Intervista di Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Roberta Tagliavini, titolare della @galleria_robertaebasta – la quale vanta oltre cinque decenni di esperienza in Belle Arti e Design del XX° secolo…
Buongiorno Roberta! Vorrei domandarle subito quando, con quale intenzione/progettualità e soprattutto mossa da quale motore interiore si è addentrata nel mondo dell’Arte fino a decidere di dedicarsi a essa di professione [clicca qui https://robertaebasta.com/ per accedere al sito Internet della Galleria d’Arte, oppure https://instagram.com/galleria_robertaebasta?igshid=YmMyMTA2M2Y= per visionare il profilo IG]. “Buongiorno Giulia, l’amore per l’arte e per la bellezza è sempre stato dentro di me”.
Da piccola, di cosa immaginava d’occuparsi una volta divenuta adulta e che bambina è stata? “Sono stata una bambina molto sola, leggevo tanto e mi interessavo d’arte. Invece di guardare le vetrine dei negozi di giocattoli, guardavo quelle con i mobili e l’antiquariato. L’arredamento è sempre stato nel mio presente e, poi, nel mio futuro”.
Quale colore e quale canzone assocerebbe ai periodi più significativi della sua vita? “La bicromia tra rosso e nero è, da sempre, una costante nella mia vita. Il brano <<Woman in Love>> di Barbra Streisand riesce a rievocare i momenti più belli del passato”.
Cosa rappresenta per lei la Bellezza, l’Arte e quale ritiene esserne il potere nonché principale pregio e valore? “L’arte ti riempie la vita, perché cambia lo sguardo che hai sul mondo. È come una lente che mostra che la bellezza è dappertutto”.
Se la beltà fosse una ricetta, quali ne sarebbero gli imprescindibili ingredienti alla base e quali quelli che rispondono maggiormente al suo gusto? Crede ossia che esista il Bello universale, oppure non v’è possibilità d’oggettività nella valutazione di ciò che lo è e di ciò che non lo è? Inoltre, qualora ritenga che la bellezza sia qualcosa di diverso rispetto al fascino, qual è l’eventuale differenza? “Vorrei dire di sì, purtroppo però non credo che sia possibile oggettivare la bellezza. Senza cercare di farne una discussione filosofica, il primo punto è percepirla. Io la vedo, altri no. Per quanto riguarda il fascino, (…) tutti nella vita lo abbiamo scorto anche dove non alberga la bellezza”.
A suo avviso, quali peculiarità imprescindibili caratterizzano l’Arte destinata a fare Storia? “La riconoscibilità e il seme che lascia dentro di noi come spettatori. Non ultimo il fatto che, prima di fare Storia, faccia Scuola”.
Pensando l’arte quale realizzazione fisica di un pensiero o/e di un’emozione o di un sentimento, quanto amor proprio e quanta generosità vi è nell’espressione del proprio mondo interiore, nella volontà e/o nel bisogno di concretizzare in qualche modo una personale rappresentazione della realtà percepita e filtrata con occhi assertivi o interroganti (occhi che fanno da finestre sul mondo)? “L’arte non è quasi mai un atto di generosità da parte dell’artista. Diciamo piuttosto che è una necessità espressiva, tradotta nel reale mediante un repertorio di strumenti e gli intenti spesso divergono dalla percezione che ne abbiamo noi spettatori”.
Secondo la sua sensibilità, nel caso in cui ritenga che siano aspetti discernibili, si sente più affine alle opere che hanno a che fare con l’intimistico “auto centrico”/autobiografico o maggiormente con il sociale-politico in senso ampio? “Decisamente la prima [opzione]”.
A suo dire da quale seme infestante ha origine la violenza che, all’opposto, tanto allontana dall’Arte quale Kalòs kai agathòs? Arte nella quale anche il brutto/il male, in essa, viene sublimato e diviene pertanto altro di più nobile e ulteriore oppure non condivide codesta visione? “La violenza non è mai arte – tuttavia l’arte può certamente rappresentare la violenza appunto, sublimandola. Il dipinto <<Guernica>> di Pablo Picasso è, senza dubbio, un esempio di facile comprensione di tale processo. Possiamo aggiungere che il gesto artistico, talvolta, può essere violento (Lucio Fontana)”.
Nella quotidianità quale ruolo le pare giochi e quale dovrebbe avere l’immagine visiva, l’estetica, ad esempio nel veicolare significati emozionali, d’impegno verso un qual certo “quid” e psicologici di coloro con i quali ci si interfaccia? “L’immagine è padrona del nostro quotidiano. L’essere italiani ci ha dato la possibilità di ricevere, a ogni passo della nostra vita, un’influenza costante di valori estetici fondati su basi profonde”.
