Così una presentazione di una novità editoriale è sempre, pari tempo, l’occasione gradita di riflessione per l’uditorio. L’accoppiata vincente tra l’autore di successo, Luciano Armeli Iapichino, e Mauro Cappotto, intellettuale e artista poliedrico e strutturato.
E se poi si trasforma anche in un confronto tra le migliori eccellenze di un territorio, con un collante del mondo accademico, allora il risultato è di quelli speciali.
I cani di Didyme. All’ombra del faro, (Armenio Editore),
Questa è ultima fatica dello scrittore siciliano Luciano Armeli Iapichino, presentato nella suggestiva location delle Terrazze di Giove, quale sera fa, ha avuto la capacità di unire e far esprimere all’unisono e alla massima potenza la letteratura, l’arte e la musica. Il recupero della memoria, la necessità di affondare l’ecoscandaglio della verità in fatti di cronaca del passato, interpretati con il registro del verosimile e ambientati nell’arcipelago eoliano, è stato il filo conduttore di una serata che ha visto coinvolti, oltre l’autore, Mauro Cappotto, docente e artista ficarrese, Michelangelo Gaglio, già docente di greco e latino nel licei, Nino Amadore, giornalista d’inchiesta e Antonio Baglio, docente di Storia contemporanea all’Università di Messina.
Alfredo Natoli, artista di Librizzi, con il suo sax ha armonizzato i contenuti artistico-letterari con quello musicali.
Davanti a un pubblico di quasi duecento persone, con la moderazione dell’elegante e giovane Josephine Sciotto, l’orizzonte contenutistico ha viaggiato sui binari della scrittura d’inchiesta e il romanzo, tra l’arte della opera d’arte ”SCAFFALI – Fuga dallo studio” e le note di Morricone e Rota del sax di Natoli.
Luciano Armeli Iapichino, che attrae ormai platee incuriosite e attente sul territorio nazionale, ha voluto rilanciare la necessità di valorizzare un territorio e le sue eccellenze che spesso molti, imbevuti di statico provincialismo imbevuto di deviato disprezzo per il “locale”, snobbano. Il risultano regalato agli intervenuti è stato un’emozione indescrivibile.
Apprezzamenti per la bellissima serata sono arrivati anche dal sindaco di Patti Gianluca Bonsignore, che ha sottolineato l’importanza della cultura per la crescita della comunità oltre che umana.
Mauro Cappotto, protagonista della kermesse artistica commenta:
La mia presenza qui questa sera, è il frutto dell’intesa e dell’amicizia che mi lega a Luciano, fra l’altro ho anche vissuto l’ultima parte della genesi di questo libro, con un punto di contatto relativo all’illustrazione della copertina. Di conseguenza, mi sento almeno come il complice al palo, lontano dall’epicentro.
Giusto per dire qualcosa, provo a fare una riflessione ad alta voce partendo da una citazione.
“E’ l’enigma dell’enigma: che il passato sia presente nell’immagine come segno dell’assente, ma di un assente che, sebbene non sia più, è stato. La memoria prende di mira proprio questo essere-stato. Al suo ritorno, essa vorrebbe essere fedele.” [Paul Ricoeur]
Questa mia installazione rappresenta l’inevitabile epilogo di un lento processo di trasformazione della mia visione della vita e quindi dell’arte.
Per tanti anni la materia prima per la realizzazione delle mie opere è stata la pittura, poi lentamente integrata e sostituita quasi totalmente dagli oggetti.
Oggi non saprei, considerato che penso buona parte della mia produzione siano “feticci” (oggetti inanimati cui viene tributato culto).
Forse il titolo dell’opera ci può aiutare (o almeno in parte) a comprendere la mia condizione attuale: ”SCAFFALI – Fuga dallo studio”. Se non chiarisce bene la condizione, sicuramente non lascia equivoci sulla posizione, fuori. Idealmente lontano dal luogo simbolo deputato alla produzione artistica.
Da molti anni ormai ho eletto il mio piccolo paese di origine ad osservatorio, con qualche accezione sul termine, una sorta di allontanamento, notevole ed evidente, dalla regola comune, un osservatorio che vuole essere osservato, un osservatorio dove manca il paesaggio in quanto ridefinito in azione, la mia azione in interazione.
“È il 1986. Un artista, dall’analisi di uno dei tanti osservatori dislocati nel perimetro del muro di Berlino, coglie una sollecitazione interiore: la velocità del secolo scorso, male in fieri di quel III Millennio agghindato di turbo-connessioni, moncherà l’essere umano della capacità di osservare, obliando la pratica della sosta.” (LAI estratto dal testo L’osservatorio di Mauro Cappotto di Luciano Armeli Iapichino)
Per concludere, visto che abbiamo scelto di focalizzare l’attenzione su questo lavoro, descrivo sinteticamente la genesi.
L’opera si compone di tre azioni, la prima è la replica identica degli spazi di una libreria dello studio piena di oggetti stratificati, di molecole di memoria personale. La seconda parte è una azione, lo spostamento degli oggetti, ricollocati nella medesima posizione nello spazio gemello. La terza è quella di questa sera, la fuga dallo studio e l’interazione della memoria personale nel tentativo generare memoria collettiva.
Concludo con un testo estratto dall’apparato teorico che accompagna l’opera.
da Scaffali – fuga dallo studio di Mauro Cappotto
“E’ cruciale il tema del linguaggio come luogo in cui si pone il problema del senso, a cui è strettamente connessa l’interpretazione, che è comunque interpretazione dei mondi. Interpretazione intesa almeno in due modi: il primo è quello dell’esegesi, il secondo quello dell’ermeneutica. Questi due orientamenti sono propri della tensione della contemporaneità.”
fotogallery dell’evento
il libro
I cani di Didyme. All’ombra del Faro
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