Una interpretazione da azzeccagarbugli potrebbe suggerire che pur non essendoci l’obbligo, gli enti locali potrebbero ugualmente e legittimamente privatizzare o addirittura assegnare interamente a privati tali servizi.
Tuttavia il buon senso suggerirebbe di non farlo perché 95 elettori su 100 si sentirebbero per l’ennesima volta gravemente turlupinati.
Per Messina, però, questo risultato ha grande rilevanza per la gestione dei rifiuti ed il futuro di Messinabiente. Infatti i progetti dell’amministrazione comunale di Messina di assegnare il servizio tramite un contestato bando o addirittura di liquidare la società, nonché la proposta di privatizzazione parziale del PD, sembrano oggi semplicemente contrari alla volontà popolare, e chi non volesse rispettarla si dovrà assumere una grave responsabilità.
Rete Rifiuti Zero Messina ritiene invece che Messinambiente vada rilanciata. Anzi dovrebbe crescere ed estendere il suo raggio d’azione su tutta la provincia, visto che anche le nascenti Società di Regolamentazione Rifiuti (SRR) dovranno rispettare la volontà popolare e puntare su una gestione pubblica della filiera dei rifiuti, individuando un gestore unico del servizio per tutto l’ambito provinciale. In tal senso Messinambiente costituisce una grande opportunità, visto che la sua proprietà è interamente pubblica.
Ma come finanziare questo rilancio ed assicurare un servizio decente ai messinesi? Visto che non pagherà più Pantalone (la regione), bisognerà che Messinambiente – la cui azione non è stata esente da errori nel passato, è utile rimarcarlo! – e tutti i comuni cambino politica: invece di pagare con i soldi dei cittadini la lobby delle discariche o dell’incenerimento, bisogna valorizzare davvero i materiali post-consumo (detti stupidamente rifiuti).
Recuperando anche solo il 65% delle 350.000 tonnellate, che la provincia di Messina produce ogni anno (dati ARPA), si potrebbero incassare 13 milioni di euro e creare 700 posti di lavoro (dati ricavati da uno studio della Rick Anthony consulting). Invece i cittadini pagano – e qualcuno li incassa! – non meno di 40 milioni di euro l’anno (oltre ai costi ambientali) solo per sprecare questi beni di tutti seppellendoli in discarica. La filiera dei rifiuti, dunque, si potrebbe pagare da sola, attivando il compostaggio dell’umido ed i recupero e riciclo del secco.
Recuperare queste risorse (danari e lavoro) è possibile e doveroso, perché esistono diversi ed efficaci sistemi brevettati di raccolta porta a porta. Basta solo attuare opportune politiche tariffarie che invoglino i cittadini a non mescolare l’umido con il secco in casa. Gli amministratori, dunque, rispettino i cittadini e le loro tasche e si diano una mossa.
Rete Rifiuti Zero Messina
Beniamino Ginatempo (pres.)
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