REPORT RAI 3 – Attentato Antoci. Tornano attuali le parole del Capo della Polizia
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REPORT RAI 3 – Attentato Antoci. Tornano attuali le parole del Capo della Polizia

Report è come se avesse perso l’innocenza. Il caso Antoci e la nota trasmissione d’inchiesta della Tv di Stato che questa volta “toppa” di brutto. C’è da chiedersi a chi serve questo “mascariamento”? Alla politica? alla mafia? agli affaristi dei miliardi d’euro che il protocollo che porta il nome di Antoci sta bloccando?Forse in una sinistra combinazione a tutti. Sarebbe bene chiederselo riguardando quella puntata che, se registrato ai tempi di Cesare, sarebbe giunto, in una personalissima logica, a chiedere a Marco Bruto cosa ne pensasse del padre, mentre lo stesso aveva il coltello insanguinato in mano.

Dunque lasciando ai più di rivedere la punta di Report – Rai3 – che parte dal caso Montante, ci poniamo delle legittime domande quando viene toccato Giuseppe Antoci

Qui l’intera puntata sul caso Montante

Infatti in uno dei passaggi della trasmissione si ridà ossigeno per alimentare le polemiche sull’attentato che subì l’allora presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci e giustamente ci si chiede ma come si può arrivare, in questo reportage di 50 minuti, incentrato sul “Sistema Montante” ad Antoci.

Se eravamo dentro un circo la risposta sarebbe stata: “triplo salto mortale senza rete, da trapezista con braccia amputate” anche se, come afferma il giornalista di Report, Paolo Mondani, nel suo pezzo, il nesso sarebbe racchiuso in questo:“Dalle carte dei magistrati emerge il codice Montante: potere, ricatto e mistificazione. Niente è mai come sembra. Un codice che ci rimanda alla mafia dei pascoli, quella del parco dei Nebrodi che specula sui fondi europei dell’agricoltura. Una partita che in Sicilia vale 2,3 miliardi di euro. Nel 2015 il protocollo di Giuseppe Antoci, già presidente del Parco, obbliga alla certificazione antimafia anche i contributi sotto la soglia dei 150 mila euro. Per la mafia è un colpo e Antoci subisce un attentato”.

Quindi si giunge al Presidente.

Un’intervista sicuramente più ampia che diventa per Report una manciata di secondi.

Giuseppe Antoci, diciamolo subito, ha rinunciato alla candidatura alle Europea per “problemi legati alla sicurezza”.

Lui vive sotto scorta e in Belgio sarebbe stato difficile potergli garantire la stessa sicurezza che gode in Italia e, dicono fonti del mondo politico, sarebbe stato l’uomo ideale a condurre la Commissione Europea Antimafia, visto anche che il suo “protocollo” sta trovando interesse in altri stati… ma andiamo avanti.

Alla domanda dell’intervistatore che rammenta come quel 18 maggio del 2016, l’attentato subito chiedendogli “il motivo di questo fallimento”, Antoci replica: “Qui la mafia non aveva sbagliato. Quell’attentato è tecnicamente riuscito purtroppo”.

Il cronista intervista poi Giuseppe Foti Belligambi.

Chi è?

Un allevatore che era anche tra i 14 indagati, poi archiviati, per l’attentato ad Antoci nonché destinatario di interdittiva antimafia proprio per la vicenda dei terreni.

Lui ora sostiene, chiacchiere di paese, e aggiunge:”che si parla di politica e questo attentato secondo tutte le persone, le nostre opinioni poteva essere un attentato falso.

E che la mafia con quell’attentato non c’entri ne è convinto anche Mario Ceraolo, oggi pensionato e avvocato, ai tempi Commissario di Ps Barcellona, che afferma che su indicazione dell’allora procuratore di Messina, Lo Forte (sembra non ci siano atti ufficiali a riguardo), attivò le sue fonti in ambito mafioso, quelle soprattutto della cosca di Barcellona Pozzo di Gotto per saperne di più sull’attentato.

Ora a Report risponde alla domanda: “Sì, e la risposta è stata abbastanza, come dire, unanime nel senso che tutte le fonti hanno riferito che la mafia in quell’attentato non c’entrava nulla, che si trattava di una “babbarìa”, l’hanno definita, che era collegata con la politica. Lì è stata la politica. È la politica.

E qui c’è da dire che su altre affermazioni di Ceraolo ci sono procedimenti giudiziari, mossi da suoi colleghi e lo stesso Antoci rispondendo a Report, conclude: “Purtroppo a volte, oltre che combattere la mafia si devono combattere zelanti mascariatori”.

Di fatto su quell’attentato, forse in maniera troppo repentina e costretti dagli obblighi dei 24 mesi, è sceso il velo dell’archiviazione, ma in quelle carte c’é tutta la ricostruzione di quei momenti e nulla sembra proprio non lasciar dubbi sulla volontà di “di uccidere” che portò al suo compimento e che solo per un fortuito caso, l’allerta del Sindaco di Cesarò al Commissario quella notte e quindi il sopraggiungere, di un’altr’auto, dove a bordo c’era il compianto poliziotto Tiziano Granta e proprio il Commissario Daniele Manganaro, che ingaggiando un conflitto a fuoco con gli attentatori, fecero fallire il criminoso piano.

