Quando nel 1282 Re Pietro III° d’Aragona il Grande, II° di Castiglia, I° di Sicilia, decise di fortificare la città di Patti, per difenderla dagli assalti degli Angioini arroccati nel castello di Milazzo, non avrebbe mai immaginato che quasi otto secoli dopo, la porta S.Michele sarebbe diventata oggetto di disputa politica.
Probabilmente l’anno successivo lo stesso Re attraversò quella porta quando venne in città per preparare l’attacco di Milazzo, ed in quella occasione ebbe modo di compiacersi per le grandi opere da lui realizzate, opere che resero Patti militarmente inespugnabile.
La storia ci insegna però che nessuna fortificazione, nemmeno quella antinucleare ,può fermare l’idea e il pensiero che rendono l’uomo artefice di se stesso e vittima delle proprie invidie e gelosie.
Come capita in tutte le dispute , soprattutto in quelle politiche, ogni azione si presta a più interpretazioni ,specie da chi si oppone per natura a tutto, e da chi esercita la professione del criticone, elevando la strada a proprio ufficio e gli umori della gente ad indagine scientifica.
Così il buon restauro della porta S.Michele, restituita alla fruizione dei Pattesi sabato scorso, è divenuto oggetto di critica e uno degli argomenti dei quali si sta arricchendo la campagna elettorale in corso.
Certo nessuno nega che il lavoro avrebbe potuto estendersi anche alla parte di mura che si spingono verso nord , come non è sfuggito l’approssimato recupero della strada ,soprattutto per il mantenimento dei ciglioni in pietra lavica. I criticoni d’avanguardia non dovrebbero però sottovalutare il fatto che i lavori siano stati decisi ed avviati per prevenire altri crolli e sottrarre il monumento al grave degrado nel quale si trovava da anni.
Tutti avremmo voluto un restauro completo e più esteso, ma la porta e i tratti di mura ad essa direttamente collegati hanno avuto un buon intervento, sapientemente diretto dai tecnici della Soprintendenza di Messina, in primis dal Geom. Pettignano, intervento proporzionato e commisurato alla disponibilità finanziaria ,che il Comune è riuscito a trovare nelle pieghe del proprio bilancio.
Sono d’accordo quando si sostiene che il monumento restituito ,sia alla piena e sicura fruibilità dei cittadini, sia al decoro della zona, possa diventare oggetto di interesse dei turisti o meglio un set cinematografico. Personalmente ,mi auguro che diventi l’uno e l’altro , perché aldilà dei giudizi critici di chi aspetta di guardare le carte per fare una verifica sulla mancanza del pelo o sulla corretta collocazione della pagliuzza, credo che pure il grande Pietro III° avrebbe plaudito a questa iniziativa , che arriva dopo quasi 400 anni dall’ultimo intervento di riparazione di danni subiti nei precedenti tre secoli.
Questa Amministrazione Comunale, pur fra tanti demeriti, potrà ora ascrivere fra i suoi meriti, quello di essere stata attenta a non perdere un pezzo della gloriosa e lunga storia di questa città.
Un altro fiore per gli occhielli delle giacche dei Pattesi , che orgogliosamente possono continuare a mostrare i segni di un passato glorioso e dell’appartenenza ad una stirpe di popoli civili .In presenza di tali risultati, non mi pare opportuno adeguare il proprio ego al pettegolezzo di strada, che tutto riduce a semplice, anche se occasionale,contrapposizione ideologica, latrice di tensioni e danni morali.
Adesso la porta e le mura connesse pulsano e ci raccontano tutta la loro storia, perché sono vive e non di plastica.
Per natura noi Pattesi siamo un popolo libero, fiero e tosto. Ci piace criticarci l’un l’altro , spesso senza apparente motivo; ma quando lo vogliamo sappiamo essere più uniti di un granato,sappiamo riconoscere le verità e siamo alfieri di buone notizie.
Millantare, raccontarci bugie non è nel DNA dei pattesi, perché alla fine riconosciamo che tali comportamenti fanno male alla collettività.
Non abbiamo mai accettato sottomissioni e ci siamo ribellati scacciando anche con le armi chi nei secoli aveva tentato di sottometterci. Nemmeno la mafia ha mai potuto rompere quel potente muro di onestà anche intellettuale, che fa parte del nostro carattere, della quale tutti noi andiamo fieri.
Perché quindi sottometterci allo sciacallaggio delle futilità mascherate da servizio?
Credo che tutti abbiano a cuore le sorti della nostra terra, e, anche se in maniera diversificata, tutti l’amino ,ma spesso interessi partitici, la faziosa critica e la palese invidia, hanno creato danni anche seri alla collettività.
L’uomo è debole e non è da tutti saper controllare le proprie emozioni, mantenendole nell’alveo delle virtù.
Se fossimo più attenti a valutare ciò che avviene intorno a noi, discernendo valori da umori occasionali , forse riusciremmo a colmare quel vuoto sociale che, in questi ultimi venti anni, rissosità, gratuite calunnie, dissacrazione delle virtù e soprattutto bieca invidia, hanno creato, infettando il nostro tessuto sociale, dividendo un polo bellissimo.
Ruggero, Adelasia e lo stesso Pietro il grande , davanti ad un popolo così diviso, avrebbero sofferto.
Forse una salutare quarantena collettiva sarebbe l’unica occasione per farci di nuovo unificare sotto il nostro Gonfalone e consentire il recupero, a chi l’avesse perso, dell’orgoglio dell’appartenenza. La minaccia degli Angioini, però, appartiene alla storia remota e nessun Pietro potrà più edificare mura.
Come nei secoli passati, la nostra difesa e la nostra rinascita è demandata alle nostre intelligenze e alla forza della loro unità.
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