico l’emozione di godersi l’evento nello splendido Teatro Massimo.
L’Orchestra Jazz del Mediterraneo era così composta: Trombe: Giacomo Tantillo, Salvatore Riolo, Giuseppe Privitera, Giovanni Morello. Sax: Orazio Maugeri, Marco Caruso, Rino Cirinnà, Gaetano Cristofaro, Fabio Tiralongo.
Il concerto e i brani proposti: undici perle pregiate.
“Casta diva”, contiene già in sé le emozioni di sempre. L’attacco è vivace, ma poi il suono declina sul calore del flicorno che trova espansione e ritmo nei fiati fino ad atmosfere cool.
In “Ite sul colle, o druidi”, il jazz si eleva a ritmi sostenuti. A Paolo Fresu vola lo spartito dal leggio ma il jazzista di rango non si scompone per nulla. In buona evidenza il primo sax, tutti gli altri fiati e le sezioni ritmiche. Il finale è intenso e molto ben orchestrato.
“Dormono entrambi…” e “Mira, o Norma, a’ tuoi ginocchi” vanno in sequenza. I fiati si riuniscono in un grande adagio. La tromba “sordinata” di Fresu penetra nell’armonia in modo magistrale. Nella seconda parte si accelera con swing e densità. Il flicorno del musicista sardo si esalta e improvvisa sulla sezione ritmica. In alternanza,
L’inizio di “Va’, crudele; al dio spietato”, è potente e corale. Il rapporto tra il ritmo e la strumentazione è eccellente, in un jazz totale. È il momento delle contaminazioni, dove il sound raggiunge latitudini variegate. In questo si distinguerà uno straordinario Seby Burgio.
“Deh! proteggimi, o dio: perduta io sono” e “Oh! rimembranza!” andranno di seguito in una suite lenta e profonda. Una preghiera che emana dal cuore, passando attraverso gli strumenti musicali. La sordina di Fresu, dentro una melodia di rara bellezza, regala un’aria dal canto delicato e notturno. È poesia in musica, espressa dalle note di un’orchestra jazz.
“Oh! Di qual sei tu vittima” nasce sul ritmo della batteria in un grande assolo di Peppe Tringali, seguito dal contrabbasso di Alberto Fidone, mentre l’orchestra rispetta delicatamente il tema in un brano leggero, che anticipa la drammaticità, la forza e la coralità di “Guerra, guerra!”, in linea con l’argomento. Il brano sarà in suite con “Qual cor tradisti” e “Deh! non volerli vittime”, le arie più intense e suggestive del concerto. La prima è una ballad favolosa, che Fresu e l’ensemble hanno riservato anche per il bis. La seconda rispetta magnificamente la melodia e la coralità belliniana, con eccezioni che delizieranno la platea, come un assolo di flicorno, ad esaltare le virtù di Paolo Fresu, che ad un certo punto in un tutt’uno col suo strumento si cimenterà in un suono circolare, dalla “voce” degna di un’opera da grandi occasioni.
Il commento di Paolo Fresu alla fine del suo straordinario concerto: “La Norma è un’opera di una bellezza entusiasmante. Suonare la tromba cercando di interpretare una voce senza le parole, quantunque sia un’impresa molto complicata, regala una sensazione bellissima. Così ci si rende conto di quanto Bellini abbia dato al mondo. Tante cose in quest’opera sembrano scritte nel mondo del jazz. Senza questa musica straordinaria probabilmente non sarebbe nato il jazz e non sarebbe nata la musica che noi amiamo”.
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