Ora ci si pone la domande.

Come si fa a non considerare una sentenza chiarissima depositata in sede di archiviazione dalla DDA di Messina e confermata dal Gip dove si ricostruisce l’attentato e le motivazioni e dove soprattutto si dichiarano come calunniosi gli esposti anonimi arrivati sui vari tavoli delle Procure?

Basta rileggere quegli atti, come i passaggi fondanti del decreto del Tribunale di Messina del 25 luglio 2018 e della DDA del 3 maggio 2018 che dicono: “Innegabile che tale gravissimo attentato è stato commesso con tipiche modalità mafiose con la complicità di ulteriori soggetti che si erano occupati di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalarne la partenza dal Comune di Cesaro” ( pag. 3/8 decreto primo capoverso); “Si tratta di un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere” ( pag. 3/8 decreto primo capoverso); “Tale azione delittuosa induce a collegare tale attentato alle penetranti azioni di controllo e di repressione delle frodi comunitarie nel settore agricolo-pastorale da tempo avviate da Antoci” ( pag. 3/8 decreto secondo capoverso). “Pervenivano a questo ufficio plurimi esposti anonimi che da quanto emergeva dalle indagini svolte apparivano calunniosi“. ( pag. 95 richiesta archiviazione DDA Messina);

Un attentato ricostruito con tecnica innovativa utilizzata per la prima volta in Italia dalla Scientifica di Roma e che ha anche studiato quello di via d’Amelio.

Per l’attentato ad Antoci la Polizia Scientifica di Roma e la Magistratura dichiara l’assoluta corrispondenza di quanto dichiarato e quanto minuziosamente verificato nelle ricostruzioni e dunque scrive: “collimante con le circostanze descritte dai soggetti coinvolti nei fatti” (pag. 14 richiesta archiviazione DDA Messina).

Cosa certa è che l’aspetto economico legato alla gestione dei pascoli ed all’applicazione del Protocollo Antoci è stato devastante.

Quello che emerge è solo la punta dell’iceberg di quanto con la semplice presentazione del certificato antimafia blocchi. Un mondo sommerso dove forse “altri” regnano e che va oltre al solito ritornello che vuole che la mafia in questi anni si fosse finanziata con i fondi europei per l’agricoltura.

E poi che c’entra Montante con Antoci che dice di non solo di non conoscerlo ma di non averne mai sentita neanche la voce?

Dunque cosa c’entra la sua vicenda con tutto questo?

Di certo Foti Belligambi, l’intervistato, è una voce che dal protocollo Antoci ha avuto diverse problematiche, che è notoriamente conosciuto alle forze dell’ordine, arrestato scarcerato e che da intercettazioni della DDA di Caltanissetta sembra proprio non nutriva tanta simpatia per Antoci.

Insomma è come chiedere un giudizio di Cesare al figlio Bruto che lo aveva appena assassinato e scandalizzarsi che ne parli pure male.

Ma Report va avanti, mette in discussione quanto detto dallo stesso Capo della Polizia, Franco Gabrielli:

“In questo Paese non ti devi solo difendere dalla mafia e dalla criminalità, ma anche da zelanti mascarioti prodighi di comunicazioni e pronti a inoculare sospetti in ogni occasione“.

Gabrielli ha detto ciò a Roma intervenendo alla presentazione del libro ‘La mafia dei pascoli’ di Giuseppe Antoci e Nuccio Anselmo, aggiungendo: “Nel nostro paese abbiamo la capacità di continuare a farci del male, come ha dimostrato il caso Antoci, con accuse di fake dopo l’attentato, come se fosse stata una messinscena“. (fonte AGI).

Un’affermazione pesantissima con il chiaro obbiettivo di farla arrivare a chi in questi anni ha tentato di delegittimare, ma sembra che molti non godano di buon udito.

Domande, dubbi, perplessità lecite al punto che il servizio mandato in onda su Report sembra aver un effetto boomerang, e che stia tornando indietro, in maniera devastante.

Di certo lo Stato, quello vero e sano, dovrebbe dar risposte, e anche in tempi celeri come anche la stessa Rai 3 che dedica prima a Antoci una puntata dei Nuovi Eroi e poi insinua dubbi senza dar risposte.

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Andrea Camilleri, per il suo impegno civile e la sua lotta alla mafia lo ha definito “un eroe dei nostri tempi” e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha insignito dell’Onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.

Noi ci fermiamo qui, avevamo pensato di titolare questo pezzo con “Report – la perdita dell’innocenza” poi abbiamo optato per le “parole attuali”del capo della polizia. E forse abbiamo fatto bene.

Un ultimo ricordo va a Tiziano Granata e Rino Todaro… sicuramente loro che nella giustizia ci credevano fino in fondo si staranno rivoltando nella tomba.

3 Maggio 2019

Autore:

redazione


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