A bordo del traghetto si ha la sensazione quasi trascendentale di sentirsi sul mare ed in nessun posto, il salmastro del mare, il vento, il sole creano una sorta di non-tempo che da la possibilità di pensare in un posto neutro.
Passare il tempo a pensare e a riflettere i motivi di questo viaggio senza le interruzioni della quotidianità è come respirare un’aria nuova e ti permette di osservare situazioni che non avresti mai pensato.
Gli immigrati albanesi che tornano a casa per le ferie estive. Vedi anche li’ albanesi benestanti e meno benestanti, “carichi” dei loro piccoli sacrifici durante il lavoro svolto il Italia, alcuni partiti da soli accompagnati dalla propria solitudine, alcuni con l’intera famiglia: accanto a me c’e’ seduto Luigi un bambino dagli occhi color nocciola, il fratellino e la sua mamma, sembra una persona provata dalla vita con degli atteggiamenti strani ma dal cuore d’oro, fa’ di tutto per cercare di farli divertire uscendo dalla borsa “Mary Poppins” un po’ di tutto.
Si gira verso di me e vede che il condizionatore acceso nella saletta ha sortito effetti devastanti per la mia gola, prende dalla borsa un tubetto di vicks e mi dice con senso di protezione che vuole spalmarmelo, la ringrazio dicendole che ho gia’ spruzzato una spray, dall’altra parte delle poltroncine vi e’ Sole una ragazza albanese, esce dallo zaino un plaid e copre sia lei che me.
Sono cose piccole che ti fanno pensare ad un popolo generoso, stanco solo di fare una vita fatta di stenti e sacrifici.
Approdati al porto di Durazzo vedi dei bambini mal vestiti, qualcuno con la stampella, che chiedono la carità ti sembra di essere in India, solo che qua chiedono dei Lek e non Rupie, cambia solo il nome della moneta ma non la situazione e dentro di te speri di non vederli più perché fa male.
Mi chino con una salviettina imbevuta a pulire il nasino di una bimba ridotta all’inverosimile ma una delle suore me lo impedisce dicendomi che qua sono tutti cosi’ i bambini e che devo essere piu’ dura, sara’ che ha ragione, ma non ci riesco. Usciti dal porto ci dirigiamo verso gli autobus, li’ sale anche un ragazzo che ci vende delle banane e delle bottigliette di acqua aromatizzate al limone.
I pullman sono trascuratissimi, le poltroncine scomode e i vetri che proteggono dal sole cocente sono di una stoffa pesante e impolverata.
Fermati ad Elbasan scendiamo dall’autobus per prendere una specie di furgone-taxi che ci portera’ fino a Korcé.
Ad Elbasan con suor salvatrice entriamo in un bar, forse una dei piu’ curati per andare in bagno, sulle mensole attaccate al muro ci sono in bella vista delle bottiglie in pietra lavica con raffigurata l’etna, allora dico al barista Vladimir che siamo di Catania, lui felicissimo di conoscerci ci offre la Culore, gelato cremoso al latte di mucca. Rientrati dentro il furgone taxi l’autista guidava talmente forte fino a farti stare male facendo dei sorpassi in curva persino ai tir, le suore facevano il tifo per lui dicendo che era bravissimo e anche uno dei piu’ prudenti, quindi chiudo gli occhi non osando pensare come siano gli altri albanesi alla guida, fatto sta’ che mi sono addormentata per tutto il viaggio o forse sono svenuta e non me ne sono accorta. Giunti per miracolo a korcé ci attende suor Giulia a bordo di una jeep.
Arrivati a Bilisht troviamo le altre sorelle della comunita’ e dei volontari di Trieste, Cinzia, Marco e Don Fabio.
La prima notte dormo in un sacco a pelo in uno stanzone con altre ragazze stanche e provate da un viaggio lungo come il mio. Se ci si affaccia dalla finestra si vede la piccola casetta delle sorelle e la cappella dove viene celebrata la messa.
