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PATTI – Convegno dal tema “Sfida educativa”

“Sfida educativa”: tematiche a confronto sul ruolo e i compiti dell’educatore nel terzo millennio.

di Ornella Fanzone

Sabato 29 maggio 2010 a Patti, presso l’Auditorium del Seminario Vescovile di Patti, alla presenza di un numeroso e attento pubblico, si è svolto il convegno dal titolo “Sfida educativa”.

A moderare i lavori è stato preposto Mons. Giovanni Orlando, Direttore dell’Istituto Teologico-Pastorale e Vicario Generale della Diocesi di Patti, che prima di dare la parola ai relatori, ha introdotto, per i saluti di prassi, l’insegnante Rita Serio, presidente A.I.M.C di Patti, l’insegnante Antonina Adamo, consigliere nazionale A.I.M.C ed infine l’ingegnere Antonino Musca, presidente del Rotary International Club di Patti Terra del Tindari.
Successivamente hanno preso la parola i singoli relatori.
Il primo ad intervenire è stato il professor
Michele De Maria, dirigente scolastico di Avellino, che ha trattato il tema “Scuola, società e famiglia di fronte alle sfide educative del terzo millennio”. Partendo dal contenuto di una recente lettera del Santo Padre Benedetto XVI, ha sottolineato che l’educazione, nella società, deve garantire il benessere umano, spirituale e sociale delle nuove generazioni. Come dice Piaget, “la conoscenza è strumento di crescita, è l’unica esperienza che consente all’uomo la realizzazione della piena libertà morale”.
L’educatore oggi, – secondo De Maria – nella fattispecie l’educatore cattolico, si trova a dovere, con coraggio, smantellare un costrutto di messaggi devianti da cui i giovani vengono costantemente bersagliati. Fornendo esempi e contenuti, senza abdicare alla genitorialità all’interno della famiglia e recuperando, all’interno dell’altra importante agenzia educativa che è rappresentata dalla scuola, quel ruolo di guida culturale, convinta e attenta all’ascolto, che insegni ai giovani attraverso l’acquisizione degli strumenti conoscitivi, ad affrancarsi e ad imparare a discernere con piena consapevolezza, i vari disegni di vita, ritornando a quella dimensione di piena fiducia nell’essere umano, oggi messa fortemente in crisi.
Il secondo relatore è stato il professore Michelangelo Gaglio, docente presso il Liceo Classico di Patti. Gaglio, attraverso la sua esperienza di insegnante, ha articolato il suo intervento su diversi punti focali concernenti il compito che deve assolvere la scuola se non vuole perdere l’importante sfida educativa. Ha sottolineato che oggi purtroppo la scuola tende a rafforzare, allineandosi con le tendenze della società, l’individualismo esasperato, identificabile nella spinta alla competizione, che genera negli studenti rivalità e inevitabilmente malessere generale.
I docenti – ha evidenziato Gaglio – sono ridotti a meri notai che registrano le posizioni dei concorrenti, contribuendo così a costruire, come dice lo psichiatra Vittorino Andreoli, una sorta di “società del nemico” quando potrebbero invece contribuire a costruire una “società del noi”. Oggi la scuola attraversa una profonda crisi. Gli alunni vengono accostati chiedendo loro soltanto una docile e innaturale ubbidienza, che è cieca omologazione, appiattendoli in un anonimato che li fa sentire dei numeri. Il professore Michelangelo Gaglio ha colto come indispensabile abituare i ragazzi invece alla disubbidienza critica, controbattendo il conformismo acritico, aiutandoli a pensare con la loro testa. Contrastare la cultura dell’hic et nunc, che sottraendo all’uomo la sua dimensione storica, dice Gaglio, citando Cicerone, lo condanna ad una eterna fanciullezza. Educare è aiutare a trasformare. Facendo riferimento ad alcuni versi di una poesia di Danilo Dolci che afferma: “sognare gli altri come non sono … ciascuno cresce se sognato”.
L’educatore, ribadisce Gaglio, è oggi chiamato ad un’imprescindibile e piena responsabilità personale; deve essere foriero convinto ed entusiasta di conoscenza, veicolatore, in prima persona, di quei messaggi che lentamente possono avviare cambiamenti significativi, migliorativi di tutta una società.
Recuperare il ruolo di “maestro” significa sottrarsi al mero e sterile ruolo di “accompagnatore” nell’acquisizione di tecniche che rischiano così di assurgere immeritatamente a contenuti dell’esperienza culturale. E, inoltre, la scuola del valore e del merito, è quella dimensione culturale nella quale famiglia e scuola accettano la sfida di essere protagoniste del processo educativo, in un patto di corresponsabilità pieno.
