Nel 25° anniversario della strage Via D’Amelio, al Teatro Antico di Segesta, uno spettacolo promosso dall’Associazione Nazionale Magistrati e dalla Commissione Parlamentare Antimafia
Il 25° anniversario della strage di Via D’Amelio, in cui furono uccisi il Giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, verrà ricordato non solo a Palermo ma anche al Teatro Antico di Segesta. Mercoledì 19 luglio, alle ore 19.30, nella cornice millenaria del Teatro Antico di Segesta, l’Associazione Nazionale Magistrati – con l’organizzazione della Sezione distrettuale di Palermo e della Sottosezione di Trapani – e la Commissione Parlamentare Antimafia commemoreranno il XXV anniversario della strage di Via D’Amelio con la rappresentazione teatrale “MAFIA: SINGOLARE, FEMMINILE.” di Cetta Brancato e Marzia Sabella.
Lo spettacolo sarà preceduto dagli interventi dell’On. Rosy Bindi, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, e del dott. Eugenio Albamonte, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati.
La pièce sarà interpretata da Stefania Blandeburgo, Maria Teresa Coraci, Giusy Frallonardo e vedrà la partecipa-zione di Alessandra Camassa, magistrato, presidente del Tribunale di Marsala. La regia è di Luigi Taccone.
Lo spettacolo – “Mafia: singolare, femminile.” è un’opera teatrale composta da monologhi, scritta da Cetta Brancato* – scrittrice e drammaturga – e da Marzia Sabella*, magistrato, autrice del libro “Nostro Onore. Una donna magistrato contro la mafia” (Einaudi, 2014) dal quale la pièce è liberamente tratta. Un testo nel quale, tra l’altro, si raccontano alcune storie vere, sbucate dalle carte processuali, di donne appartenenti, in qualche modo, all’universo mafioso. Storie al femminile, poco conosciute che, tuttavia, per la loro intensità e, soprattutto, per la loro “normalità”, finiscono per descrivere i prototipi delle donne di mafia. Il filo rosso che unisce i monologhi è costituito dalla voce del magistrato donna, la quale, per il suo lavoro le “ha conosciute”, incontrandole nei verbali, nelle aule di udienza, nelle sale colloquio dei penitenziari, nelle intercettazioni.
Nella rappresentazione, la magistrato interviene sia all’inizio che al termine della rappresentazione. In apertura, per ricordare che, sebbene si sia sempre creduto che le organizzazioni mafiose siano formate da soli uomini, sono le donne, però, a costituire l’essenza, “il cielo e la terra”, della mafia; così come aveva intuito Paolo Borsellino il quale, nonostante ebbe a confrontarsi con una mafia ancora più rurale e violenta e con imponenti indagini al maschile, aprì la porta dei processi ad una ragazzina, Rita Atria, segnata dalle esperienze di sangue e che volle affidargli il ruolo paterno di tutela della sua coscienza. In chiusura, il magistrato interviene ancora per ricordare, dopo la dolorosa passerella di figure comunque tragiche, che le donne che vivono e nutrono di mafia, potrebbero, se solo lo volessero, scardinare l’universo mafioso.
“Dopo un quarto di secolo di commemorazioni, forse è ancora possibile ricordare Paolo Borsellino in un modo diverso. E cioè vicino alle donne di Sicilia. E accanto a quella che non poté che raggiungerlo in una frontiera senza asprezza di terra, ma davvero nell’altra metà del cielo”.
Note di regia
Sulla terrazza di un albergo romano si incontrano Luigi Taccone, regista televisivo e Marzia Sabella, una donna magistrato palermitana, consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, che ha scritto, insieme alla scrittrice siciliana Cetta Brancato, un testo teatrale che tratta di donne legate alla mafia. Da questo incontro nasce una serie di fortunate coincidenze di pensiero e azione, che daranno vita alla
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