Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la nostra collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone un focus sull’attore nisseno, il quale ha ricordato che <<L’amore. Certo, l’amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta – cit. Giuseppe Tomasi di Lampedusa>>. È possibile leggere l’intervista fatta a Rosario Neil Vizzini qui a seguire…
Buongiorno e piacere! Lei è un attore che ha all’attivo notevoli esperienze sia in televisive che al cinema e a teatro. Le domando dunque subito qual è il cosiddetto motore interiore che l’ha portata a intraprendere questo suo viaggio nella recitazione. “Buongiorno Giulia! Sono un attore, ma non sono ancora affermato… ho iniziato da pochissimi anni a recitare. Come ho detto ad Harrison Ford – mentre concordavamo come svolgere la scena sul set di INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO – sono un vecchio-attore giovane con tanta voglia di imparare e di rubacchiare da intorno a me per diventare bravo, affidabile. Quanto alla celebrità, invece, credo che risponda a dinamiche sue proprie che io non posso controllare… se verrà bene, tuttavia eventualmente bisognerà anche imparare a conviverci”.
Avvocato, giornalista, esperto di comunicazione, scrittore, blogger sono soltanto alcune delle professioni – oltre a quella di attore, a cui oggi si dedica a tempo pieno – con le quali si è cimentato. Ebbene, da piccolo invece di cosa immaginava di occuparsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? “Da bambino credo di essere stato come sono adesso, almeno lo spero! Pigro, curioso, timido, facile alla noia, talvolta dotato di fervida immaginazione e uno scolaro diligente, a parte l’Università che comunque ho concluso in un prestigioso ateneo ossia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Da piccolo volevo diventare uno zoologo e studiare le immutabili leggi della natura, invece sono finito a studiare quelle mutevoli degli uomini. Io quando devo fare qualcosa bisogna che mi prenda di petto, che mi risolva a risolvere, ma poi – quando ho capito come funziona quella cosa, quell’attività, che sia fare l’avvocato o risolvere un gioco di enigmistica – mi viene a noia… proprio come un bambino che si è stufato di un vecchio giocattolo. La recitazione però mi ha piacevolmente fregato e vi sono rimasto dentro ché, pur essendo un’arte millenaria con i suoi canoni e i suoi maestri, offrendo anche la possibilità di trovare una propria strada e una propria cifra creativa personale, non è mai uguale a se stessa. Cambia il personaggio da interpretare (seppure ognuno ti lascia qualcosa di sé), cambia il regista, cambia la location, cambiano le maestranze, insomma cambia tutto. Per di più, essendo un mestiere aperto a tutti gli altri mestieri, tutte le mie esperienze pregresse vi convergono naturalmente e l’arricchiscono, trovando altresì esse stesse – se non nuova vita – nuovo valore”.
L’ambiente geografico e sociale (compreso quello familiare) e l’epoca in cui vive, ma altresì il dna e i primi input ricevuti durante l’infanzia, quanto e in che modo sono stati o no fonte d’ispirazione e determinanti per la sua personalità e soprattutto per quello che concerne la sua creatività? “L’ambiente geografico e sociale, l’epoca in cui vivo, i primi input ricevuti durante l’infanzia sono stati moltissimo d’ispirazione per me e in maniera determinante direi. Il mio secondo nome lo devo a Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, per il fatto di essere nato in quei giorni di luglio del 1969. Mio padre faceva il sarto, mia madre è di origini contadine e a me piacciono la creatività a livello manuale e la campagna, la terra, alla quale tuttora dedico molto del mio tempo libero. Anche l’aver vissuto molti anni a Milano e a Roma, oltre che in Sicilia, e i tanti amici e le relazioni sentimentali sia in Italia che all’estero sono stati incisivi per quello che mi riguarda… così come i fatti di cronaca e quelli della storia che hanno attraversato, da vicino o da lontano la mia esistenza e l’hanno segnata. Tutto questo non può che ingrossare la mia valigia d’attore. Mi piace qui ricordare in particolare i miei zii paterni e le mie zie materne che, per motivi di affetto, mi hanno trasmesso un mare di cose utili e di valori – dall’amore per lo studio e per il sapere alla giocondità e al piacere della convivialità, fino al dovere dell’assistenza e del conforto, ma soprattutto vorrei ricordare la mia povera sorellina scomparsa pochi anni fa per un male incurabile. Era la migliore di noi tutti, un faro per me che eppure le ero maggiore di cinque anni e molto di più per irrequietezza di spirito. Con mia grande sorpresa, benedisse la mia scelta di fare l’attore. Poi compresi, adorava Robin Williams e L’ATTIMO FUGGENTE”.
