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“SALA D’ATTESA” – Uno spazio virtuale per raccontare la forte correlazione tra la mente e il corpo

“Sala d’attesa” è la nuova rubrica online promossa dal Centro Tandem di Brolo. La rubrica è a cura del dottor Antonio Scardino, medico di base e immunologo, che si occupa di psicosomatica. E’ uno spazio virtuale dove verranno  pubblicheti, scelti dal curarote del blog, dei casi clinici, che raccontano la forte correlazione tra la mente  e il corpo. E’ possibile commentare gli articoli pubblicamente o inviare delle email private

A presentare quest’iniziativa e sopratutto chi la curerà è Romani Fabio, psicologa e direttrice del Centro Tandem di Brolo, un luogo, uno spazio, un posto che va oltre quello che potrebbe essere il classico studio dove opera uno psicologo.

Infatti al Centro, da poco spostatosi nella nuova sede di via  Pio la Torre, al civico 15 (proprio a ridosso di Ti.Pi.Ca. – area campo sportivo) ci si occupa di Psicologia Clinica, Psicoterapia e Psicodiagnostica e altre storie connesse all’animo e alla menta anche dei più piccoli.

Lei racconta che Antonio Scardino e la sua “Sala d’attesa” l’ha conosciuto così: leggendo attraverso un post di facebook un suo articolo. Ed è proprio la “rete” il suo potere di penetrazione e comunicazione, che diventa l’agorà di questa “sala d’attesa”.

Poi si sofferma sul perchè di questa definizione.

La sala d’aspetto è un luogo magico dove si veicolano le energie di tutte le persone che lì attendono.

Un luogo dove si è costretti a ripassare la lezione, poiché davanti al medico si tenterà di dare una narrativa convincente alla propria paura.

Nella sala daspetto si è costretti a dare forma solida e compiuta a tutti i meccanismi di difesa ed evitamento che hanno operato fino al giorno prima che decidessimo di andare dal medico, fino a un secondo prima che ci sedessimo.

Ora si è lì e si deve mettere ordine.

Tutti sanno che i medici si distraggono presto dai discorsi vaghi, dalle persone che si contraddicono, dalle paure irrazionali. Nessun medico presta attenzione a una persona che piange e basta, non ha il tempo… Non ha la forza.

Pochi medici sono disposti a immaginare che il fatto saliente, comune a tutti gli astanti, segretaria e medico compresi, è la paura della morte.

La morte è il solo segno, il dato clinico, la risultante scientifica assoluta, tutti i segni e sintomi sono sue sublimazioni, linguaggi, escamotages fisiologici, strutturali, ematochimici. Solo la morte esiste e ognuno di noi ha un proprio modo personale di affrontarla. I pazienti della sala d’aspetto sono – nel momento stesso in cui si siedono – esseri umani coraggiosi, gli unici capaci di affrontare la propria morte. Il medico generalmente non ha questo coraggio. I medici studiano da una vita per negare la morte di chiunque, specialmente la propria.

Da qui la necessità di studiare il sublime narrare che le persone hanno, ognuno a modo proprio, per dialogare con la morte. Nella sala d’aspetto si forma un gruppo, un raccoglimento iniziatico, un cerchio che ha un suo centro preciso: la morte.

Pian piano il paziente si distacca dal gruppo e si fa individuo, si prepara ad affrontare la propria narrazione personale da esporre al totem in camice bianco.

Nella sala d’aspetto si decide se affrontare la propria morte ad occhi aperti oppure se evitarla ancora, rimuovere, negare, tenerla nell’oscurità, nell’inconscio e cadere così nell’involontario linguaggio della psicosomatica: il linguaggio segreto degli organi. La persona che si alza dalla sedia della sala d’aspetto deciderà se narrare al totem bianco una formulazione ondivaga, esitante, stereotipata, esitante, mal di gola, vertigini, dolore alle ossa, oppure parlare di ciò che lo angustia e lo affligge di più: la paura di invecchiare, il dolore di una perdita, la disillusione nei confronti della propria vita, un trauma, una difficoltà, un cambiamento importante: la paura di morire.

Il totem bianco, il medico ha poche possibilità di sfuggire a tutte quelle morti individuali, che ogni giorno si trova ad incontrare e che gli ricordano la propria morte, e così assai spesso nega, chiude sbrigativamente, regredisce nel ruolo, si difende con la scrivania piena di oggetti messi a mo’ di barriera, scherza, razionalizza, ignora: insomma, si difende.

Da queste premesse la necessità della presenza di uno psicologo, specialmente nella sala d’aspetto, un luogo le cui potenzialità curative decisive sono attualmente del tutto sottostimate.

La presenza di uno psicologo risolverebbe la metà dei casi presenti in un ambulatorio medico, prima che questi si affaccino al medico stesso.

Inoltre, non dimentichiamo un dato fondamentale: l’unico individuo dell’ambulatorio medico che ha necessità certa di supporto psicologico è il medico stesso.

Scoperta cos’è la “sala d’attesa” ecco che si concretizza l’idea di Antonio Scardino.

