Ritorna al Biondo Cinzia Maccagnano con lo spettacolo Di giorno e di Notte
La sua forza traluce e splende dagli archi antichi dei teatri greci (regista e interprete di numerose prime al teatro greco di Segesta, Tindari e del Plautus Festival), storica regista della Tyndaris Augustea). Lei ritorna al “Biondo” con lo spettacolo Di giorno e di Notte, scritto da una certezza della drammaturgia contemporanea, Beatrice Monroy.
Due gabbie
Due gabbie della coscienza, metafora di due abitazioni confinanti che si specchiano, fluendo nel terrazzo in cui voci, storie e memorie dell’infanzia si rincorrono per diventare trama.
Due gabbie speculari, due vite, due voci maschili di essenze opposte, Federico e Roberto, rispettivamente Giuseppe Randazzo, la cui interpretazione è stata pregevole specie nel disincantare derive folkloriste e Dario Muratore, solido pur nell’ ondivago equilibrio della moglie; due voci femminili che si rincorrono come echi metafisici del pensiero e rivelano, sin dalle prime battute, il sottile e intrecciato legame delle due protagoniste Matilde, un’ imponente Simona Malato e Carla, Viviana Lombardo intensa e corposa nel suo desiderio di ricerca e di denuncia.
Beatrice Monroy
Beatrice Monroy tesse un testo meraviglioso con la sapienza di chi maneggia i rovelli creativi del cold case e di chi conosce la simbologia antropologica siciliana.
Se é vero che la Monroy ambienta il testo nella Palermo ancora vessata dalle grandi stragi di mafia, di contro il suo messaggio di ampio respiro avvolge qualunque città che cammina ” con il mento basso” incurante dei bisogni dei suoi abitanti.
La Malato esprime molto bene, senza mai eccedere in facili stereotipi, l’emotività di una donna adulta, moglie innamorata e riverente che sente ancora vivo il legame con l’amica di infanzia, Carla appunto, bimba brutalmente ferita dall’ uccisione del padre.
Qui gli spasmi accorati di verità della Lombardo sono profondi, lancinanti: lei vuole andare “dentro il cratere e mischiarsi” e lo stesso Matilde che sin da bambina si prendeva cura di Carla e di cui non comprende il motivo dello spezzarsi del loro legame, come le trecce tagliate di Carla che va via(la simbologia della treccia é estremamente efficace) e questo evento “inturciunia” la verità che le riguarda. Matilde affonda nel cratere, affonda nel ventre storico della città vecchia per capire.
le belle intuizioni della Regista
La regia della Maccagnano che fin ad ora aveva sublimato il testo con una purezza di passaggi emotivi fatti di cambi di luci e di toni gradualmente rivelatori, ad un tratto squarcia il tempo.
La città antica rappresenta dalle sorelle di Rosina (interpretata da una eccellente Pellitteri che non pronunzierà una battuta e la cui maestria è affidata al movimento scenico) é pregnante e simbolica in senso quasi desimoniano.
Cinzia Maccagnano dirige con innata classe un testo importante non cedendo mai a facile soluzioni registiche e mantenendo il valore di un lavoro pulito, coscienzioso e rigoroso.
La sua cifra stilistica ed intellettuale è una certezza e gli applausi scroscianti del debutto hanno suggellato il successo di questa prima nazionale della stagione del Teatro Biondo di Palermo.