Riflettori e analisi\denuncia su quello che viene definito un vero e proprio “sciacallaggio finanziario”
L’analisi
Giuseppe Pettina, advisor del consorzio stabile Cassiopea, ha sollevato una riflessione critica sulla progressiva scomparsa della piccola e media impresa in Italia, un fenomeno che negli ultimi tre anni ha assunto proporzioni allarmanti.
La sua analisi denuncia un vero e proprio “sciacallaggio finanziario” che, a suo avviso, è stato favorito dalla passività o dall’inefficienza dei governi, indipendentemente dal loro orientamento politico, a vantaggio delle banche e dei grandi imprenditori.
Implicazioni sociali: il declino della piccola e media impresa
La piccola e media impresa (PMI) rappresenta storicamente il cuore del tessuto produttivo italiano. Queste aziende, diffuse capillarmente in tutto il territorio, hanno garantito per decenni occupazione, stabilità e innovazione, creando un forte legame con le comunità locali. Il declino delle PMI, descritto da Pettina, ha gravi conseguenze sociali: la chiusura di piccole attività genera disoccupazione, desertifica interi settori economici locali e contribuisce ad un senso di disorientamento sociale, poiché i cittadini perdono non solo il lavoro, ma anche parte della loro identità economica.
Inoltre, le PMI non rappresentano solo un segmento dell’economia, ma anche un modello di imprenditorialità che valorizza la prossimità, la qualità artigianale e il servizio al cliente. Il loro declino segna il passaggio da un sistema economico basato su relazioni dirette e comunitarie a uno dominato da grandi gruppi industriali, dove prevalgono logiche di massimizzazione del profitto, spesso a discapito della qualità e della sostenibilità.
Implicazioni politiche: l’inazione dei governi
Una delle critiche più forti di Pettina è rivolta ai governi, accusati di non aver fatto abbastanza per fermare questo declino. Secondo l’advisor del consorzio Cassiopea, sarebbe bastato poco per evitare che le PMI venissero “sacrificate” sull’altare degli interessi dei grandi gruppi finanziari e industriali. L’inazione dei governi, sia di destra che di sinistra, dimostra, a suo avviso, un’incapacità di proteggere il tessuto imprenditoriale nazionale, lasciando che le banche e i grandi imprenditori dominino il mercato dei crediti.
L’assenza di politiche economiche mirate ha rafforzato un sistema che favorisce i grandi attori a discapito dei piccoli. Pettina sostiene che lo Stato avrebbe potuto intervenire in modo efficace, sostituendosi alle banche e acquistando i crediti delle PMI al 60% del loro valore nominale, risparmiando così il 50%. Invece, si è permesso che le banche e gli industriali approfittassero della situazione, acquistando i crediti con sconti massicci e causando il fallimento delle piccole imprese.
La mancanza di intervento statale, secondo Pettina, solleva una domanda cruciale: a chi giova questa situazione? La sua denuncia espone il sospetto che esistano interessi consolidati dietro il mancato intervento pubblico, e che i beneficiari siano i grandi gruppi finanziari, lasciati liberi di “fare shopping” e accumulare ricchezze sulle spalle dei piccoli imprenditori.
Implicazioni economiche: il trasferimento di ricchezza
L’aspetto economico della denuncia di Pettina si concentra su una questione chiave: la gestione dei crediti deteriorati o non performanti (NPL). Secondo i dati forniti, si stima che il valore complessivo dei crediti in gioco sia di circa 100 miliardi di euro. Chi acquista questi crediti al 60% del loro valore, risparmia 40 miliardi di euro, una cifra che, come sottolinea Pettina, lo Stato avrebbe potuto risparmiare intervenendo direttamente.
Questa dinamica genera un vero e proprio trasferimento di ricchezza: da un lato, le piccole imprese vengono indebolite e spesso condotte al fallimento; dall’altro, i grandi attori finanziari e industriali accumulano enormi profitti, sfruttando un sistema che permette loro di acquistare i crediti a prezzi di saldo. L’assenza di un ruolo attivo dello Stato, che avrebbe potuto intervenire per stabilizzare la situazione e garantire maggiore equità, rappresenta una grave lacuna.
A chi giova questa situazione?
La domanda conclusiva di Pettina, “A chi si sta facendo questo favore?”, solleva interrogativi sulle dinamiche economiche che stanno plasmando il futuro del sistema produttivo italiano. La scomparsa delle PMI non è solo una questione di crisi economica, ma un cambiamento strutturale che potrebbe ridefinire l’intero modello economico nazionale. I grandi gruppi industriali e le banche sembrano trarre vantaggio da questa situazione, mentre le piccole imprese vengono sacrificate.
L’implicazione è che esista un sistema di potere economico-finanziario che condiziona le politiche pubbliche, rendendo difficile, se non impossibile, per i piccoli imprenditori competere in un mercato sempre più dominato da attori globali e concentrati. Senza un intervento deciso da parte dello Stato per riequilibrare queste dinamiche, il rischio è che la polarizzazione economica diventi irreversibile, con conseguenze devastanti per la coesione sociale e per l’economia nazionale.
Le parole di Giuseppe Pettina invitano a riflettere su una questione cruciale: se il declino delle PMI rappresenti una naturale evoluzione del mercato o una conseguenza di politiche sbagliate e di scelte deliberate a favore dei grandi gruppi finanziari.
In entrambi i casi, le implicazioni sociali, politiche ed economiche sono profonde, e il futuro del Paese dipende dalla capacità di affrontare questa sfida con decisione e lungimiranza.
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