Alle 7:30 in punto suonano le campane per avvisarti che sta iniziando la recita delle lodi mattutine, poi tutti a fare colazione in un grande tavolo imbandito di cose genuine come tanta buona frutta, latte, caffe’, pane e nutella.
Dopo 2 giorni dal nostro arrivo la comunita’ si prepara per 2 grandi eventi ovvero il battesimo di 5 persone di cui un’intera famiglia composta da genitori e due bellissime bimbe e di Taddea una donna splendida di 72 anni piena di vita. I genitori delle bambine dopo il battesimo hanno potuto anche celebrare le loro nozze. Partecipare ad una cerimonia simile e’ stato bellissimo fuori dai soliti schemi della vita quotidiana a cui siamo abituati. Dopo la cerimonia c’e’ stata una piccola festa danzante e un piccolo buffet allestito nella sala della casa delle Suore. Dopo aver concluso i preparativi per la loro festa ci si dedica nuovamente alla vita della comunita’, nei pomeriggi caldi e afosi vengono a trovarci le piccole pesti del quartiere per giocare con noi animatori, qua i bambini giocano sempre per strada, sono molto inventivi e fantasiosi, anche perche’ non avendo giocattoli non hanno molta scelta. Sembra di essere tornati indietro di almeno 100 anni ai tempi dei nostri nonni o addirittura bisnonni.
Alcune mattine dopo le lodi si parte per Vidohove di buon mattino, un villaggio distante e raggiungibile dopo qualche chilometro con la macchina solo a piedi.
Ci sono circa 7 km di una buona e sana camminata. La strada e’ piena di sassi, fango, fogne a cielo aperto e immondizia. Mentre camminiamo vediamo passare asini e carretti, vediamo donne che falciano l’erba e altre che lavano i panni alla fontana, gli uomini spaccare la legna, e bambini che giocano tra le grandi vallate. Le case sono quasi tutte fatte di pietre e fango. Arrivati al villaggio una bambina mi offre dei chicchi di mais presi dalla piccolissima tasca dei suoi pantaloncini color carta da zucchero, la suora mi dice che e’ segno di accoglienza.
Dopo la lunga camminata arrivati a destinazione si celebra la messa all’aperto e poi si pranza tutti insieme. Mentre ti gusti quel pranzo seduta sull’erba, guardi i visi di ognuno di loro e ti rendi conto veramente di quante cose inutili e superficiali facciamo utilizzo e talvolta con poca soddisfazione.
Ripensi a quella strada che hai persorso impraticabile sotto il sole e piena di precipizi, ma senza pensare che quella stessa strada e’ la stessa che durante l’inverno i bambini percorrono per andare a scuola, incontrando neve gelo e portandosi dietro anche un pezzo di legno per riscaldarsi, vedi quella che e’ chiamata scuola ma che in realta’ e’ un edificio con vetri rotti da cui si puo’ vedere aule messe sotto sopra, mancanza di servizi igienici a tal punto che i bambini sono costretti ad andare in bagno all’aperto. In questi villaggi i bambini sono costretti a crescere in fretta, ma ho notato con grande gioia che non hanno perso il sorriso e l’allegria.
Con le Suore siamo andati anche a Soul che e’ un altro dei tantissimi altri villaggi disastrati e pieno di bambini senza speranza.
Li’ ho visto dei visi piccoli ma gia’ grandi. Un viso tra tutti sara’ quello che mai dimentichero’, quello di un ragazzino di circa 12 anni, biondo, e con addosso una maglia di una squadra calcistica, e un paio di scarponi di 5 – 6 punti in piu’ rispetto al suo piede, che faceva anche fatica a camminarci. Mi avvicino e mi presento tendendogli la mano, prima di darmela ha guardato la sua perche’ era sporchissima (piccolo gioia) per spezzare l’imbarazzo gli e l’ho afferrata stringendola con affetto. Appena abbiamo proposto di giocare e’ scappato e non l’ho visto piu’. Mi sono messa a cercarlo e trovandolo mi ha cercato di farmi capire che andava a cambiarsi le scarpe. Poi come da promessa fatta e’ tornato. Guardando lui mentre giocava mi viene in mente il ragazzino italiano viziato e super accessoriato e super nutrito di ogni sorta di novita’ ci siano in circolazione. Poi riguardo ancora lui con quei scarponi e quegli occhioni profondi che si chiedono il perche’ di questa vita, ma non con rabbia, oserei dire quasi con rassegnazione.
