Classe 1929, il 25 Maggio avrebbe compiuto 91 anni. E’ andata via in punta di piedi. La ricordiamo così, lievemente, nelle parole di Basilio Scaffidi: “Citta”, per tutti noi era e rimarrà per sempre la parola più dolce dopo quella di “mamma”.
Si chiamava Francesca Armenia. Così, con questo nome è difficile identificarla… per tutti da sempre è stata “Citta”.
Oggi la definiremmo una splendida donna di famiglia tra la baby sitter e la governante vecchio stampa. Lei è stata molto di più.
Il ricordo di chi è cresciuto con lei, vedendosela sempre al suo fianco come una sorella, una zia, un’amica, una baby sitter, una confidente alla quale raccontare segreti, farsi consolare, trovandola sempre complice,, pronta a fare “u cummogghio“, e fedele protettrice dei segreti adolescenziali.
Così infatti la ricorda Basilio Scaffidi.
“Citta” è stata testimone del secondo conflitto mondiale e di innumerevoli mutamenti storici che si sono susseguiti dal dopoguerra ai giorni nostri anche in quella Brolo che lei, fino all’ultimo ha amato guardare dal balcone di casa nostra.
Alla signorina poco importava dei grandi cambiamenti storici e sociali, lei era una donna semplice dall’animo puro, lei era semplicemente “Citta”. Quel nome che la piccola ed ancora in fasce Vincenzina – mia madre – le ha attribuito nel tentativo di dire “Ciccina”.
A casa di Vincenzina, Citta ci ha trascorso più di 70 anni. Era la più anziana della casa dopo l’Avvocato Basilio Germanà, non solo in termini anagrafici, ma anche per la permanenza.
L’Avvocato, infatti, avrebbe conosciuto la sua futura moglie – la signora Pina – solo nella seconda metà degli anni 60’, quando Ciccina (così era chiamata ancora) ci abitava da quasi un ventennio.
Generazioni di amici hanno conosciuto Citta: gli amici di Vincenzina, di Francesco, poi i miei e quelli di mia sorella Angela.
Tutti hanno assaggiato il suo leggendario torrone, le sue crocchette di patate, “u biancu manciari”.
E poi anche altro pezzo di storia del paese ha tanto apprezzato l’animo buono di Citta: “u Dutturi Catano”, al quale veniva preparato appositamente u cafè ca scuma.
A lei piaceva apparire con la faccia severa, passava molto tempo a scrutare ciò che stava fuori dal balcone di casa, ma bastava uno sguardo per strapparle un sorriso e un saluto con la mano: “Basiliuzzuuu”!
Nella sua educata modestia e semplicità, Citta è stata un piccolo pezzo della storia del paese di Brolo ed un pilastro della famiglia Germanà/Scaffidi. Indipendentemente dai vincoli di sangue, Citta è stata sempre al nostro fianco; non c’è un solo pezzo della mia vita che non riesco ad associare a lei.
Sai, Citta, io non credo che ci sarà un’altra occasione per poterti riabbracciare dopo questo casuale capriccio delle circostanze chiamato vita, ma “Citta” per me e per tutti noi era e rimarrà per sempre la parola più dolce dopo quella di “mamma”.
Non ti dimenticheremo mai!
Basilio, insieme a Vincenzina, Francesco, Ciccio e Angela.
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