Con sentenza pubblicata solo qualche giorno fa il Tribunale di Genova ha condannato il Ministero dell’Interno ex art. 2043 cc a risarcire per oltre 600.000 euro i familiari di un vigile del fuoco deceduto per complicanze derivanti dalla prolungata esposizione all’amianto per ragioni di servizio.
S.C., Vigile del Fuoco dal 1959, nello svolgimento dei propri incarichi aveva infatti subito l’esposizione ad amianto anche in ragione delle tute e dei guanti ignifughi indossati e dell’utilizzo di teli, tutti beni in amianto usurati e soggetti a spolverio, giungendo all’infausta diagnosi di mesotelioma pleurico nel 2009 ed al decesso l’anno successivo.
Il Giudice, in particolare, ha riconosciuto una particolare rilevanza probatoria alle “chiare e precise dichiarazioni” rese dai colleghi del de cuius, i quali tutti hanno riferito della quotidiana esposizione all’amianto, materiale che costituiva “le protezioni di servizio in uso negli occasionali interventi di estrema urgenza e gravità e nelle frequenti attività di addestramento, sia perché sovente a copertura di strutture ed edifici nei quali venivano eseguiti gli interventi di emergenza”.
Sempre dall’istruttoria orale e dagli atti di causa il Tribunale ha valutato come ampiamente dimostrata anche la colpa del Ministero convenuto, risultando chiaramente l’omissione di qualsiasi misura – anche minima – prevista dalla legge idonea a prevenire il danno alla salute provocato dalla predetta esposizione (“[…] è emerso insomma che parte convenuta, pur consapevole della presenza del materiale che costituiva parte fondamentale delle protezioni in uso, non si è curata di adottare neanche quelle minime cautele quali la sostituzione periodica e la dotazione di maschere specifiche in occasione degli interventi di emergenza, pur essendo nota da tempo la nocività del materiale.”).
Tutti questi motivi hanno dunque portato alla condanna ed al riconoscimento di un ristoro, quantomeno materiale, a favore dei congiunti – moglie, figli e sorella – che si sono visti privare di un così importante affetto.
Peraltro, i danni risarciti dal giudice ligure riguardano unicamente i danni subiti iure proprio dai congiunti, mentre con riferimento alla sola posizione del Signor S.C. risulta tuttora pendente davanti al TAR un’ulteriore richiesta risarcitoria nei confronti del medesimo Ministero dell’Interno, questa volta in qualità di datore di lavoro, per ulteriori 900.000 euro.
Tale sentenza inoltre costituisce inoltre la prima vittoria della neoistituita Associazione ONLUS Amianto Pubblica Amministrazione (AM.P.A), la quale si propone il monitoraggio e la rimozione dell’amianto e di ogni altro agente tossico e nocivo all’interno dei luoghi di lavoro della Pubblica Amministrazione, delle società partecipate dalla Pubblica Amministrazione e dalle società oggi privatizzate appartenute allo Stato.
L’attività dell’Associazione si muove su diversi livelli, che ricomprendono lo studio e l’analisi del problema amianto nei siti pubblici nonché la promozione di una sempre maggiore visibilità ad una questione molto spesso sottaciuta in tutta la sua gravità.
L’AM.P.A. (http://www.osservatorioampa.org) nasce inoltre con la finalità di rappresentare un luogo di incontro e di coordinamento tra le varie categorie di soggetti colpiti – sia direttamente che indirettamente – da questa vera e propria “strage di stato”: “Il nostro impegno riguarderà non solo la raccolta di dati epidemiologici e statistiche riguardanti la presenza di amianto nelle Pubbliche Amministrazioni, ma anche l’assistenza, la rappresentanza e la tutela anche giuridica dei familiari delle lavoratrici e dei lavoratori esposti a tale micidiale componente” così il Presidente e Fondatore della ONLUS Avv. Pietro Frisani, che si propone di far valere la propria pluriennale esperienza legale – ed i propri successi – nei confronti dell’amministrazione pubblica.