“Più forte del fuoco” ovvero la vita spericolata di un giovane ordinovista siciliano. La storia di “Checco” Rovella che diventa quella di una generazione.
Quella giacca verde al muro, simbolo di appartenenza
sono stati anni da viver intensamente
Il libro, si legge quasi senza staccar l’occhio dalle pagine, con passione, intensità, quasi con ansia. Immergendosi anche vicenda carceraria, di quella durissima esperienza di sopravvivenza dietro le sbarre, tra scontri e lotta per sopravvivere anche alla violenza dei “rossi”, scoprendo che “il cuore nero” ci porta avanti, nelle analisi e nelle considerazioni, volando su quelli che sono gli anni di piombo e proiettandoci sul nostro oggi.
A Messina Rovella ha raccontato lanche della prima uscita ufficiale del gruppo di Ordine Nuovo, a Catania proprio durante il comizio di Giorgio Almirante e la contestazione alle parole del leader di quel Movimento Sociale lanciato verso i successi elettorali degli anni settanta, in quella “raggiante” Catania fatta di politica, di scontri davanti le scuole, di moto, di amicizie e letture.
carcere e numeri da regime di polizia
Le pagine dedicate alla detenzione carceraria di Rovella sono tra le più agghiaccianti.
Ma parlarne serve a squarciare il velo su quello che è stato il regime di polizia in atto in quegli anni. Circa 30.000 giovani trattenuto in carcere tra il 1968 e il 1984. Oltre 7.000 in un solo anno. Numeri da stato sudamericano, insomma da regime. In Italia funzionava così.
Nessuno però ne parla, dice Rovella da tempo. Gli anni di piombo sono ricordati con la lista dei morti, degli “uccisi”. delle stragi e non come quelli della repressione.
Infatti sui numeri della repressione, indice di rivoluzione, del disagio sociale, dello scontro non solo nelle fabbriche, pochi accendono i riflettori. Sarebbe bello interrogarsi perchè. Chi ha paura di quelle verità? Come della stessa strategia della tensione, che in altri stati diventava Golpe ma che in Italia su un’occulta quanto accorta regia, a stelle e strisce, divenne attentati, paura, arresti, vuoi per arginare l’avanzata comunista prima, poi per determinare l’emorragia di voti, in un flusso dalla destra verso la Dc.
Ma tornando al libro. Rovella parla di quel clima, di quello che che si viveva in carcere da detenuto ed anche dei carcerieri, a volte da carnefici e vittime e ostaggi della furia belluina dei detenuti di sinistra e di quelli di destra. Se entravi in carcere pur non essendo un delinquente politico, immancabilmente lo diventavi. Fortunatamente Francesco Rovella ha smentito quest’assioma.
Il libro è una biografia, che permette di far comprendere, a chi non ha vissuto per scelte, o per età anagrafica, di rivivere quei momenti vividi, forti, ardenti, fatte di scelte politiche. Di quelle scelte, dalla parte sbagliata, di quei moti di liberazione generazionale.
Checco abbracciò quei momenti con polso da leader – e mantiene ancora tutto quel carisma. E la politica – a tempo pieno – non gli negò di vivere altri aspetti della sua gioventù. Per chi aveva vent’anni negli anni ottanta sui nebrodi basta ricordalo come grande gestore di quella che è stata la stagione del “DèJà Vu” la discoteca La Pineta di San Giorgio di Gioiosa Marea o dei locali goderecci e di moda alle Eolie –
Lui, nel suo libro ci racconta, nero su bianco, di quell’ondata di illegalità politica, diffusa vissuta con strafottenza legionaria, che divenne l’head line degli Anni Settanta e soprattutto dell’essenza, tra i giovani, del movimento politico Ordine Nuovo vissuto come un laboratorio politico e culturale che cercava di offrire nuovi spazio di vedute e di agire a una destra moderna, diversa.
A Messina Rovella ha avuto il tempo di parlare anche della stagione delle bombe, delle due stragi: quella di Milano e quella di Bologna. L’ha fatto da attento cronista, analizzando elementi, carte, materiale, memoria. Lui che viene chiamato in convegni e incontri sul tema, ha la sua verità, la espone e la racconta. Ridisegnano la storia d’Italia. Ridanno un senso ed i nomi a chi si è servito di quei morti.
Ultima nota: la Giacca verde
Era appesa al muro dietro il tavolo dei relatori. Quasi uno tra questi. Un simbolo tra i simboli di quella stagione politica. Un senso di appartenenza; di identità di Gruppo indossata come una dichiarazione politica, portata con l’orgoglio come una divisa, e che, senza coprirla, avvolgeva quell’inquietudine – come tanti eskimo – che non lasciava nè lascia scampo e con la quale, molti di quelli che hanno militato non solo a destra, hanno dovuto fare i conti.
da acquistare
Più forte del fuoco. Diario extraparlamentare nella Catania degli anni Settanta
di Francesco Rovella (Autore)