Ieri sera è stato presentato sul Tg nazionale una ricostruzione animata, in 3d, dell’attentato all’ex Presidente del Parco dei Nebrodi. Il video è frutto da studi balistici e proiezioni animate sulle posizioni di uomini e mezzi durante il conflitto a fuoco. Ma dice anche altro.
Infatti nel servizio mandato in onda nel Tg della 20,00, in prima serata, si evidenzia su come le paure ed i timori di un amministratore locale, che si intrattenne subito dopo la cena tenutasi in un locale di Cesarò con il vicequestore Daniele Manganaro, indussero quest’ultimo a “inseguire” la macchina di Giuseppe Antoci, giungendo in extremis, appena questa era stata bloccata dagli attentatori, e ingaggiando il conflitto a fuoco con i malviventi, insieme all’altro poliziotto che aveva a bordo, Tiziano Granata, evitò il peggio.
E riassumendo le vicende giudiziarie nate intorno all’attentato, che dopo due anni – era il 18 maggio 2016- è giunto alla sua archiviazione, senza dare alcuna risposta su chi era stato a sparare, nel servizio mandato in onda si ipotizza anche la possibile riapertura delle indagini, anche alla luce delle risultanze di questo video, che ovviamente, è stato proiettato solo in parte.
Così mentre Giuseppe Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi, aveva da subito sperato che un pentito si potesse fare avanti avanti per “raccontare” quel che c’è stato dietro l’attentato ora la tecnologia potrebbe fare la sua parte.
I fatti narrano che la notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, l’ex presidente del parco dei Nebrodi fu vittima, insieme alla sua scorta, di un tentato omicidio a colpi di fucilate e molotov sulla strada tra Cesarò e San Fratello.
E solo l’intervento del vicequestore Manganaro e dell’agente Granata , che sopraggiungevano di gran carriera, intuendo il pericolo, evitò il peggio.
A maggio di quest’anno i pm della Direzione distrettuale antimafia di Messina avevano chiesto di archiviare il caso che vedeva inizialmente 14 indagati ed il gip – recentemente – ha accolto quella richiesta.
Antoci, deluso dalla svolta del procedimento, ebbe a dire: “Come è spesso accaduto nella storia degli attentati compiuti in Sicilia speriamo in un collaboratore di giustizia che possa fare luce e aiutare la magistratura”, aggiungendo allora in maniera sibillina che nei prossimi giorni sarebbero arrivati “certamente i primi rinvii a giudizio per chi ha tentato di depistare e infangare”.
Secondo Antoci, e ne è convinto ancora, le cosche lo volevano morto per la sua attività di vigilanza sull’erogazione dei Fondi europei per l’Agricoltura, soldi sui quali le famiglie mafiose dei Nebrodi riuscivano a lucrare senza eccessivi rischi.
In quell’attenato è anche da rivedere la natura del dna di alcuni mozziconi di sigarette… in un primo tempo si disse che uno tra i tanti apparteneva ad un militare.
Notizia poi svanita nel nulla.
il video