Educare alla scuola dei valori, per fornire le risposte che i giovani cercano, di cui hanno una fame disperata. Senza queste risposte, che accendano la passione per il sapere, se la scuola non riesce a fare innamorare di sé, i giovani saranno inevitabilmente tentati dalla cultura nichilista, ovvero, dal fare propria una realtà esistenziale priva di entusiasmo e di speranza, fondata sulla disillusione, con un approccio triste e rassegnato verso il loro percorso futuro. In una società individualista, edonista e relativista, che individua nel successo e nel denaro gli unici obbiettivi ispiratori, da educatori cristiani, la sfida è doppia ed ancora più delicata in quanto prevede la proposizione, rivoluzionaria proprio perché contro-tendenza, di quei valori che progressivamente si avviano verso un inesorabile processo d’estinzione, quali la solidarietà, l’impegno, lo spirito di sacrificio, la lealtà, la giustizia.
Unici valori suscettibili, assieme ad innumerevoli altri che collegano l’uomo alla sua dimensione spirituale più alta, di fornire “costruzione” solida all’individuo che si affaccia alla vita. “L’educatore”, citando il pedagogista Carmelo Impera, afferma Gaglio, ”deve essere” infatti “profeta e testimone di gioia”. Ha degli obblighi, non può essere timido davanti ai suoi obbiettivi, bensì coraggioso e coerente. Instancabile testimone di speranza e, se cristiano, di speranza cristiana.
Essere maestro di cultura, ma nel contempo, maestro d’amore. La scuola e la società oggi hanno bisogno di Maestri. Perché hanno bisogno d’Amore.
Gaglio ha concluso citando i bellissimi versi di Bertolt Brecht: “Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili”.
Sono seguiti l’intervento conciso ma estremamente efficace della professoressa
Lucia Di Mario, già docente del liceo classico di Patti. Nella doppia veste di insegnante e di madre, ha affermato che essere educatori oggi è arduo, ma non impossibile purché la famiglia e la scuola riaffermino pienamente il loro ruolo di “sentinelle-guida” per fornire chiavi di lettura efficaci e produrre formazione critica nei giovani. “Siamo gli adulti- dice la Di Mario- che inquiniamo i giovani, che, invece, sono naturalmente portati al bene, al giusto, al bello”.  Proporre stili di vita coerenti con ciò che si insegna, abituando con amore a credere nelle mille potenzialità presenti nell’uomo. Insegnare a credere nella capacità di “risorgenza”, lasciandosi i naufragi alle spalle, nei momenti difficili che inevitabilmente ci si troverà a fronteggiare.
Ha concluso infine citando Quintiliano: “I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”.
Paola Isgrò, studentessa del III liceo classico a Patti, ha sottolineato la necessità che all’interno della scuola si dia importanza all’ascolto dei tanti dubbi, delle tante domande che i giovani si pongono. Gli studenti esprimono essenzialmente la necessità di trovare nell’insegnante, una guida, che li formi, dia fiducia e non una persona ossessionata dal registro e dallo svolgimento del programma.
Che a scuola magari si “faccia” di meno per imparare di più e con gioia.
La Sgroi, con molta convinzione ha affermato che la scuola deve stupire. L’insegnante, come da significato etimologico, deve “lasciare segni”, deve, ha detto provocatoriamente, ma in maniera estremamente significante, trasmettere un modello  capace di “sconvolgere la vita”.
La dott.ssa
Samantha Manera, animatrice di comunità del Progetto Policoro nella Diocesi di Patti, ha infine toccato sinteticamente i punti concernenti la scuola e il mondo del lavoro, asserendo l’importanza dell’accoglienza e della cooperazione, mettendo se stessi a disposizione dei soggetti più deboli della società.
Ha concluso i lavori, S.E.Rev.ma
Mons. Ignazio Zambito, vescovo di Patti che ha riannodato i fili delle relazioni svolte sull’importante tematica oggetto del convegno.
Il suo discorso di chiusura è stato indirizzato verso un fermo messaggio di speranza, sulle concrete potenzialità dell’educatore anche in una società, come l’attuale, che per le sue caratteristiche, potrebbe spingere alla sfiducia.
Il Vescovo ha dunque ribadito che l’educare è una sfida difficile, si sa, ma ciò non significa debba considerarsi impossibile, lì dove invece è doveroso sentirsi tutti coinvolti in prima persona, con coraggio, fede, entusiasmo e con la convinzione che nell’educare si debba individuare la forma d’investimento sicuramente più redditizia, poiché si formano le generazioni del futuro.

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