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POLITICA – COSA DEV’ESSERE IL POLO DEL POPOLO

Che significa?

Formare un movimento, un partito, un cartello elettorale?

Riempire lo spazio apertosi a destra?

Ricompattare il centrodestra?

Fare da rampa di lancio per la Lega al centrosud?

Permettere a qualche amico di farsi eleggere nel business della democrazia delegata?

Nulla di tutto questo.

Non per quanto mi riguarda.

Io non ho cessato di cullare il sogno di una ricomposizione peronista.

Questo significa potere dal basso nella pluralità trasversale.

Non ho smesso né smetto di credere nella possibilità di una ricomposizione tercerista che, oggi, si può proporre sul crinale dello Ius Sanguinis e su quello della partecipazione diretta che si tramuta in sovranità popolare fondata sulle autonomie e sulle emancipazioni corporative.

Questo comporta ben altra cosa che non il rilancio del centrodestra: vuol dire invece tagliarlo in due come un bisturi e aprire una dialettica costruttiva anche nella sinistra spaccata oltre che nel malcontento senza colore.

Cosa dev’essere

Il Polo del Popolo, se mai ci sarà, dovrà essere una calamita e un crocevia, un motore e un filtro.

Dovrà captare tutte le istanze che in linea di massima spingono verso quella meta.

Che poi quelle istanze siano differenziate tra loro, caratterizzate anche da interessi elettorali o personali o di gruppo lo dobbiamo dare per scontato. Se non fosse così parleremmo di filosofia astratta.

Che queste componenti si manifestino è un conto, che ad esse si debba cedere è un altro.

Il Polo del Popolo, così come lo vedo io, non può fornire altro che attenzione a queste imprese, non deve diluircisi nel modo più assoluto.

Anche perché due sono gli scenari di tipo elettoralistico a cui si potrebbe prestare.

Formazione di un populismo di destra.

Formazione di un populismo trasversale.

Il primo a me non interessa proprio. Il secondo è molto più intrigante ma è privo di qualsiasi senso strategico.

Non riesco a capire come ci sia ancora chi pensa di cambiare qualcosa con le elezioni in un sistema oltretutto post-democratico e post-sovranista. Mi danno ormai addirittura fastidio tutti quelli che inseguono percentuali e si trastullano se un loro esponente è invitato in televisione.

Un populismo trasversale in versione elettorale unita sarebbe molto più seducente di uno di destra perché avrebbe una visione più ampia; sarebbe più attraente ma non servirebbe a nulla.

Tutt’altra cosa      

Se lo scopo è quello di favorire le dinamiche e di collegarle tra loro nella prospettiva di creare poteri autonomi, localizzati, socializzati e diffusi, l’ottimale è una dialettica organica sia con il populismo di destra, sia con il populismo di sinistra sia con il populismo astensionista.

Il fine è la realizzazione, facendolo emergere dal basso ma orientato spiritualmente e concettualmente dall’alto, di un sistema alternativo che sia in condizioni di salvare popolo e nazione dal catafascio della democrazia globale che da noi è particolarmente assassina perché aggravata dal fatto di essere ancora in versione clientelare e di dovere quindi salvaguardare il passivo uccidendo l’attivo.

Il Polo del Popolo è ancora un motto; quando sarà qualcosa di più è opportuno che sia una bussola e non un contenitore, una calamita e non una scatola.
Aperto in tutte le direzioni con due sole pregiudiziali: Ius Sangunis e sovranità popolare,

Poi ce n’è una terza: si astengano pagliacci, saltimbanchi, mendicanti della politica, megalomani da marciapiede, arrivisti da quattro soldi, dogmatici folgorati da Dio o dalla geopolitica o dalla scoperta monetaria, inutili, chiassosi e inconcludenti.

Il che significa che non sto perseguendo l’unità dell’area altrimenti dovrei accettare tutto questo.

L’unità dell’area la lascio a uno psichiatra, se ce n’è uno che ne ha voglia.

La mia idea è fornire un motore per la rinascita del popolo.

Tutt’altra cosa dai cartelli elettorali e dall’unione delle nullità. Tutt’altra.

Tratto da No Reporter 04 dicembre 2014

 

Redazione Scomunicando.it

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