Cosa rappresenta per lei la bellezza e l’arte tutta e quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? “Questa è una domanda così tanto piena, così tanto grande, così tanto profonda che qualsiasi mia risposta potrebbe risultare banale e rovinarla ma bisogna che provi a rispondere. Credo che la bellezza e l’arte siano – quest’ultima, l’arte, che della beltà ne è la sua umana espressione – ciò che più di ogni altra cosa ci tengono in vita… anche quando l’arte ci mostra il brutto del vivere cioè la guerra, la morte, l’ingiustizia, il sopruso dell’uomo sull’uomo, il tragico. Non è un caso, giusto per ritornare al mestiere dell’attore, che le tragedie greche siano arrivate fino ai nostri giorni e continuino a richiamare il pubblico delle grandi occasioni e chissà quanto futuro hanno ancora davanti a loro. Sono opere d’arte eterne perché ci permettono di esorcizzare le nostre paure e i nostri errori così come di sublimare la bellezza che, pur nei nostri umani limiti, siamo in grado di creare. Non per niente, per chi è credente, proprio le opere d’arte sono un dono divino”.
Quale ruolo le pare che giochi l’immagine visiva nella contemporaneità e nel suo iter professionale e umano più in generale? È, inoltre, dell’avviso che proprio l’immagine possa e debba veicolare efficacemente significati emozionali e intellettivi, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia e che ne sia un indicatore di verità? “Nel mondo contemporaneo, ormai, l’immagine è tutto – sebbene la rappresentazione di sé e del mondo sia praticamente nata con l’uomo. Una video-presentazione o un book fotografico ben confezionati possono certamente aiutare l’attore, specialmente se è agli esordi come me… ma mi piace pensare che se dietro l’immagine non c’è una solida base di contenuti, di valori, di stimoli intellettuali o emotivi, presto o tardi tale mancanza verrà fuori. E confido altresì nella capacità del pubblico di saper distinguere, specialmente in quella degli addetti del mio settore. Come detto all’inizio di questa nostra piacevole chiacchierata, spero che mie peculiarità siano l’essere affidabile e il sapermi adattare al personaggio così come alle esigenze della sceneggiatura e ciò con creatività ma anche con discrezione (dacché punto a coadiuvarne il messaggio che si vuole trasmettere, più che a esaltare me) e che codeste siano caratteristiche apprezzate da coloro con i quali collaboro nonché appunto dal pubblico. Credo che sia nocivo essere troppo pieni di sé, tuttavia che questa sia una trappola sempre presente nella vita di tutti noi e ancor di più in quella di un attore”.
C’è qualche suo collega e regista che stima particolarmente e con il quale sarebbe lieto di lavorare nel prossimo futuro? “Beh, essendo io agli esordi, sono una marea gli artisti – attori, registi, maestranze – che stimo e che seguo e dei quali rivedo spesso le opere… da loro, come insegnano tutti i grandi attori e non solamente loro, cerco di rubacchiare sempre qualcosa per pavimentare la mia personale strada dell’arte della recitazione. Non posso comunque esimermi dal citare Harrison Ford, con il quale ho avuto la fortuna di recitare e del quale ne ho apprezzato tanto le doti umane quanto l’altissima professionalità, come anche debbo citare in tal senso il mio amico e maestro non solo di cinema Tony Gangitano. Quanto a future collaborazioni non saprei dire, non avendo ancora così tante scritture in gioco e il conseguente dilemma di doverne scegliere una piuttosto che un’altra in base agli attori o registi che ne fanno parte. Confido nella tacita e reciproca complicità che si instaura tra chi lavora nello spettacolo e in alcuni consigli sul comportamento da tenere “in compagnia” tratte da una commedia di Carlo Goldoni, IL TEATRO COMICO, scritta nel 1750”.
Lei che cosa ne pensa dei talent show e vi parteciperebbe o no, ma altresì qual è il suo approccio e punto di vista a proposito dei social network? “Guardo molto poca televisione. Nei talent show, per quel pochissimo che ho visto, c’è gente parecchio brava ma si tratta di talenti molto specifici. Credo, quindi, che tali spettacoli televisivi non siano adatti a un attore che è portato – per natura della sua arte – a pescare nel canto, nello sport, nella fisicità, nell’espressività del volto, nella comicità, nella drammaticità, nell’imitazione ecc.…e mai in maniera fortemente caratterizzante, bensì con fluidità e miscellànea. Alcuni social li uso parecchio e non credo che siano strumenti in sé negativi se presi nella loro funzione elettiva di mezzi e non di fine”.
