La riunione di Roma sui tagli operati da Trenitalia, e i conseguenti licenziamenti, alla presenza del Ministro Matteoli, l’AD Moretti, il Sindaco Buzzanca e le organizzazioni sindacali di categoria, è stata a nostro avviso estremamente negativa e non poteva essere altrimenti, dato che il governo non intende rimettere in discussione le proprie linee d’intervento nel meridione e nello specifico dei trasporti.
Ci auguriamo che si riesca davvero, intanto, a far rientrare i licenziamenti minacciati, ma su questo, pare di capire, non vi è alcuna certezza, e in ogni caso si tratta di rinviarli di qualche mese, non di scongiurarli.
Intendiamoci: per i lavoratori ormai ovunque impegnati a sopravvivere scansando la scure di questo governo antipopolare sarebbe un bel risultato rinviare l’esecuzione della condanna alla disoccupazione, ma quello che si prepara è comunque un futuro sempre più nero di marginalità del territorio, disoccupazione e precarietà.
Temiamo però che in realtà assisteremo al classico scaricabarile, alla fine del quale il cerino resterà in mano all’ineffabile Tremonti che farà la parte del “duro” negando le risorse necessarie.
Queste infatti non si possono inventare dal nulla ma vanno per tempo inserite negli strumenti di programmazione finanziaria, la politica dei tagli finora perseguita non è stata un’idea malefica dell’AD Moretti ma si è dispiegata nel quadro di una strategia e una programmazione voluta e perseguita da questa maggioranza politica, di cui il Ministro Matteoli e il sindaco Buzzanca fanno parte.
È stato il Governo Berlusconi a imboccare decisamente la strada del dirottamento dei fondi dalla navigazione e dalle ferrovie verso altri territori o verso il Ponte dello Stretto, o meglio verso la Società ponte dello stretto, gli studi di progettazione, le opere preliminari, le lobbies affaristiche e professionali che da anni lucrano su questa colossale panzana ai danni della città e dei suoi abitanti.
Il trasporto nello stretto è stritolato tra il progetto del Ponte da un lato, che succhia risorse ingenti e finora interamente pubbliche, e i processi di aziendalizzazione delle ferrovie dall’altro, con la trasformazione dei cittadini utenti in clienti e, conseguentemente, con la perdita del “diritto” al trasporto per quelle comunità che non sono abbastanza ricche da poterselo pagare.
Se non si mettono in discussione questi due elementi non è possibile invertire la tendenza allo smantellamento del servizio in questione.
Da anni Rifondazione Comunista si batte contro l’insensato progetto del Ponte e per il rilancio del trasporto navale e ferroviario nello stretto, denunciando come le infrastrutture e le grandi reti dei trasporti debbano essere gestite si con efficienza ma non possano essere equiparati a un’azienda privata: lo Stato deve garantire un servizio ai cittadini, non assegnare lo stesso a un’azienda che insegue il massimo profitto investendo là dove la redditività è maggiore e tagliando dove questa è minore. E comunque deve assegnare a questa Azienda le direttive e le risorse necessarie a garantire la continuità territoriale e quindi l’effettiva unità d’Italia.
Ci appare pertanto troppo ottimistica qualsiasi fiducia riposta in un governo che si è mostrato in tutti i campi e a tutti i livelli assolutamente ostile al servizio pubblico e insensibile alle ragioni dei lavoratori.
Segreteria prov.le PRC Il responsabile lavoro
Alfredo Crupi