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Pino Rauti – E’ morto il “fascista di sinistra”.

 

Pino Rauti non ha bisogno di descrizioni.

Giovanissimo, partecipò alla fondazione del movimento che proveniva dalle ceneri del fascismo. Nel corso della sua lunga vita dopo aver aderito ancora ragazzo alla Repubblica di Salò è stato un ideologo e punto di riferimento di chi voleva una destra sociale, corporativistica, “estrema”, senza compromessi.

Le tribolate vicende politiche lo hanno portato ad essere l’ultimo segretario del MSI prima dell’ascesa di Gianfranco Fini. Insieme ai dissidenti di Fiuggi ha fondato nel 1995 il Movimento Sociale Fiamma Tricolore di cui è stato segretario fino all’ascesa di Luca Romagnoli.

Presidente onorario del MSFT è stato, fino alla fine, uno dei protagonisti della politica italiana e punto di riferimento per una destra fuori da blocchi e dal “sistema”.

Assunta Almirante, vedova di Giorgio (altro leader storico della destra italiana), intervistata telefonicamente da Sky Tg 24, ha confessato il suo dispiacere e ha detto: «E’ stato un personaggio importantissimo della vita politica italiana. E’ stato indicato come uno dei responsabili della stragi. Siamo andati noi (lei e suo marito, ndr.) a prelevarlo in carcere dopo aver dimostrato la sua innocenza».

Giovanissimo, partecipò alla fondazione del movimento che proveniva dalle ceneri del fascismo post seconda guerra mondiale.

Rauti si oppose alla svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini che sancì la trasformazione del principale partito della destra italiana in Alleanza Nazionale; Fu il testimone di una grande avventura politica ed ideale e con lui si è spenta un’altra colonna portante della destra Italiana, che guardava al meglio delle generazioni giovanili, uno che perseguiva la via della sfida culturale, immaginando una “terza via” possibile, di idee e valori che facessero la differenza politica tra l’area della destra ed il resto della politica, quella al cui fine interessava il potere, e sempre di meno il popolo.

Molti in questi giorni, non solo nella destra militante, lo ricordano con affetto e forse, come spiega il presidente del Movimento “Destra Civis” “qualcuno ha compreso a proprio modo ciò che voleva significare in realtà la linea dello sfondamento a Sinistra – spiega Fonti – in modo tale da far compiere un passo avanti alla Destra, vincere sui temi sociali il confronto politico, non lasciando soltanto ad un parte politica l’egemonia sui temi  importanti come l’ambiente, dando però una visione alternativa a quella della Sinistra, con l’ambizione di essere innovatori nella proposta politica, inaugurata con la stagione dei “campi hobbit”con Alemanno e Storace in prima linea e che vedevano contrapposta l’area Finiana”.

Pino Rauti fu anche segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano, quando ancora la politica animava anche il dibattito interno ai partiti, quando le correnti erano componenti e promotori di confronti culturali di prospettiva politica, quando i segretari erano non leader per “lascito testamentario” come i re del medioevo, ma eletti dalla militanza – si legge così nel commento di http://www.destracivis.it –

 

In quel dito puntato nel 2010 da Gianfranco Fini contro Berlusconi, molti recepirono il messaggio Rautiano, tranne poi non comprendere più il senso di quella sfida da tempo attesa a Destra, da cui si avverte una profonda distanza.

Un uomo, Rauti, che ha lottato per le sue idee fondando il Movimento Fiamma Tricolore, che al suo esordio, per pochissimi voti, in Calabria non elesse con Alessio Calabrò, subito dopo la svolta di Fiuggi, il suo rappresentante al Senato della Repubblica.

Un uomo ricordato da tutta quella gioventù militante di destra tra cui Stefano Delle Chiaie, che nel suo ultimo libro, racconta il mito della militanza “per un’idea, un ideale, la Patria e l’Europa Nazione” portando la gioventù di oggi, abituata alle segreterie politiche e non alle sezioni, a riflettere sul bello della politica, comprendere il senso del vivere la politica come comunità.

