Apre al pubblico il prossimo 7 ottobre negli spazi espositivi di ZAC Zisa Arti Contemporanee di Palermo, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo in coproduzione con il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano.
l’esposizione è curata da Diego Sileo e Giacomo Zaza e organizzata da ruber.contemporanea . Il coordinamento progettuale è di Antonio Leone e Giulia Ingarao – allestimento a cura di Giuseppe Pulvirenti – in collaborazione con l’accademia di belle arti di Palermo/dipartimento di comunicazione e didattica dell’arte.
è la seconda tappa della collaborazione tra le due istituzioni dopo la personale della performer guatemalteca Regina José Galindo nel 2015.
A ZAC, durante l’opening della mostra, a partire dalle 18,30, il performer Carlos Martiel
presenterà un’azione inedita dal titolo Plaga.
La mostra, che traccia una linea guida sull’arte cubana, dentro e fuori dell’isola, vede la partecipazione di 31 artisti cubani tra i più noti e influenti nel panorama artistico internazionale, attivi dalla fine degli anni Settanta in poi, più della metà dei quali oggi vive e lavora a L’Avana: Juan Carlos Alom, Tania Bruguera, María Magdalena Campos-Pons, Javier Castro, Celia-Yunior, Susana Pilar Delahante Matienzo, Ángel Delgado, Humberto Díaz, Carlos Garaicoa, Luis Gárciga, Luis Gómez Armenteros, Antonio Gómez Margolles, Félix González-Torres, Ricardo Miguel Hernández, Kcho, Tony Labat, Ernesto Leal, Reynier Leyva Novo, Los Carpinteros, Meira Marrero & José Toirac, Carlos Martiel, Ana Mendieta, Reinier Nande, Glexis Novoa, Marta María Pérez Bravo, Eduardo Ponjuán, Wilfredo Prieto, Grethell Rasúa, René Francisco Rodriguez, Lázaro Saavedra, Tonel.
Cuba è nell’immaginario collettivo luogo utopico e di contraddizioni: simbolo di resistenza per alcuni, di protesta per altri. Accostare lo sguardo a un Paese estremamente complesso come Cuba e alla sua esperienza artistica più recente non consente di omettere la dimensione politica e storica del Paese, soprattutto in relazione a quanto avvenuto nell’ultimo cinquantennio. Esperienze tanto specifiche e peculiari che si riflettono sulla stessa espressione artistica, in cui il confine geografico o politico agisce come elemento di connessione attivando riflessioni contrapposte. Dinanzi a così tanti elementi di natura e ordine diverso, che insieme confluiscono definendo le contraddizioni che poi sono la storia di un popolo, non resta che guardare al frammento; analizzare il particolare, senza avere la pretesa che sia il riflesso dell’universale, ma con la consapevolezza che ne costituisce un segmento necessario.
Come spiegano i curatori della mostra Diego Sileo e Giacomo Zaza, «Ogni frammento segnala il cambiamento e il rinnovamento dei sistemi di realtà nel tessuto cubano. Tutti i “frammenti” scelti per la mostra, tra analisi antropologica e sociale, tra azione critica e speculazione riflessiva, tra intervento pubblico e documento etnografico, metteranno a setaccio le verità e le illusioni del mondo cubano, la sua insularità, facendo eco anche alle voci delle comunità cubane fuori dai confini. Pertanto l’arte non può che essere un coacervo di introspezioni, archivi personali, spazi di rivolta, in dialogo con i fenomeni del tessuto ordinario dell’esperienza e i difficili processi post-rivoluzionari».
La mostra parte da un omaggio a Ana Mendieta e Félix González-Torres, attraverso una vasta selezione di opere e installazioni di artisti attivi dalla metà degli anni Settanta del Novecento in poi, traccia un percorso che lega presenze più storicizzate con le ricerche delle ultime generazioni (artisti nati negli anni ‘80 e ‘90).
Il percorso espositivo di CUBA. Tatuare la storia disegna una costellazione di modi diversi di sentire l’appartenenza alla terra/paese. Dal legame ancestrale di Ana Mendieta, si passa a un rapporto di conflitto, sperimentato attraverso la denuncia, che mira a rompere le barriere, come nell’opera di Tania Brugera. O, come testimonia la produzione di Kcho, la relazione si basa sulla ri-costruzione dell’identità locale che avviene tramite la metabolizzazione dalla memoria e dalla storia dell’isola. In alcuni casi il rapporto con la terra è trattato in chiave più autobiografica ed etnografica come nell’opera María Magdalena Campos-Pons. Wilfredo Prieto attinge nel suo lavoro dalla società cubana, con cui mantiene un rapporto intenso seppur critico. Nei suoi lavori, attraverso oggetti d’uso quotidiano e apparentemente banali, inscena rappresentazioni che invitano ad una riflessione più ampia sulla società globalizzata, sulla mercificazione e il consumismo. Carlos Garaicoa, attraverso una costante indagine archeologica sulle città e sulle rovine dell’Avana, elabora una dimensione geografica come mappatura e paradigma di una situazione esistenziale e culturale.
L’esposizione valorizza molto il rapporto tra la ricerca individuale dell’artista e la realtà sociale in cui essa si sviluppa, tra il luogo dell’arte e il mondo esterno. Un’attenzione al tessuto sociale del territorio che, in alcuni casi, mira a dialogare con i luoghi/paesi in cui le opere vengono esposte e che in quest’ampia collettiva è testimoniata da due performance e un’installazione.
Luis Gómez Armenteros nei suoi lavori si concentra sui rapporti di potere nell’arte; nell’installazione pensata per Palermo propone una vera e propria disamina della produzione pittorica delle ultime generazioni. Un’installazione che, attraverso fotografie e strumenti di lavoro, documenta spazi, tecniche e processi creativi degli artisti attivi a Palermo: un dialogo filtrato che si basa su dati concreti per restituire visivamente e in modo sintetico l’approccio soggettivo alla creazione. L’installazione verrà realizzata con il contributo di alcuni artisti attivi a Palermo: Sergio Amato, Marcello Buffa, Andrea Buglisi, Gabriella Ciancimino, Stefania Galegati Shines, Gennari Ruta, Marco Mirabile, Igor Scalisi Palminteri, Linda Randazzo, William Marc Zanghi.
Il performer Carlos Martiel (1989) presenta a Palermo, in occasione dell’inaugurazione, un’azione inedita dal titolo Plaga. Le sue performances, spesso estreme e dal carattere eversivo proprio della denuncia, richiedono grande capacità di sopportazione del dolore fisico e sono incentrate su temi politici legati alla privazione della libertà. La performance Plaga riflette sulla diffusione delle politiche neonaziste e della xenofobia nei paesi europei, come risultato della crisi economica e delle politiche razziste contro le minoranze etniche. Anche Susana Pilar Delahante Matienzo nella sua performance Reterritorialización lavora sul disorientamento individuale o collettivo che implica lo scambio culturale tra chi è accolto e colui che accoglie. “Durante l’azione – spiega Pilar – scambio i peli pubici con i miei capelli: una performance che mira al recupero del legame con la storia, usi e costumi a prescindere dal luogo in cui il soggetto si trovi”.
Il catalogo, pubblicato da SilvanaEditoriale, contiene testi ineditidei due curatori e dell’artista e critico d’arte Tonel, oltre a un ricco apparato iconografico.
Per la performance di Carlos Martiel si ringrazia per il sostegno: Galleria Rossmut – Roma
Per la performance di Susana Pilar si ringrazia per il sostegno Galleria Continua – San Gimignano, Beijing, Les Muolins, La Habana.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.