“PICCOLO ATTILA” – Commemorandolo ancora dopo essere stato suicidato in carcere 44 anni fa
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“PICCOLO ATTILA” – Commemorandolo ancora dopo essere stato suicidato in carcere 44 anni fa

La morte di Nanni De Angelis, avvenuta il 5 ottobre 1980 nel carcere di Rebibbia, rappresenta uno degli episodi più oscuri e controversi della storia degli anni di piombo in Italia.

Ventidue anni, alto, atletico, e con un carattere generoso, Nanni era un giovane militante di destra, tra i fondatori dell’organizzazione Terza Posizione, arrestato insieme a Luigi Ciavardini dopo la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Fu scambiato proprio per l’amico, accusato dell’omicidio del poliziotto Francesco Evangelista, e per questo subì violenze e pestaggi, fino alle conseguenze estreme, da parte delle forze dell’ordine.

Le circostanze del suo arresto e della sua morte hanno lasciato molti dubbi e perplessità, mai completamente chiariti dalle indagini ufficiali.

Nanni fu pestato duramente, come raccontano i testimoni. Al momento dell’arresto, Nanni fu portato all’ospedale San Giovanni, dove gli fu diagnosticata una prognosi di sette giorni e venne disposto un ricovero per osservazione. Tuttavia, contro ogni logica, fu dimesso e trasportato in carcere il giorno stesso.

Solo poche ore dopo il suo arrivo a Rebibbia, Nanni fu trovato morto nella sua cella, impiccato con un lenzuolo.

Le autorità dichiararono ufficialmente il suicidio, ma molti, compresa la famiglia e diversi amici, non credettero a questa versione dei fatti. Le ferite riportate sul corpo di Nanni e le modalità del suo decesso lasciarono spazio a sospetti su possibili abusi e violenze avvenute durante o dopo il suo arresto.

Marcello De Angelis, fratello di Nanni, ricorda con amarezza e dolore il modo in cui le istituzioni sembrarono ostacolare qualsiasi tentativo di indagine trasparente e approfondita su quella tragica morte.

Marcello, che negli anni successivi diventò parlamentare con Alleanza Nazionale e direttore del Secolo d’Italia, ha più volte denunciato pubblicamente il trattamento riservato al fratello.

In un suo intervento, ha richiamato le parole del patologo professor Umani Ronchi, il quale osservò come il suicidio per strangolamento fosse una pratica spesso utilizzata per camuffare morti dovute a violenze in carcere. Marcello ha espresso la sua indignazione per l’impunità e la copertura delle responsabilità dietro la morte di Nanni, ribadendo che non ci sono prove concrete per affermare con certezza cosa accadde davvero, ma il sospetto di una morte violenta rimane forte.

La Galassia Nera si infiamma ogni anno nel suo ricordo

Questo tragico episodio assume una connotazione ancora più rilevante se inquadrato nel contesto degli anni di piombo, un periodo di grande tensione politica in Italia. La morte di Nanni De Angelis è ancora oggi un tema divisivo, ricordato con dolore e rabbia da chi lo conosceva.

Luigi Ciavardini, negli anni seguenti, parlando del suo amico, ha ricordato con commozione la dignità, il coraggio e la gentilezza di Nanni, descrivendolo come una persona di grande cuore e profonda umanità. Nonostante le accuse infamanti, nessuna macchia ha mai oscurato la sua memoria, poiché Nanni fu completamente scagionato dall’accusa di coinvolgimento nella strage di Bologna grazie a prove inoppugnabili.

Il “suicidio” di Nanni De Angelis rimane, tuttavia, una ferita aperta nella storia recente d’Italia.

Molti esponenti di destra denunciano l’uso indiscriminato della violenza da parte delle forze dell’ordine in quegli anni, mentre a sinistra, c’è spesso la tendenza a minimizzare o ignorare questi episodi, preferendo raccontare la narrativa di una presunta connivenza tra istituzioni e militanti di destra. La verità, come spesso accade, potrebbe trovarsi nel mezzo, e la storia di Nanni De Angelis ci ricorda quanto fosse complesso quel periodo.

La sua figura è diventata simbolo di una stagione politica passata, ma la sua memoria è ancora viva tra chi lo conobbe e lo amò.

Il “Piccolo Attila”, come lo chiamavano gli amici, è una testimonianza di un tempo in cui la passione politica e l’impegno militante erano vissuti con un’intensità che oggi appare quasi incomprensibile. E mentre molti si allontanano da quegli anni di sangue e violenza, c’è chi continua a portare avanti il ricordo di Nanni, convinto che la sua morte, come quella di altri giovani di quel tempo, non debba essere dimenticata.

La verità su ciò che accadde il 5 ottobre 1980 potrebbe non emergere mai completamente, ma le ferite fisiche e psicologiche che quella tragedia ha lasciato rimangono un segno indelebile nella memoria collettiva.

La sua fine misteriosa, in un carcere italiano, ci interroga ancora oggi sul prezzo che tanti giovani hanno pagato in nome della politica e del potere.

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6 Ottobre 2024

Autore:

redazione


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