La Destra militante, oggi divisa in mille movimente, gruppi e apparati, oggi ricorda uno degli uomini cardine della storia politica, che lo si condivida o meno, non possiamo non ricordare gli uomini che hanno segnato dei momenti importanti, che sono serviti alla destra per capire se stessa, decidere in quale direzione compiere il passo in avanti. “Gli ultimi di ieri per essere i primi di oggi”, “con questo spirito salutiamo con affetto uno dei Segretari storici della destra Italiana  -si legge in molti siti schierati –  seguendo il loro esempio, rompendo l’idea del partito leaderistico che rischia di opprimere l’idea”.

Pino Rauti ha insegnato molto alle generazioni della destra Italiana, un maestro che ha lavorato in silenzio, che non ha mai fatto della politica un’ambizione personale, che riconosceva in Almirante il Segretario, come lo stesso Almirante, sconfitto da Arturo Michelini, per diciotto anni ha lavorato in silenzio “non per se stesso” ma per il partito, quello ormai da riorganizzare, ripartendo da destra, senza rinunciare ad essere centrali nella politica Italiana, mantenendo quel profilo innovatore che da sempre la nostra classe dirigente ha avuto, permettendoci di compiere passi in avanti.

Un passo che oggi, purtroppo, chi ha ricevuto il “testimone” ha dimostrato di non saper mantenere un ritmo continuo, inciampando più volte.

“Destra Civis” scrive che “non ha l’ambizione di essere il partito, ma di reagire con coraggio ed orgoglio ad un momento di forte disaffezione alla politica con un progetto sano e innovatore. Non è un movimento che vuole vivere nella nostalgia, non è questo il compito delle generazioni che nascono per portare avanti un progetto politico. Noi seguiamo l’esempio di chi, aprendo un varco per la destra Italiana, un tempo disse che non bisogna “né rinnegare e né restaurare”. Oggi c’è bisogno di unità, perché la mano dei poteri forti cerca di frantumare la politica a Destra come a Sinistra, complici uomini e partiti al servizio del potere che si manifesta in tutte le sue forme, dal 1944 ad oggi, e propongono un sistema di libertà controllata, opprimendo le ambizioni sociali e spirituali di un popolo -e continuando  – Salutando Pino Rauti, confermiamo il nostro impegno, da umili appassionati e militanti della politica, di attivisti che vogliono vivere seguendo lo scorrere del tempo, certamente, non risalendo controcorrente il fiume quantunque non sia necessario, di tenere alta la bandiera dei valori, dell’ideale di Patria e di Nazione, di politica intesa come servizio al popolo, lottando per una destra che non sia relegata al ruolo di Cenerentola o alla periferia del centrodestra, ma che sia guida e anima di questa vasta area politica che senza il nostro contributo non avrebbe senso e identità”.

Pino Rauti fu Europarlamentare dal 1994 al 1999.

Fu il fondatore di “Linea” uno dei fogli degli anni ottanta più interessanti nel mondo di una destra non solo fascista, ma europea e rivoluzionaria che credeva nell’Eroe e nel Mito che riprendeva i suoi reali spazi di battaglia, allontandosi dal mito americano.

Già su Twitter c’è chi lo ricorda come “un fascista buono”.

Rimasugli di scontri ideologici dei tempi che furono, ma Pino Rauti, è stato molto più di “un fascista”.

Calabrese della provincia di Catanzaro, a vent’anni era stato tra i fondatori di quel Movimento Sociale Italiano che ricordava con il fascismo di Salò e la Repubblica sociale. E sociale, Pino Rauti lo è sempre stato, visto che era il capo di quella corrente definita “di sinistra”, che già negli anni Cinquanta era diventata l’opposizione interna al Msi dei “fascisti in doppiopetto” di Michelini.

Nel 1956 fonda Ordine Nuovo, un centro studi che non fu solo centro di cultura fascista ma anche attore al tempo della strategia della tensione. Pino Rauti ha dovuto anche affrontare la gravissima accusa di essere parte di quel sistema che aveva organizzato le stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e Bologna.

