E’ pattese, e l’intervista è stata pubblicata su fattitaliani.it
«Molti vanno dai cravattari sia perché con i loro disonesti comportamenti hanno dilapidato in cose futili patrimoni consistenti e hanno perduto la fiducia delle banche e di altri creditori, sia perché intenzionalmente vogliono, a loro volta, estorcere denaro a chi poi non è più in grado di chiederne legalmente la restituzione».
È il nucleo narrativo intorno al quale ruota la storia di Papillon e cravattari, il romanzo edito da Kimerik con cui l’autore Nino Lo Iacono partecipa alla seconda edizione del premio letterario di Siculiana “Torre dell’Orologio”
Per contenuto e scrittura quale tappa rappresenta per lei come autore “Papillon e cravattari”?
I contenuti trattano un tema sociale molto sentito come d’altronde quello dei miei precedenti romanzi (da “Nina” a “Il prete”). Sono tutte storie che si snodano in Sicilia allo scopo di evidenziare i problemi sociali di quest’isola ma anche le sue caratteristiche straordinarie. “Papillon e cravattari” rappresenta quindi una tappa fondamentale perché ho sperimentato un linguaggio libero da lacci e schemi ingessanti e calato in un contesto di dinamismo lessicale capace di coinvolgere qualsiasi tipo di lettore, trascinandolo nella storia fino a fargli credere di essere lui stesso un protagonista.
Anche se vicende e personaggi sono inventati, nessuno della sua Patti si è ritrovato in qualche pagina?
Credo che nessun autore possa esimersi dal lasciarsi affascinare da vicende e storie veramente accadute… che, per il modo in cui sono state vissute, erano degne di far parte di un racconto!
La dedica “a tutti gli imprenditori” è in positivo: se dovesse invece rivolgerla a qualcuno a mo’ di monito a chi lo dedicherebbe e perché?
La dedica agli imprenditori è un monito valido anche per i bancari. Ritengo, infatti, che il mondo dell’usura, dell’estorsione, in genere, non può essere autoalimentato; sono tanti i fattori che contribuiscono al suo mantenimento e sviluppo. Il monito maggiore va quindi diretto a quelle figure e quelle istituzioni che con il loro atteggiamento innescano l’insorgere delle finanziarie occulte.
Sull’aspetto specifico dell’usura ha fatto più ricorso a notizie in generale o a resoconti di vita reale?
Come già detto ogni romanzo trova spunto da vicende realmente accadute, solo le favole si salvano da questa regola, ed io ho preso spunto da queste vicende che si sono svolte così come descritte con il coinvolgimento primario ed essenziale dei bancari. I personaggi nello specifico sono chiaramente inventati ma calati in accadimenti e meccanismi che hanno mietuto vere vittime nel silenzio generale e, ahimè, nell’impotenza della giustizia.
A quale dei personaggi darebbe un’altra possibilità e a quale invece no?
Gli unici personaggi ai quali potrebbe essere offerta una possibilità di riscatto sono le vittime, ma ritengo che andrebbero ampliate le azioni di Vanni che, da semplice supporter, si trasforma in elemento chiave nella lotta contro questa pratica e sembra l’unico, a discapito del tanto decantato riscatto giovanile, a voler affrontare la questione fino alla loro radice, appunto la banca.
Ho intenzione di fare di Vanni un personaggio che potrebbe avere spazi in altre trame dello stesso genere di “Papillon e cravattari”.
Dare a lui opportunità di vittoria sul malaffare come esempio di riscatto sociale “fai da te” non sarebbe una cattiva idea… Ci sto pensando.
La letteratura siciliana recente ha po’ abdicato al suo compito etico-sociale secondo lei?
Senza voler entrare nel merito e nei contenuti particolari della narrativa moderna siciliana, forse i narratori miei conterranei in questi ultimi anni hanno preferito scegliere il filone commerciale attraverso racconti leggeri, sentimentalmente coinvolgenti ma privi di qualsiasi sfondo etico-sociale, forse perché hanno ritenuto inutile continuare una lotta che sembra destinata solo ai mulini a vento o forse perché gli editori li hanno orientati così per motivi strettamente economici. È una domanda alla quale è difficile trovare una risposta compiuta… le mie sono solo supposizioni… l’unica certezza è che si è fatto abuso degli scritti antimafia dei quali, forse, se ne sentiva necessità un po’ per retorica e un po’ per politica.
Lo stimolo alle reazioni contro la delinquenza organizzata va inculcato con una narrativa convincente che, partendo da fatti reali, indichi soluzioni praticabili. La troppa fantasia o la creazioni di personaggi mitici che navigano al di fuori dell’ambiente nel quale sopravvivono le vittime della criminalità, credo che non trasmettano seri stimoli al lettore, ma solo voglia di evasione, necessità questa che nessun editore oggi sottovaluta.
Il suo punto di vista condanna ovviamente i cravattari ma non si mostra morbido nemmeno verso coloro che vi si rivolgono…
È chiaro che anche le vittime sono da redarguire, sono loro che alimentano il mercato dell’usura; è vero che sono spinti da necessità o da fatti contingenti come la chiusura delle opportunità che gli istituti di credito dovrebbero loro offrire con onestà, ma è pur vero che spesso queste “vittime” sono più delinquenti dei cravattari per i motivi ampiamente descritti nel romanzo.
Spesso con lo sporco si tenta di coprire altro lordume, è un mondo da rilegare in sol colpo in un posto inaccessibile persino ai piccioni viaggiatori!
L’idea della copertina?
Le copertine dei miei libri sono tutte opere realizzate ad hoc dall’amica pittrice Barbara Calcei in arte Bake.
Mando a lei il testo completo e la mia idea di copertina e lei la elabora con maestria: ne vengono fuori vere e proprie opere d’arte. In questo caso si è voluto trasmettere il segnale che fra il serio ed il faceto “Papillon e cravattari” tratta un argomento principe della quotidianità siciliana.
La sintesi di vicende che desertificano ulteriormente la già asfittica economia di quest’isola … silenziosa. Sembrerebbe la copertina di un fumetto… ma…
Testo di Giovanni Zambito. fote: www.fattitaliani.it