intanto lo segnaliamo
Era un segno di memoria importante, condivisa e profonda, quella stele di legno che per 14 anni ha vegliato nello slargo di via Carrubbera.
Un piccolo monumento, ma dal grande significato, che ricordava i Martiri di via Fani: gli agenti della scorta di Aldo Moro, trucidati brutalmente nel 1978 durante uno degli episodi più drammatici della storia italiana. Ogni anno, in occasione della ricorrenza dell’eccidio, un mazzo di fiori veniva deposto ai suoi piedi.
Con il tempo i segni di incuria si erano fatti evidenti, il legno andava ripulito, risistemato, lucidato, ma nulla di irrimediabile e fino a che un giorno la stele era lì. Poi, durante i lavori di maquillage dei marciapiedi del paese, è semplicemente sparita.
Ci si aspettava che venisse ripristinata tempestivamente, abbiamo aspettato, ma le settimane sono passate.
Ci sono luoghi, simboli e momenti che, più di altri, incarnano la memoria collettiva.
Quel cippo, posto in un’aiuola, era uno di questi.
Costituito da quattro pezzi di legno sagomati e una scritta composta da chiodi che sembravano proiettili, rappresentava molto di più di un semplice monumento commemorativo. Era un’espressione della “pubblica” memoria brolese, un gesto di impegno, denuncia e, perché no, di coraggio.
L’idea della stele nacque a Pierluigi Gammeri e Massimo Scaffidi, ed era stata adottata dall’allora sindaco Salvo Messina e dall’associazione Sak Be. Erano gli anni, caratterizzati da un clima caldo e avvolgente di grande primavera culturale e di dibattito politico che pervadeva la città. I giovani del tempo ricordavano, attraverso figure come Peppino Impastato, un’Italia che voleva cambiare, che desiderava un futuro libero dal terrorismo e dalle ingiustizie.
La stele, come già detto, avrebbe certamente avuto bisogno di una rinfrescata, di essere ripulita e restaurata per ridare vigore al legno segnato dal tempo. Ma da qui a vederla sparire in un attimo ce ne passa.
La sua scomparsa lascia un vuoto non solo fisico, ma anche simbolico, privando la comunità di un punto di riferimento importante per la memoria storica.
Quella stele nacque parallelamente a un altro monumento, quello che è stato definito “la loggia dei poeti”, un “balcone sul mare” dedicato a Peppino Impastato, anch’esso opera di Pierluigi Gammeri.
Due atti d’amore, due simboli per onorare chi ha perso la vita per un’Italia normale, per un ideale di giustizia e libertà.
Nel corso degli anni, la stele per i Martiri di via Fani si affiancava ad altri monumenti, come quello per il Giudice Rosario Livatino e il più recente a quello dedicato ai giudici Falcone e Borsellino ed agli uomini delle scorte tragicamente uccisi, realizzato dall’amministrazione Laccoto su progetto dell’architetto Pippo Ricciardi.
Monumenti che insieme costruiscono un percorso della memoria, un omaggio a tutte le vittime del terrorismo e delle mafie.
un’altra storia
Un’idea corale era anche quella di un monumento dedicato a tutte le vittime del terrorismo.
Un progetto che coinvolse personalità di rilievo come Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, e che mirava a far riflettere su un periodo storico doloroso ma fondamentale per comprendere la nostra società. Questo progetto andava oltre la semplice commemorazione, puntando a un’iniziativa editoriale e culturale che, anno dopo anno, avrebbe ricordato e svelato storie e misteri degli anni di piombo.
nulla è perduto
Ora, nel segno che nulla è perduto, sorge spontanea la domanda: perché quella stella è stata rimossa? E, soprattutto, c’è la speranza che possa essere recuperata, restaurata e riposizionata nel luogo che per tanti anni ha occupato, o in un altro ugualmente idoneo?
Siamo ottimisti. Pensiamo di si. Aspettiamo, ben lieti di aggiornare l articolo.
Anche per rispetto, per umanità, per senso del dovere verso chi ha dato la vita per un ideale di giustizia e per chi oggi continua a credere nella necessità di ricordare.