Intanto, negli anni Settanta Rauti vede lo scioglimento di Ordine Nuovo per ricomposizione del Partito fascista e approda alla Camera, dopo essere rientrato nel Msi in seguito all’arrivo di Giorgio Almirante alla segreteria del partito.

Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta la componente “rautiana” si connota per una impostazione più culturale e alternativa rispetto alla linea Almirante.

Sono gli anni, tra gli altri, di Flavia Perina e Umberto Croppi, ma anche della riscossa della sua corrente all’interno del partito.

Dopo aver perso il congresso per la leadership nel 1987 contro l’allora giovane Gianfranco Fini, tre anni dopo si prende la ‘rivincita’.

Ma la sua segreteria dura poco perché un anno dopo torna nelle mani di Fini.

Tra i suoi riferimenti culturali Evola, Tolkien, tradizioni celtiche e spiritualismo e campi hobbit.

Un doppio binario di trame nere e anticonformismo di destra per un un uomo che era considerato colto e intelligente anche dagli avversari politici.

La figlia Isabella è sposata col sindaco di Roma Gianni Alemanno.

CasaPound Italia, sulla sua pagina facebook lo ricorda così:

“Addio a Pino Rauti. Di lui, che nel bene e nel male è stato un grande protagonista della storia e della politica italiana del dopoguerra, ricorderemo soprattutto le belle suggestioni anticapitaliste e il tentativo di portare temi nuovi e controcorrente nel dibattito interno all’Msi e alla destra radicale.

Da quelle suggestioni nacque la Nuova Destra, che poi diventò vecchia anch’essa.

Ed è anche dal superamento della parte più banalizzata di quelle suggestioni che è nata CasaPound”.

Storace, La Destra: “Il suo carisma scuoteva le coscienze”

”Nella storia della destra italiana gli anniversari, le ricorrenze, il calendario hanno sempre avuto un posto d’onore.

E’ la cultura della memoria. Pino Rauti sembra aver scelto apposta la ricorrenza dei defunti per lasciare questo nostro mondo e le macerie di un tempo che scorre senza valori”.

Lo afferma il leader de La Destra, Francesco Storace. “Rauti ha caratterizzato profondamente, con le sue idee, una comunità. Io militavo dalla parte di Almirante, ma ammiravo quest’uomo dal carisma che scuoteva le coscienze.

La sua capacità di vedere prima le cose che sarebbero accadute dopo. Con la sua morte, tutti noi ci rimettiamo qualcosa, anzitutto in cultura. La Destra italiana si inchina con commozione”.

 

L’INTERVISTA ILLUMINANTE

da “Panorama” del 12 giugno 1988

 

Dopo  Almirante – Parla il leader dell’ala dura del MSI All’armi, siam ecologisti intervista con Pino Rauti di Giampiero Mughini

Ex-fascista? Ma se mi occupo di ambiente, di territorio, di droga! Gli anni di Ordine nuovo? Non capivo che il mondo era cambiato. Rauti parla a ruota libera di sé, di Craxi, di Almirante, di Fini. E confessa un amore per un leader di sinistra.

Dopo la morte di Giorgio Almirante e di Pino Romualdi, è l’ultima figura carismatica del MSI, un partito il cui declino elettorale sembra inarrestabile. Di Pino Rauti, romano, 62 anni, c’è un mito e c’è una realtà. Il mito è quello del diciassettenne che si arruolò volontario nella RSI e combattè fino all’ultima raffica; quello dell’allievo di Julius Evo!a, il filosofo paralizzato alle gambe che nei primi anni Cinquanta predicava il rovesciamento del sistema parlamentare; quello del fondatore di «Ordine nuovo”, il gruppo estremista da cui venne più di un protagonista del terrorismo nero. La realtà del Rauti odierno è molto di versa. Un po’ curvo dagli anni, gli occhiati spessi da miope, l’aria di chi ne ha trascorse molte e ne è cresciuto in saggezza, è tuttora l’idolo della gioventù missina. Eurodeputato scrupolosissimo, a Strasburgo si occupa di cose molto diverse da quelle cui lo ammaestrò Evola. Non più il no secco e altero al Sistema, ma questioni concrete, per esempio come utilizzare gli edifici religiosi dissacrati.

