Tra coronavirus e politicanti disuniti, l’Italia affronta la sua emergenza sanitaria…
Non perdiamo occasione per farci del male e per screditarci, cosa che abbiamo eseguito puntualmente anche con coronavirus.
Articolo di Gabriele Adinolfi
Mi riferisco all’immagine che ancora una volta abbiamo offerto di noi in una congiuntura in cui non abbiamo necessariamente sbagliato tutto, considerando che abbiamo effettuato il decuplo dei test rispetto ad altri paesi europei, il che forse spiega le cifre di contagio che abbiamo fornito.
Purtroppo però abbiamo armato la solita gazzarra pietosa.
Abbiamo messo pubblicamente in mostra l’incompetenza e il dilettantismo delle istituzioni centrali, cosa che negli altri paesi, quando si verifica, si tende giustamente a nascondere. Abbiamo generato scontri indecorosi e inopportuni tra regioni e governo in un momento in cui sarebbe servita compattezza. L’esecutivo si è coperto di ridicolo con le esternazioni altalenanti di Conte ancor più che con il virale (questo sicuramente sì) coronavairus di Di Maio. L’opposizione non ha fatto di meglio, considerato l’infantilismo sciacallesco inscenato nell’occasione da Salvini che certe volte farebbe meglio a tacere.
Ma abbiamo fatto ancora di peggio con le trasmissioni e i talk show sensazionalistici che danno spazio a tutto e al contrario di tutto. Abbiamo trasformato l’emergenza in una gazzarra piazzaiola e sguaiata senza una linea di condotta univoca né uno stile di fondo, qualunque esso sia.
Chi viaggia non ha difficoltà nel constatare, paragonando le nostre trasmissioni televisive con quelle spagnole, inglesi, austriache, francesi, tedesche, che stiamo facendo di tutto per apparire cialtroni più ancora di quanto lo siamo quando invece gli altri, tutti gli altri, si sforzano nella direzione opposta e riescono ad apparire più seri di quanto realmente siano.
Siamo vittime di noi stessi. Dell’immagine che ci siamo ritagliata addosso dopo la sconfitta e il tradimento: quella dei cialtroni, immaturi e furbetti, amari ma indulgenti con la propria debolezza, che venne immortalata dai Sordi e Gassman in versione guitta. Su quell’immagine, dopo la tragica ma almeno non cialtrona parentesi degli anni di piombo, abbiamo poi ricucito l’Italietta dei bamboccioni che si è infine sublimata in quell’obbrobrio che ritroviamo ormai in ogni nostra serie tv. Maschietti immaturi e fragili con cui hanno a che fare delle donne in cerca di una stabilità che non trovano e che devono imporre maturando per due. Queste patetiche figure, in cui gli italiani e le italiane ormai tendono a riconoscersi, dovrebbero dire – democraticamente – la loro nell’emergenza sanitaria. Lo fanno eccome…
Tra l’altro l’individualismo, la democrazia (nel senso che uno vale uno, chiunque sia) e soprattutto l’immaturità sono ormai dei vizi così diffusi e regolari che intervengono perfino nella dietrologia: ognuno lì dice la sua, trasformando spesso in buffonata e in delirio quello che potrebbe e dovrebbe al contrario fornirci delle chiavi di lettura significative, che invece finiscono in vacca.
In queste condizioni psicologiche, morali, estetiche e “culturali” l’Italia affronta oggi l’emergenza sanitaria. C’è da augurarsi che questa sia in linea con noi e si dimostri quindi una cagnara, molto più fumo che arrosto. Non fosse questo il caso, non resta che augurarci che la situazione drammatica ci possa guarire del nostro infantilismo esibizionistico e del nostro ormai endemico vivere stravaccati, strepitando e lamentandoci.
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Gabriele Adinolfi (1954), scrittore, ha militato fin dal 1968 nella destra radicale. Cofondatore di Terza Posizione è stato oggetto di tre comprovati tentativi di depistaggio in margine alla strage di Bologna. Ha vissuto vent’anni in esilio, in particolare a Parigi. Fondatore e dirigente di più centri studi (Orientamenti & Ricerca, Polaris, EurHope) ha scritto diversi libri in Italia, Francia e Spagna, si occupa di formazione e anima varie iniziative metapolitiche, in particolare i Lanzichenecchi d’Europa. Dirige, oltre alla rivista Polaris, il giornale online www.noreporter.org