Poi lo vedi sorridere e provi al cuore qualcosa di inspiegabile. A Soul la realta’ e’ durissima, vedi veramente di tutto, e’ come trovarsi un po’ in Africa per rendere l’idea a chi avesse poca fantasia e immaginazione.
A Bilisht dove vivono le Suore la situazioni e’ diversa, certo non e’ una delle migliore ma e’ pur sempre diversa rispetto alla vita nei villaggi. Le sorelle li’ anni fa hanno aperto una piccola comunita’ cattolica che e’ molto importante per i gionivani di Bilisht: lo e’ per Drillon un ragazzone intelligente e generoso che suona la chitarra durante la celebrazione eucaristica, lo e’ per Cristi e Besi 2 ragazzine tra di loro sorelle che vivono oltre ad una situazione famigliare complicata anche una situazione carente di salute, infatti Besi la maggiore soffre di una malattia ancora non conosciuta, portata anche in italia grazie ad alcuni volontari. Besi pero’ ha voglia di vivere, parla quasi perfettamente l’italiano, è contenta perche’ a breve si iscrivera’ all’universita’, si gode i piccoli momenti di gioia fatti da una semplice passeggiata mentre mi accompagna in giro per uno dei pochi negozi del paese o mentre mangiamo un gelato insieme anche a sua sorella e ridiamo anche per delle piccolezze, o quando mi porta a casa sua e mi fa conoscere i suoi, la madre per sopravvivere ricama delle cose bellissime, e prima di ripartire per l’italia mi ricama un centro tavola per regalarmelo.
Lo e’ anche per Marina una ragazza che non sa’ nemmeno una parola in italiano ma che con il cuore e con gli occhi riesce a comunicare benissimo, e allora mi basta vederla la sera per la messa mentre mi viene ad abbracciare e mi sorride sedendosi accanto a me.
Lo e’ per Caterina una bambina di appena 10 anni, una zingarella che vive in una casa fatta di lamiere isieme alla sua famiglia, e che viene dalle sorelle perche’ loro aiutano sia lei che i suoi a sopravvivere nei momenti di necessita’. Lo e’ per Ina una ragazza mia coetanea sposata con una bellissima bambina di nome Suami(in lingua indiana vuol dire amore), che vive insieme al marito e ai suoceri, una vita fatta di sacrifici senza mai uscire di casa dedicata interamente alla famiglia, parla grazie alle suore un po’ l’italiano, di tanto in tanto mi aspetta alla finestra per scambiare quattro chiacchiere, quando non la vedo affacciata la chiamo e lei arriva contenta di vedermi, non ha un bisogno economico ha solo la necessita’ di avere qualcuno con cui condividere e scambiare una parola per scappare anche se solo per qualche minuto dalla sua vita quotidiana da donna matura anche se pur una donna giovane. Poi esce la suocera, una vecchietta buona e genuina che mi saluta: Mirèdita ovvero buon giorno in albanese.
Di tanto in tanto capita a chi come me non e’ abituato a questa vita di non vedere l’ora di scappare da questa realta’, poi pero’ arriva un sorriso aperto e sincero di qualcuno di loro per sentirti a casa.
La stessa sensazione che ho avuto salutando prima di partite Besi e Cristi, vedendomi triste mi hanno abbracciata e mi hanno sussurrato: tu per fortuna torni in Italia, pensa a noi che restiamo qua. Queste sono le parole che a distanza di anni echeggiano nelle memoria di chi come me ha vissuto una simile esperienza, una delle piu’ belle di tutta la mia vita’. Poi riguardi le foto di quei giorni, di tutti quei volti e quelle storie e stracci di vita , tutte diverse ma comuni nella loro lotta quotidiana per la sopravvivenza in una Terra difficile anche se bellissima e solare.
Roberta Spitaleri