A Sorrento, il dicembre scorso, Rauti venne sconfitto di misura da Gianfranco Fini nella corsa alla segreteria del MSI. Adesso, al primo appuntamento elettorale dopo la morte di Almirante il MSI ha perso voti anche in alcune delle sue roccaforti tradizionali. Qual è oggi ruolo possibile del MSI? A domande  di  “Panorama”  Rauti  ha risposto a  tutto campo.

 Domanda. Onorevole Rauti, il vostro deludente risultato alle elezioni amministrative conferma la crisi di ruolo e identità del vostro partito. Siete stretti entro una morsa micidiale da una parte le liste locali che vi portano via l’elettorato più rabbioso, dall’altra la competizione di un craxismo che pascola quelli che erano una volta i vostri territori privilegiati, a cominciare della forma istituzionale.

Risposta. Non è una morsa micidiale, è una strettoia pericolosa. E lo diventerà sempre più se il partito continuerà a rinchiudersi in se stesso, se ci comporteremo come indiani che se ne vogliono stare nella riserva. Il dopo Almirante del MSI richiede assolutamente una svolta.

 D. C’è di più. C’è che la storia dei valori cui vi richiamate sono ormai remoti e intraducibili nel presente. Che senso ha dirsi «fascisti» in un mondo che galoppa verso il Duemila?

R. Per quanto mi riguarda, non mi sono limitato a richiamarmi ai valori delta storia da cui provengo. Sono stato il firmatario, nel 1982, della prima proposta di legge in difesa dell’ambiente mai presentata nel Parlamento italiano. Mi sono battuto per la creazione di un servizio geologico nazionale, ricordando ogni volta che potevo che in Italia i geologi sono 43 e in Francia quattromila. Ho presentato una proposta di legge in cui chiedevo che alla lotta contro la droga venissero destinati 300 miliardi l’anno, contro i 19 che ne prevede l’ultimo decreto legge in materia.

 D. Se le cose stanno cosi, faccia quel che fece Benito Mussolini nel 1914, quando lasciò un mondo politico nel quale non credeva più, il mondo del socialismo pacifista, e ne scelse un altro. Provocatoriamente, ma perché non va tra i verdi, che sono i più sensibili alle tematiche da lei indicate?

R. Accetto la provocazione, ma Mussolini aveva scelto il mondo che vinse la prima guerra mondiale. Al contrario, io vengo dal mondo che ha perso la seconda guerra mondiale e non posso permettermi una posizione elitaria. In politica non si può fare un balzo d’un chilometro, mentre tutti quelli della tua parte restano fermi. Quello è dannunzianesimo e non politica.

 D. Per parlare di un politico che suscita molte suggestioni nel vostro mondo, qual è il suo giudizio su Craxi?

R. Una cosa è Craxi, un’altra il PSI. Craxi ha il vantaggio di una forte personalità e di un uso magistrale delle caratteristiche della società di massa. Il PSI come partito non ha un programma, né un’idea. Vive di craxismo.

 D. L’autunno scorso, Craxi ricevette ufficialmente la delegazione missina. Pochi giorni dopo, in un’intervista a “Panorama”, Gianfranco Fini definì il PSI un partito di forchettoni. Che ne pensa di questo giudizio?

R. Era una mossa destinata a uso interno di partito, in realtà un’autentica follia politica. Se il PSI è un partito di forchettoni, non vai a farti ricevere dal capo dei forchettoni. Nessun partito è riconducibile alle sue patologie. Né io dimentico che quando Craxi si insediò a capo del governo, nel 1983, e c’era stato su un treno un attentato che per fortuna era andato a vuoto che altrimenti sarebbe stato micidiale, Craxi nel volgersi verso i nostri banchi a Montecitorio, disse che rifiutava di attribuire a priori e senza prove quell’attentato al terrorismo di destra: un’identificazione a priori che a lungo era stata per noi devastante.

