“Un libro d’inchiesta e di coraggio” ha detto Giuseppe Antoci in un articolato intervento dove l’attualità del suo caso correva in parallelo – ovviamente per certe analogie – sulle vicende che lo riguardano, tra ” stati paralleli”, inchieste a rilento, depistaggi, occhi che non vogliono vedere, sguardi rivolti altrove, chimere incantatrici, arroganze intellettuali.
Tutte situazioni distanti dai cittadini e per i più oscure realtà.
Gli autori, ieri a Ficarra, hanno divagato su tanto che il libro non contiene, parlando a ruota libera. Sanno che il libro ha dato fastidio a molti, che tocca interessi pericolosi e che hanno sollevato il classico coperchio di un vaso di pandora, raccontano di come, già il giorno del funerale di Modì, intorno a lui si era iniziato a svilupparsi una pericolosa speculazione ordita da una cinica macchina del malaffare e di come, per voglia di verità, sia diventati degli attenti cronisti.
Loro, una giornalista e un ex poliziotto sono ora membri della Fondazione Antonino Caponnetto.
Loiodice e Mondini (lei nel 2018 ha curato una puntata di TV7 intitolata «Giallo Modigliani»), hanno appassionato tutti e siamo certi che il loro dire sarebbe piaciuto anche a Federico Zeri, detective sapiente nel distinguere le opere d’ arte vere da quelle false, straordinario conoscitore, con un occhio prodigioso.
Loro stanno denunciando «senza timori o remore» un mondo complesso. E nonostante nomi e fatti, dettagliatamente raccontati, non sono incappati – almeno sino ad oggi – in beghe giudiziarie, pur annunciate, tra diffamazione e calunnia.
La loro spy story è ricca di misteri, segnalano gli errori e le omissioni, sottolineano le sviste, controllano gli alibi, definiscono ruoli e collusioni; tutto sviluppato in quelle otto «scene del crimine»: Parigi; Chiasso; Livorno; Genova; Londra e poi Worldwide Interbank Financial ed ancora il porto franco di Ginevra, nel quale sono conservati «miliardi di euro di dipinti, sculture e reperti archeologici».
A Ficarra gli autori parlando di questo «pasticciaccio», dove si collocano anche le figure di Jeanne, figlia di Modigliani, e Christian Parisot, esperto di storia dell’ arte che vede da tempo pesar sul suo conto inchieste per falso, ricettazione, truffa e reati specifici relativi alle violazioni delle norme del codice dei beni culturali.
Condannato in Francia – il Parisot – e assolto in Italia si legge nel libro, mentre gli Autori raccontano come in questo grande circo dell’arte contraffatta si possano muovere comparse e burattinai, magistrati e avvocati, uomini d’ affari e collezionisti, francesi e cinesi, italiani e criminali, storici dell’ arte e narcos, tantissimi attori della disonestà “d’autore”.
Jeanne è la figlia di Modigliani… dalle pagine del libro viene fuori il dubbio sulla sua morte, nel 1984 in circostanze misteriose.
Lei si dedica a raccogliere materiali di ogni tipo, strumenti di lavoro, lettere, appunti e fotografie, dando vita agli Archivi Legali Modigliani, ricucendo un rapporto mai avuto con i suoi genitori. Quando morirono aveva 18 mesi ed un pessimo rapporto con la famiglia della madre, praticamente ripudiata e un fratello – quasi coetaneo – illegittimo avuto dal padre con un altra giovane modella.
«Gli Archivi – ricordano Mondini e Loiodice – rappresentano il tentativo di cristallizzare tutto ciò che può dare un’ identità certa al patrimonio artistico di Modì. Chi li possiede ha in mano gli strumenti per fare expertise e quindi decretare se un’ opera è vera o falsa, o quantomeno se un determinato quadro si porta in dote una storicità. Spesso, invece, sarebbero stati utilizzati per costruire cronologie o matrici fasulle, dando il via a fabbriche di falsi».
E nel Palazzo Baronale ieri sera si è sentito raccontare come l’eredità artistica di Modigliani, negli anni, sia stata tradita e violata, abusata di disegni mai fatti da lui, ma autenticati come veri, di fotocopie ad alta definizione, lasciando spazio a Mauro Cappotto, l’assessore alla cultura di Ficarra, che ama l’arte, la insegna e la conosce, – durante il suo intervento – di gettare le basi per progetti futuri e futuribili, qui a Ficarra, che possano richiamare gli stessi ospiti e gettare le basi per un “protocollo di legalità nell’arte”.. termine caro a Peppe Antoci.
E non ci fanno una bella figura i tanti autorevoli esperti d’ arte, chiamati per nome, che non si sono preoccupati di riconoscere con onestà critico-filologica l’ autografia di determinate opere, ma per superficialità o peggio per interessi personali sono diventati complici di falsari.
Alcuni, dicono gli autori del libro, si sono spinti fino «alla compilazione di documenti ufficiali, stilati e firmati […] con i quali certifica il valore e la rilevanza degli Archivi Legali Amedeo Modigliani», altri come Argan e Ragghianti che prendono cantonate nel riconoscere opere come sue quelle che poi passarono per una “bischerata”. E che forse non lo era affatto.
In una mostra allestita al Museo archeologico di Palestrina, alle porte di Roma – si legge ancora – sono esposte ventinove opere attribuite a Modì: come viene subito certificato, croste create ad hoc dal «gotha dei falsari romani» mentre correva l’anno 2010. Una vicenda simile si ripeterà nel 2017, quando, in un’ esposizione al Palazzo Ducale di Genova, verranno presentati venti quadri (su 21) grossolanamente falsificati.
Una battaglia sulla strada della legalità, quella dei nostri autori, al pari di altri, citati nel volume come Carlo Pepi e Isabella Quattrocchi, tra i più accreditati periti di tribunale nei procedimenti su falsi e falsari nel mondo dell’ arte.
«Dell’ opera di Amedeo Modigliani oggi non è rimasto granché», scrivono Mondini e Loiodice. I falsi sono ovunque anche tra musei e collezioni private di tutto il mondo.