“Mor Diop e Samb Modou vivono”. Com’era prevedibile, non poteva che essere dedicato ai due senegalesi, vittime a Firenze del fanatismo criminale e xenofobo, lo striscione esposto sul mezzo che faceva da battistrada al corteo organizzato ieri a Messina, in occasione della “Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti rifugiati e sfollati”, promossa a livello planetario dal forum sociale mondiale di Dakar.
Centinaia di persone, che nella parte centrale del tragitto, secondo gli organizzatori, hanno raggiunto le cinquecento unità, hanno percorso le vie del centro partendo da piazza Antonello, proseguendo lungo corso Cavour, via Tommaso Cannizzaro, via Cesare Battisti, via I Settembre, via La Farina, per risalire ancora lungo la via Tommaso Cannizzaro, e concludere il corteo, dopo aver percorso la via Garibaldi, con un sit-in davanti alla Prefettura.
Un risultato soddisfacente, considerata la domenica pre-natalizia, peraltro condizionata dal cattivo tempo che aveva condizionato la mattinata. Ed al diradarsi delle nuvole, che hanno lasciato un po’ di spazio agli ultimi timidi raggi di sole della giornata, sono state le consuete bolle giganti di Circobaleno a dare spettacolo alla partenza, svolazzando qua e là per la piazza, regalando un bel colpo d’occhio.
Era previsto un 18 Dicembre pieno di contenuti e partecipazione, e così e stato. Si è manifestato, in generale, per i diritti umani, sociali e politici, chiedendo a gran voce che ogni cittadino del mondo, senza distinzione di sorta, possa decidere che indirizzo dare alla propria vita nel costruirsi un futuro.
In altre parole, chiedendo una “cittadinanza universale”, nel segno tangibile e sacrosanto di un’uguaglianza tra i popoli del mondo della quale a tutt’oggi, nonostante le sventolate “conquiste” civili, vi è solo poca traccia.
A Messina, poi, come in tutte le altre città, la manifestazione ha assunto i significati dettati dalle esigenze del territorio, che in riva allo Stretto non si fa altro che portare in piazza ripetutamente, visti i tempi bui che si stanno attraversando.
Precarietà e lavoro nero con disagi accentuati da una crisi finanziaria pagata dalle classi più deboli; la fragilità di un territorio, saccheggiato dalle speculazioni edilizie, che registra, anno per anno, l’aumento del numero delle vittime sotto il fango causato dal dissesto idrogeologico, e che vede incombere un’opera devastante come il Ponte sullo Stretto; il dramma quotidiano delle migliaia di migranti costretti, anche loro, al lavoro in nero, sottopagati e soggetti a ricatti, vittime di un’organizzazione sociale ed economica fondata sul profitto e sullo sfruttamento.
Questi, in sintesi, alcune delle tante rivendicazioni, che assieme ad altre per il riconoscimento di svariati diritti negati ai migranti in Italia, sono stati i temi centrali della manifestazione, che ha avuto nella lotta per il “bene comune” un unico filo conduttore come fattore fondamentale di convivenza civile nel nostro e negli altri paesi.
Non a caso le due “anime” organizzatrici della manifestazione messinese, sono state il Circolo Arci “Thomas Sankara” e la Rete No Ponte – Comunità dello Stretto, che hanno costituito un fronte comune, riunendo tante realtà cittadine.
Ed è in questo senso che verte il documento diffuso da quest’ultima, in vista della manifestazione, in cui si citano tante questioni aperte, tralasciate colpevolmente dalla classe politica locale, tra cui “la sicurezza di avere un saldo terreno sotto i piedi”, che vale per tutti, indistintamente, trattandosi di una frase che si offre, anche sotto forma di metafora, a tante interpretazioni, in un “territorio che inizia a produrre un nuovo tipo umano: lo sfollato”. Occorre, dunque, riunire le forze per ribadire un secco No al Ponte sullo Stretto e provvedere a mettere in sicurezza il territorio, partendo da un’azione imprescindibile: la chiusura della Stretto di Messina Spa.
Diritti civili ed esigenze di carattere più specificatamente territoriale, hanno costituito così un unico terreno da difendere e per cui battersi marciando in segno di protesta, urlando slogan ed esibendo striscioni, alcuni dei quali dai forti contenuti, esposti a sorpresa durante il corteo in luoghi-chiave: “O la borsa o la vita”, portava scritto quello attaccato al cancello della Banca d’Italia e “Dimissioni”, rivolto a Buzzanca ed alla sua Giunta, quello esposto davanti a Palazzo Zanca, proprio sotto l’enorme, sfarzoso albero di Natale, allestito in piazza Unione Europea, come ad auspicare un “regalo” desiderato da tanti Messinesi.
Alcuni lavoratori migranti, spinti dalla rabbia e dal dolore per quanto successo a Firenze, e qualche giorno prima a Torino, per fortuna senza vittime, si sono improvvisati speaker, esprimendo dal microfono, alternandosi agli attivisti No Ponte ed a quelli dell’Arci, la propria indignazione per ciò che riguarda la loro condizione nel nostro Paese.
Tra le problematiche maggiori, c’è la negazione del permesso di soggiorno per chi, non lavorando come badante, non è rientrato nella sanatoria; le lungaggini e le complicanze esistenti per il rilascio del permesso di soggiorno e per il ricongiungimento familiare; le ristrettezze imposte dalle leggi sull’immigrazione attualmente in vigore, ivi compreso il famigerato “pacchetto sicurezza”. Tutte questioni che relegano le persone migranti in uno stato di marginalità sociale.
“Se ci sono troppi disoccupati la colpa è dei governi e non degli immigrati”, gridavano, tra l’altro, i manifestanti, seguendo chi lanciava gli slogan dal microfono, alternando “governi” con “padroni”, lasciando così, a ciascuno, facoltà nel saper trovare la differenza, ammesso che ce ne fosse.
“La storia dell’Italia ce l’ha insegnato: emigrare non è reato” recitava un altro significativo slogan volto a rinfrescare la memoria di alcuni, mentre “ho la pelle scura, ma non metto paura” lo gridavano coloro i quali sono ancora oggi costretti a fare breccia dentro l’oscurantismo mentale e la coscienza di certa gente.
Durante una pausa del corteo, è stato approntato un collegamento telefonico con gli operai dei cantieri navali che a Trapani stanno occupando da giorni, affrontando mille disagi, la nave petroliera “Marittimo M.”: “Lottare sempre, arrendersi mai, vi auguriamo ogni bene”, è stato il saluto portato da uno di loro e diffuso dall’altoparlante.
Patrizia Maiorana, vicepresidente dell’Arci messinese, dal microfono della manifestazione ha ribadito, a chi non l’avesse ancora fatto, di aderire alla campagna “L’Italia sono anch’io”, attraverso la firma dell’apposita petizione per i diritti di cittadinanza e partecipazione politica dei migranti.
Sefora Adamovic’, giovane ed intraprendente studentessa nata in Sicilia da genitori serbi, che dopo tante peripezie è divenuta finalmente cittadina italiana, prendendo la parola dallo stesso microfono ha citato “Terraferma”, bellissimo film di Emanuele Crialese, tramutando il titolo in “Terra nostra”: lapsus freudiano, neanche a dirlo, da applausi.
Testi e foto di Corrado Speziale