 D. Un Rauti che avesse oggi 17 anni, l’età in cui lei si arruolò volontario nella RSI, andrebbe con Craxi o nel MSI?

R. Credo che un giovane di cultura e cervello verrebbe con noi. Poi, la tentazione craxiana non è così forte nel nostro mondo. È Forattini che vede gli stivali in Craxi, non noi. Questo poi non è il tempo degli stivali.

 D. Fini ha sospeso dal partito una delle voci critiche del MSI, Giuseppe Niccolai, reo di aver dato al “Corriere della Sera” un’intervista beffarda verso la sua linea antisocialista.

R. In un partito profondamente diviso e in un momento difficilissimo com’è questo, quella d’avere sospeso Niccolai è una carognata. Fini dimentica che Niccolai è uno degli elementi del MSI dei primordi e che è una voce critica ascoltata dalla base del partito. Lui aveva oltretutto chiarito la portata della sua intervista, solo che i giornali erano in sciopero e non avevano potuto pubblicare la sua precisazione.

 D. In queste ultime settimane lei s’è mai trovato a tu per tu con Fini?

R. Mai. Se ci incontriamo alla buvette di Montecitorio, ci guardiamo bene dal parlare del partito. Io gli ho pubblicamente preannunciato un’opposizione corretta ma durissima. Con tutto questo, in campagna elettorale ho fatto il mio dovere e benché non una volta il “Secolo d’Italia” abbia riferito dei miei comizi. Pino Romualdi ne aveva fatto l’organo della maggioranza e non più l’organo di tutto il MSI.

 D. Qual’è il ricordo più bello e qual’è il ricordo più doloroso del suo rapporto politico e umano con Almirante?

R. Il ricordo più bello è un giorno di aprile del 1972, quando venni scarcerato dopo 55 giorni di detenzione perché accusato della strage di piazza Fontana, e li, di fronte al carcere milanese, c’era Almirante ad aspettarmi. Con lui e con altri amici passammo una serata festosa. Il ricordo più brutto è legato all’ultimo congresso del partito, quando Almirante si avventò contro di noi dicendo che gli volevamo rifiutare la carica di presidente del partito. Almirante dimenticava che quella carica io stesso gliel’avevo proposta, come ruolo che naturalmente gli spettava se lui non avesse preso quella posizione così acutamente ostile contro di noi.

 D. Prima di Sorrento, non vi eravate mai parlati faccia a faccia?

R. Più volte. Gli dissi che avevo intenzione di candidarmi alla segreteria. Mi obiettò che la mia immagine passata rendeva questa ipotesi pericolosa. Ribattei che la mia immagine passata era un oggetto museale. A Sorrento presi la parola il 12 dicembre, anniversario di piazza Fontana. Non un solo giornalista, l’indomani, speculò su questa coincidenza.

 D. A Sorrento i suoi più feroci avversari furono i giovani leoni romualdiani, a cominciare da Guido Lo Porto…

R. Loro sono di destra classica e mi accusano di essere un’eresia del MSI, di voler sradicare il partito dalle sue tradizioni fino a trascinarlo in un’avventura nazional-popolare.

 D. Lei sente più vicino e congeniale uno «di destra» come Lo Porto o uno «di sinistra» come Mario Capanna?

R. Capanna era il capo degli sprangatori milanesi…

 D. Metta al posto di Capanna uno di sinistra che le sta simpatico.

R. Metterei Stefano Rodotà. Dovessi dire chi mi è più congeniale tra lui e Lo Porto, sceglierei comunque Lo Porto perché viene dalla mia stessa storia. Solo che con Lo Porto sono in disaccordo al cento per cento, mentre nelle posizioni di un Rodotà sento l’eco di problematiche e di preoccupazioni che sono anche le mie.

 D. Lei è anche l’autore di una “Storia del Fascismo” che ha suscitato una volta l’apprezzamento di Giorgio Galli. Dovesse mettere mano a un articolo su quel che accadde il 25 luglio, che cosa scriverebbe di Dino Grandi?

