Ad aprire la serata i più piccoli, con un lavoro impostato sulla riscoperta di fantasia e creatività. Sul palco erano in tre ma il lavoro è cominciato «con una ventina di ragazzi di quarta e quinta elementare – racconta Ivana Zimbaro che ha diretto il laboratorio – Personalità diverse rispetto a quelle con cui sono abituata a lavorare a Messina – sottolinea Ivana prima dello spettacolo – Con più voglia di mettersi in gioco, di raccontare, senza il timore della “brutta figura”».
Racconti di guerra, consuetudini di vita vissuta, le tradizioni, le filastrocche, canzoni e preghiere, e le esperienze più intime e personali vissute dagli anziani di Pagliara, Rocchenere e Locadi, nel secondo saggio della serata, costruito in compagnia di quattordici, entusiasti, attori per una notte, da Tino Caspanello con la collaborazione di Annamaria Raccuja, Martina Morabito, Vincenza Di Vita e Mario Ferrara, allievi di scrittura di Officina Performativa. Microstorie che s’intrecciano con le macrostorie d’Italia, come la strage delle Fosse Ardeatine. Il tutto in un pastiche linguistico che mescola siciliano, il dialetto della Valle del Dinarini, l’italiano e recupera il grande patrimonio dell’oralità degli anziani.
In chiusura, il laboratorio teatrale rivolto ai giovani. Cinque ragazzi tra i 25 e i 35 anni, diretti da Luca Fiorino, hanno deciso di mettersi in gioco e salire sul palco. In scena hanno portato le loro urgenze comunicative, hanno dato corpo e voce alle loro necessità interiori. Hanno scelto di esprimersi con un gesto, una forma, un suono, una frase che sintetizzasse per il pubblico temi quali il precariato, l’incomunicabilità, la condivisione, la libertà sentimentale, esperienze di vita familiare.
Trenta minuti di teatro dell’anima, che ha sopperito all’assenza di professionalità, musiche e luci con racconti dalla vita vera.
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