Per un pittore, fotografo, scultore, scrittore, cantante e non solo per questi ingraziarsi il favore dei fruitori degli elaborati, andando incontro e rispondendo alle richieste di mercato, come lo vede? In altre parole la capacità di creare e agire in base ai tempi e ai luoghi, a prescindere dalla propria spontaneità, è necessario – ed eventualmente quanto è fondamentale – per ciascuno di loro al fine di fare del personale estro una professione? “Lo vedo come un qualcosa che è umano [cercare di ingraziarsi il favore dei fruitori degli elaborati, andando incontro e rispondendo alle richieste di mercato]. Poter vivere del proprio estro è, probabilmente, il più grande successo professionale che un essere umano possa ottenere. Non è comune essere in grado di interpretare il proprio tempo, proponendo una visione peculiare che sia comprensibile e interessante per i fruitori. Non si tratta di forzare se stessi, bensì di cogliere il cosiddetto <<Zeitgeist>>”.
Quando osserva, legge, ascolta un creativo cosa la colpisce positivamente e specialmente? C’è qualcuno che, ad oggi, guarda con particolare stima e, se sì, per quale sua peculiarità? “Spesso l’arte contemporanea non è facilmente comprensibile, poiché sovente corrisponde a una visione intimistica dell’artista. Coloro i quali riescono a mettere la propria visione in connessione con lo spettatore sono, per me, degni di nota”.
Sperando di non risultare sfrontate e inopportuna, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa delle fotografie d’arte su tela da me realizzate e che può trovare sul mio profilo Facebook Giulia Quaranta Provenzano, nella sezione Album [si clicchi qui https://www.facebook.com/giuliaquarantaprovenzano per entrare nella mia pagina personale]. “La vividezza dei colori e i soggetti un po’ perturbanti sono molto interessanti”.
…E proprio a proposito di fotografia e pure di pittura e di scultura, qual è il suo punto di vista su ciascuna di loro? Alcuni sostengono che certe arti siano più nobili e complete di altre, tuttavia è davvero così? “L’arte è arte. Personalmente preferisco la pittura e la scultura [rispetto alla fotografia]. La fotografia mi piace molto, ma mi interessa meno collezionarla”.
A proposito degli odierni programmi televisivi – dei quali è spesso protagonista, ad esempio “Cortesie per gli ospiti” ma altresì “La mercante di Brera”, “Cash or Trash – Chi offre di più?” e “Questa è casa mia” – e dei social [clicca qui https://instagram.com/roberta_tagliavini?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo Instagram di Roberta Tagliavini], qual è il suo pensiero al riguardo e con quale finalità si approccia e utilizza quest’ultimi? “I citati programmi sono molto diversi fra loro. <<La mercante di Brera>> è molto personale, racconta la mia vita immersa nell’arte e nella bellezza. <<Cash or Trash>>, invece, è il divertimento della scoperta. Spesso mi sento come una bambina davanti a una vetrina di giocattoli. Pur essendo oggetti semplici [quelli di coloro che credono di avere un tesoro in soffitta e sono pronti a venderli al miglior offerente], li desidero tutti. Con i social ho un ottimo rapporto”.
Alcuni pezzi della sua Galleria d’Arte sono apparsi sullo schermo al fianco dei divi di Hollywood nel film “House of Gucci”. Ebbene, ci racconta qualcosina di questa collaborazione e quale idea si è fatta della storia di tale stilista di una così grande azienda di Moda? “Conosco la famiglia Gucci da cinquant’anni e il film non li rappresenta minimamente – io ho conosciuto persone diverse. Avendo arredato diverse case per loro, per il film ho proposto pezzi che immaginavo potessero realmente piacere a Maurizio e Patrizia”.
A dispetto di quello che un dipinto, una fotografia, una scultura, un corpo possono suggerire emozionalmente al singolo osservatore ritiene che l’ermeneutica sia una scienza esatta e che esista dunque un significato oggettivo delle opere? “Eviterei di parlare di ermeneutica, perché sarebbe troppo lungo arrivare a una riposta. Esiste certamente un significato oggettivo inteso dall’artista. La contraddizione è che, poi, le opere si prestano a letture molteplici”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono fondamentali nel suo vivere e specialmente a livello lavorativo? “Sono, queste nominate, tutte qualità fondamentali che ho dentro di me. Bisogna essere in grado di tirarle fuori, selettivamente, al momento giusto”.
Qual è l’istante in cui, se realmente esiste un tale istante, un cosiddetto emergente capisce che non lo è più? “È una risposta difficile [da dare] perché molti credono di essere arrivati anche se non è così, mentre molti altri che ce l’hanno fatta si considerano sempre in una fase di successo effimero. Alla fine conta la propria storia in prospettiva, non un fugace attimo”.
Infine, prima di salutarci, può anticiparci quali sono i suoi prossimi progetti e magari rivelarci anche qualche chicca in anteprima? “Io accetto tutti i progetti che mi danno felicità e che mi fanno sentire giovane. Ci sono molte idee in ballo, ma per il momento posso dire solo che stiamo girando la terza stagione di <<Cash or Trash>> e che robertaebasta parteciperà all’edizione 2023 della fiera annuale di arte, antiquariato e design The Winter Show di New York”.