I ricordi, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione e l’osare, la razionalità e l’istinto quanto sono rilevanti nella sua quotidianità mentre quanto lo è l’empatia, in primis in ambito recitativo? “L’empatia la metto al primo posto d’importanza perché sono del parere che sia quasi tutto sia nella vita che nell’arte, o quantomeno che faccia da chiave e da spettro per tutto quello che ha citato in quest’altra bella domanda postami. Secondo me la vita appunto è una questione di sintonia, un po’ come la manopola per cercare le stazioni che c’era nelle radio di una volta. I ricordi, la pianificazione, la progettualità, il razionalizzare, il seguire l’istinto possono risultare vani e persino autoreferenziali se non si entra in accordo con gli altri uomini e se non si è in armonia con il contesto grande o piccolo in cui si sta, brevemente o a lungo che sia. Ogni volta che devo provare un personaggio, io cerco sempre la collaborazione di qualche amico e molto spesso che non sia un addetto ai lavori… non mi piace darmi il feedback da solo, temo di cadere nell’autocelebrazione – come anche di piombare nella quasi certa stroncatura o necessità di rimodularmi una volta arrivato sul set. Certo l’interpretazione è sempre personale, ma questo mio dell’attore è anche un mestiere altamente collettivo”.
A suo dire in che rapporto stanno libertà, resilienza e coraggio? E in tutto ciò, benché io non voglia indurla ad alcuna preconfezionata categorizzazione riduttiva e ingabbiante, dal suo punto di vista, cos’è l’Amore (sia esso amor proprio, per altre persone e animali, per idee e ideali, per situazioni, luoghi, attività e molto altro ancora)? “Posto che la libertà ci è preziosa come l’aria che respiriamo, pur avendo anch’essa dei limiti nel senso di responsabilità, credo che le tre suddette cose siano irrimediabilmente connesse tra loro. Non può esserci nessuna reazione positiva a un evento negativo senza il coraggio e nemmeno libertà intesa appunto in maniera positiva, responsabile, partecipativa. Eh, l’amore… <<(…) Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta>>, diceva il principe di Salina ne IL GATTOPARDO. Ma neanche bisogna essere così materialoni, come mi rimproverava sempre una mia ex e aveva ragione poiché si può dare e ricevere in tanti modi e tutti, a modo loro, piacevoli. Anche questa nostra conversazione, che mi invita a riflessioni profonde ed estemporanee, è in fondo un atto d’amore – come può esserlo pure un <<No>> o una risposta sgarbata e deliberatamente offensiva”.
Pensa che esista il destino e, se sì, secondo quali termini? Si è, poi, mai interrogato a proposito della sussistenza del male nel mondo in rapporto alla presunta bontà, onnipresenza, onniscienza e onnipotenza della divinità e del suo operato (cioè sulla questione della Teodicea)? “Il maligno è nel mondo perché è dentro di noi, come il bene del resto. Siamo impastati di bene e di male …E la Teodicea, prima che una questione filosofica, è una questione intima propria di ogni essere umano (ed è, perciò, divenuta un argomento di Filosofia) – anche se non tutti hanno ricchezza di linguaggio e, di conseguenza, di pensiero per tenere sotto controllo questa lotta di una vita intera tra bene e male e per cercare di far prevalere sempre il primo. Sotto questo profilo, di molto aiuto possono essere le religioni… che sono un argomento di studio e di riflessione che mi è molto caro, tanto più il Cristianesimo che fin dagli albori predica l’umiltà e l’andare incontro al prossimo e financo allo stesso male, senza pregiudizio”.
Infine, prima di salutarci, vuole condividere con noi quali sono i suoi progetti più stretto giro e talune eventuali novità in anteprima? “Purtroppo non ho grandi ingaggi da annunciare. Ho comunque, sì, partecipato a diversi casting e mi hanno già chiamato o già dato un preallérta… Di recente ho fatto una piccola figurazione in SABBIA NERA, una fiction ambientata a Catania, che andrà in onda su Canale 5 nel 2024 e penso che dovrebbero chiamarmi per la serie IL GATTOPARDO. Il vero problema è, per me, trovare un agente – operazione alquanto difficile vivendo io in Sicilia e cercando da solo, partecipando ai casting per le comparse, di procurarmi ingaggi. Non che non ci sia riuscito in ciò, anzi L’ORA – INCHIOSTRO CONTRO PIOMBO, INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO (di cui attendo l’uscita il prossimo 28 giugno), il girato a Noto CYRANO del regista Joe Wright sono tutti ingaggi da attore che mi sono procurato appunto da solo partecipando ai casting …ma è un’attività molto dispendiosa in termini di energia e che delegherei volentieri a chi lo fa di professione, in maniera tale da avere più tempo da dedicare allo studio e all’interpretazione dei personaggi”.