ORLANDINA BASKET – Ferma gioco.. siamo tutti gentiluomini
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ORLANDINA BASKET – Ferma gioco.. siamo tutti gentiluomini

 

Per quei pochi che ancora non lo sapessero, a Capo d’Orlando accade un fatto strano. La squadra che tanti amano, alcuni invidiano, pochi odiano, l’Upea Orlandina basket, tiene banco tra appassionati e detrattori.. e fin qui, nulla di nuovo. La cosa che stupisce e, perdonatemi francamente stufa, è che non si parla di basket, perché dietro i fautori di questo o quel giocatore, non c’è alcuna articolazione critica sulle strategie utili a riportare ‘l’amatissima’ ai fasti di ieri. La questione Cardinali-Zampolli, senza nulla togliere ai due bravissimi, ribadiamo, bravissimi atleti, tende inevitabilmente a coprire ad arte, od a torto, le ragioni di fondo di un malcontento diffuso, questo si condiviso da fautori e demolitori: l’Orlandina gioca male, non cresce nonostante il lavoro svolto e gli sforzi profusi, nonostante un roster da ‘cinque stelle’. E’ questo, solo questo, il cuore della questione. Prima ancora di provare a ragionare sul gioco, di buttare il classico sasso nello stagno del bar sport, sono anch’io un allenatore della domenica come milioni d’italiani, mi preme specificare che questo intervento non mira a bacchettare la stampa, fanno bene i colleghi a scrivere, tutto, senza nulla risparmiare all’attento pubblico paladino, fa anche bene la talpa Upea a riferire stati d’animo ansiogeni e voci di corridoio, chi è nel giusto nulla teme, fa altresì bene la società e coach Perdichizzi a puntualizzare, chiarire quanto dovuto… fanno bene tutti, ma per cortesia, non toglietemi la pallacanestro con l’alibi, troppo comodo, della contrapposizione tra giocatori, non è quello il punto, non lo è mai stato, ogni ‘stella Upea’ possiede sue specifiche caratteristiche, sue particolari qualità, potenzialità, una personale vocazione tecnica utile alla causa, da spendersi, utilizzarsi per la vittoria bianco-azzurra. E’ troppo facile sostenere le proprie ragioni, anche legittime, nascondendosi dietro nomi altisonanti come quelli dei ragazzi a “cinque stelle”.

Ciò premesso, dico la mia, che nulla pretende, che vuole solo essere uno spunto di riflessione, un contributo alla causa, pur sapendo di non essere assegnataria di patentino Fip: Questa odiosa, antipatica Dna, grazie Roma per i regali che spesso ci concedi, non è poi così diversa dalla buona, vecchia, rassicurante, classicissima B1, certo, la presenza di tanti giovani aumenta il coefficiente di difficoltà specie nella gestione del gruppo, ma lavorare con i ragazzi è una vocazione che nessun patentino ti conferisce di diritto. Se partiamo quindi dal presupposto che il nostro campionato non è altro che una B1 Young, allora dobbiamo giocarla così, senza far toccare la palla a terra. Parlo di una pallacanestro veloce, rapidissima, grandi volumi occupati in area da tre secondi e passaggi fulminei in fase d’attacco. In B1 non si concedeva né tempo, né spazio, tempo agli schieramenti difensivi, spazio in zona blu. Spazio e tempo ed i ragazzi Upea possono essere funzionali a questo tipo di gioco, a dirla tutta, un progetto tattico già visto, attuato al PalaFantozzi, giusto qualche mese fa. Questo il mio pensiero, espresso in sala stampa a coach Perdichizzi che in merito risponde: “State parlando senza aver visto la partita – parlo delle gare disputate fin ora, della scelta tattica di gioco – Parlo della partita di Perugia, Alessandri ha giocato la migliore gara da quando è a Capo d’Orlando, tanto in attacco e soprattutto in difesa. Ripeto, le scelte sono fatte in funzione dello stare in campo, di come si sta in campo, dell’utilità, dei vantaggi che può avere la squadra con determinati giocatori in campo, partita per partita. Abbiamo due playmaker completamente agli antipodi, uno più giocatore, l’altro più giocatore d’istinto, dipende da quello che la partita richiede. – Non sono interessata ad un confronto Alessandri/Albertinazzi, dico semplicemente che, avendo giocato qualche partita, abbiamo un’idea di come può essere affrontato questo campionato, l’ipotesi è che non sia così lontano dalla vecchia B1, categoria che si giocava senza palleggio – La vecchia B1 l’ho fatta, l’ho anche vinta due volte ed avevo un playmaker che palleggiava dalla linea di fondo campo fino alla linea dell’altro fondo campo, si chiamava Parente, play di quelli che portano palla, palleggiano, la sanno passare molto bene, uno insomma che usa molto il palleggio anche per passare, eppure con Brindisi si è vinto il campionato, non significa niente. Noi, sicuramente, nella pallacanestro moderna, dobbiamo prediligere la diminuzione dell’uso del palleggio e se venite a vedere gli allenamenti, noterete che ci stiamo lavorando. Vorremmo essere più agili in attacco nel muovere la palla, mettere più in difficoltà la difesa muovendo la palla, perché il palleggio non fa altro che dare respiro alla difesa ed è una cosa su cui stiamo lavorando, però in una partita come quella giocata a Perugina e quella precedente contro Trieste, dove siamo andati vicino agli 80 punti, parlare d’attacco mi sembra superfluo, l’autocritica la dobbiamo fare in merito al fatto di concedere tanti punti. Ci sono però grandi margini di miglioramento e possibilità di lavorarci su ed è quello che stiamo facendo” Questo il pensiero di Giovanni Perdichizzi.

Ecco.. di questo voglio riprendere a parlare, di pallacanestro, qualunque sia l’idea, la valutazione che ciascuno ritiene di dover fare, del resto chi vince ha sempre ragione, gli altri no.

12 Novembre 2011

Autore:

admin


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