Romina, ne parla ancora.. entusiasta: “Un rivoluzionario mi sono detta, uno che dice ciò che pensa senza troppi giri di parole,interessante! Così comincio a seguirlo e scopro che alle parole di Antonio, seguono i fatti. Rara qualità – e continuando – A parte medico è anche scrittore, scrive, racconta il suo lavoro, che trasforma in un interessante libro – “Il linguaggio segreto degli organi” – dove ci illustra dei casi clinici, che narrano la forte correlazione tra il corpo e la mente. Riuscendo a dar voce, parola e spazio al dolore psicosomatico”.

Quindi l’idea dopo i contatti iniziali a sviluppare un progetto, nuovo, in prospettiva… di successo.

Nasce l’idea di un blog, di una rubrica, dove abbiamo voglia di raccogliere le sue storie, con l’obiettivo di sensibilizzare il lettore  ad ascoltarsi, a raccontarsi, ad avere il coraggio di prendersi cura di sé, fino in fondo.

Tutto da leggere, da seguire, da lasciarsi coinvolgere, aprirsi ed essere travolti dall’intensità e dalla poesia dei racconti, ri-trovandosi nelle parole di chi lo cura.

 

Chi è

Mi chiamo Antonio Scardino e sono medico di base

Ecco come si presenta l’autore dell’iniziativa.

Mi chiamo Antonio Scardino e sono medico di base a Piandimeleto nonché coordinatore di postazione di guardia medica notturna a Mercatino Conca.

O almeno lo ero.

Ho appena dato le dimissioni.

Per lunghi anni ho lavorato giorno e notte nello splendido Montefeltro e sono in pieno contraccolpo psicologico per la perdita del contatto con i pazienti e l’imminente trasloco. In attesa di andare altrove, con la mia numerosa famiglia.

Sento di avere fatto la cosa giusta a dare le dimissioni. Sono stanco e vado via. Un medico ha un piccolo mondo e un suo punto di vista fra i milioni possibili. Eppure, credo che sia utile scrivere di questo mondo per una riflessione.

In questi anni ho vissuto e lavorato in luoghi splendidi e pittoreschi, dove però il procedimento mafioso dei meccanismi lavorativi è la normalità acclarata. I pazienti si vendono da un medico all’altro, i dirigenti amministrativi fanno il bello e il cattivo tempo con i soldi pubblici, i piccoli personaggi da scrivania diventano dei giganti senza alcuna autorevolezza che decidono di un territorio e delle persone che ci vivono, talvolta inventando regole inesistenti pur di affermare il loro piccolo potere. I medici svogliati, furbi, dal comportamento indecente restano al loro posto indisturbati, difesi dall’omertà e la connivenza di un’inerte dirigenza. Così, talvolta, l’abuso di ufficio, il peculato, la calunnia, la volgarità nel rivolgersi ai pazienti, il nepotismo e la corruzione diventano fatti normali.

Ma normali non sono.

Mi sono rivolto al tribunale di Urbino per non cedere al meccanismo omertoso, ho scritto articoli, e sono stato isolato. Da soli non si va da nessuna parte ed è facile soffocare le poche voci dissonanti. Basta rendergli la vita burocraticamente impossibile e, se lavori giorno e notte, il burn out è assicurato. In questi anni non ho mai visto un dirigente, neanche avvertito la presenza, non mi sono sentito difeso: come se non ci fossero.

Nello sbando l’assistenza pubblica diventa scadente e i personaggi volgari e arroganti assurgono a piccoli califfi di zona. Una grande paura di vedere ciò che non va e cambiare, questo vedo; e le miriadi di declinazioni di tale fenomeno si traducono nella scarsa qualità del servizio, nella meschinità del compromesso, nell’accettazione passiva dell’elemento nepotistico, mafioso, contorto: poiché tutto sarà difficile se non pieghi la testa; e tutto filerà liscio se sei un amico, se stai zitto, se rubi un po’ anche tu e se stai nel giro giusto. Secondo me manca solo un po’ di coraggio di affrontare ciò che è sbagliato come se fosse davvero sbagliato e cambiare di conseguenza, senza possibilità di interpretazione, sfumatura o soluzione sorridente e accomodante.

Ma di questo passo sarà per le generazioni a venire, forse. Io adesso vado a cercare altrove un posto giusto per me.

Un caro saluto ai pazienti di Piandimeleto, che per sempre resteranno nel mio cuore: Leo, Carla, Delia, Cassiton, Flora e il suo amato Giulio che ci ha lasciati da pochissimo e tutti gli altri; persone per bene, che meritano un’assistenza sanitaria almeno decente, offerta da persone che abbiano ben presente la missione della salute pubblica.

Spero che un giorno avranno un medico come si deve, più coraggioso di me.

Antonio Scardino

 

 

Buona lettura.

http://www.centrotandem.org/la-sala-dattesa-intro/

http://www.centrotandem.org/

Brolo, Via Pio la Torre 15

Mobile: 320.8150126

Redazione Scomunicando.it

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