R. Scriverei che fin dalla notte successiva al voto del Gran Consiglio che mise in minoranza Mussolini, avrebbe dovuto essere preso alla gola come da un rovello di coscienza, dal rimorso per avere fatto lui quello che spettava ad altri; salvare il salvabile. Questo spettava al re, forse a militari che non s’erano compromessi con il fascismo; non poteva spettare a un uomo politico che era cresciuto nel fascismo e ne aveva condiviso tutte le responsabilità, buone e cattive.

 D. Il Rauti di oggi come giudica il Rauti di trent’anni fa, il Rauti che nel 1956 uscì dal MSI e fondò il gruppo estremista di “Ordine nuovo”?

R. Come uno che era un estremista nelle tesi e nelle idee, e che giovanilmente non teneva presente che le idee possono pesare come pietre. Come uno che non si rendeva conto che in Europa era in atto una sorta di mutazione antropologica che rendeva impossibile il ricorso alle precedenti esperienze, quella fascista e quella nazista.

 D. I suoi amici preferivano il nazismo al fascismo.

R. Non io, che al fascismo ero legato personalmente  per  aver  combattuto nei  reparti  d’assalto della  RSI.  Molti giovani erano affascinati dal modo nibelungico in cui il nazismo aveva combattuto la sua ultima battaglia.

 D. Quali lingue straniere conosce?

R. Conosco il francese, leggo lo spagnolo, me la cavo in inglese.

 D. Non il tedesco?

R. Ne conosco solo le locuzioni  di guerra.

 D. Vorrebbe che un giornalista straniero la definisse un ex-fascista oppure un uomo di 60 anni che sta cercando la sua strada?

R. Come un uomo di 60 anni che sta cercando la sua strada.

 Giampiero Mughini

Opere

La democrazia, ecco il nemico!, Roma, Asso di bastoni, 1952.

Benito Mussolini, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1957; Roma, Il settimo sigillo, 1989.

Vite di donne, a cura di, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1957.

Volto di un’epoca, a cura di, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1957.

1915-1945. Storia d’Italia nei discorsi di Mussolini, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1960.

Le idee che mossero il mondo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1963.

Storia d’Italia nei discorsi di Mussolini, 1915-1945, come Umberto Giusti, 2 voll., Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1965.

L’immane conflitto. Mussolini, Roosevelt, Stalin, Churchill, Hitler, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1965.

Le mani rosse sulle forze armate, con Guido Giannettini, a cura della Commissione PID di Lotta Continua, Roma, Savelli, 1975.

La conquista del potere, con Rutilio Sermonti, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976.

Le interpretazioni e le origini, con Rutilio Sermonti, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976.

Perché ‘no’ all’aborto. Discorso pronunciato alla Camera dei deputati nella seduta del 2 marzo 1976, Roma!, Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo, 1976.

Storia del fascismo, con Rutilio Sermonti, 6 voll., Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976-1978.

I, Le interpretazioni e le origini, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976.

II, Verso il governo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976.

III, La conquista del potere, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1976.

IV, Nascita di una nazione, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1977.

V, L’espansione e l’Asse, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1977.

VI, Nel grande conflitto, Roma, Centro Editoriale Nazionale, 1978.

Andare oltre. Intervento al Congresso nazionale del MSI, Sorrento, 12 dicembre 1987, Palermo, Romano, 1988.

La crisi del marxismo, Barrafranca, La piramide, 1989.

L’eredità culturale e linguistica dell’Europa, Barrafranca, La piramide, 1989.

Fascismo e Mezzogiorno, con Rutilio Sermonti, Roma, Settimo Sigillo, 1990.

Prefazione a Francesco Foti, “… Sarà il sangue a far la storia!”. Martirologio dei polesani che dopo l’8 settembre 1943 aderirono alla Repubblica Sociale Italiana,

Roma, Nuove Idee, 2005. ISBN 88-7557-120-1.

 

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