Mieloma multiplo e leucemia linfoblastica acuta, due tumori rari e aggressivi, sotto i riflettori del Corso di Formazione Professionale Comunicare le Malattie Oncoematologiche Rare, promosso dal Master della Sapienza ‘La Scienza nella Pratica Giornalistica’ con il supporto di Amgen.
In arrivo importanti novità terapeutiche: la Commissione Europea ha appena approvato carfilzomib (Kyprolis®), primo degli inibitori del proteasoma di seconda generazione, per il trattamento del mieloma multiplo recidivato, e blinatumomab (Blincyto®), prima immunoterapia per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B Philadelphia-negativa recidivata o refrattaria.
L’Italia ha svolto un ruolo da protagonista nel piano di sviluppo clinico dei due farmaci: 45 i Centri di eccellenza coinvolti nel mieloma multiplo e 18 nella leucemia linfoblastica acuta.
Rari e molto aggressivi e con un forte bisogno di terapie innovative in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Sono il mieloma multiplo, un tumore definito “incurabile” perché spesso resistente alle terapie, e la leucemia linfoblastica acuta (LLA), una neoplasia per cui la prognosi nell’età adulta è ancora largamente insufficiente. Nonostante siano due tra le neoplasie ematologiche più temute permane una scarsa visibilità mediatica su questi tumori.
Fare luce su questi tumori rari del sangue è l’obiettivo del Corso di Formazione Professionale per i giornalisti Comunicare le Malattie Oncoematologiche Rare, promosso a Roma dal Master della Sapienza ‘La Scienza nella Pratica Giornalistica’ con il supporto di Amgen.
«Alcune malattie oncoematologiche sono definite rare, sebbene sia necessario rivedere questa definizione, perché rientrano come incidenza in un gruppo di malattie le quali generalmente colpiscono più di 5 persone su 10.000 abitanti – afferma Maria Teresa Petrucci, Dirigente Medico I Livello, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia, Policlinico Umberto I di Roma – il problema per queste patologie è che non disponiamo di registri che ci consentano di valutarne i numeri precisi. Riguardo alla diagnostica, sono stati fatti grandi passi in avanti per tutte le malattie oncoematologiche e, grazie alle tecnologie di biologia molecolare, oggi possiamo fare diagnosi sempre più precoci. Anche per le terapie, si è fatto molto: penso, ad esempio, al mieloma multiplo per il quale il numero di farmaci registrati è stato decisamente superiore a quello delle altre malattie rare».
Oggi è possibile parlare di ulteriori passi avanti nel trattamento delle neoplasie onco-ematologiche e di nuova linfa per l’aspettativa di vita dei pazienti che ne sono affetti. La novità di questi giorni è l’approvazione parallela da parte della Commissione Europea di due farmaci messi a punto da Amgen che aprono nuovi scenari per questi tumori difficili da trattare: carfilzomib (Kyprolis®), il primo degli inibitori irreversibili del proteasoma di seconda generazione, per il trattamento del mieloma multiplo recidivato; e blinatumomab (Blincyto®), in assoluto la prima immunoterapia indicata per il trattamento della LLA da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia, primo di una nuova classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE® (bi-specific T-cell engagers).
L’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel programma di sviluppo clinico di questi due farmaci: su 47 studi che coinvolgono 305 Centri che Amgen ha attivi in tutta la penisola, il 60% afferiscono all’area dell’onco-ematologia. Nel mieloma multiplo l’Azienda sta conducendo 5 studi in 45 Centri, mentre nella LLA sta conducendo 4 studi in 18 Centri.
Entrambi i farmaci si sono mostrati in grado di raggiungere una profondità di risposta senza precedenti che per il mieloma multiplo significa allungamento della sopravvivenza senza progressione della malattia mentre, nel caso della leucemia linfoblastica acuta, vuol dire arrivare alla remissione della malattia. Una malattia in remissione si traduce in una prognosi più favorevole per i pazienti che si sottopongono al trapianto, che resta la terapia d’elezione per questa patologia, ma anche per i pazienti nei quali il trapianto non è indicato.
Il mieloma multiplo è un tumore del sangue che colpisce le plasmacellule, un sottotipo di globuli bianchi che combattono le infezioni. È una malattia orfana rara e molto aggressiva, che rappresenta approssimativamente l’1% di tutti i tumori. In Europa, ogni anno circa 39.000 pazienti ricevono una diagnosi di mieloma multiplo e si registrano circa 24.000 decessi. In Italia convivono con un mieloma multiplo, a 5 anni dalla diagnosi, 13.983 persone di età media attorno ai 65 anni; 5.200 i nuovi casi registrati ogni anno e 3.200 i decessi. A 5 anni dalla diagnosi sopravvive meno di un paziente su due (45%). La capacità di raggiungere e mantenere una risposta significativa ai trattamenti diminuisce ad ogni recidiva a causa sia della resistenza acquisita ai farmaci sia del progredire del tumore.
«Il mieloma multiplo è una patologia che colpisce i progenitori del sangue, le cellule del midollo osseo, la cui alterazione determina complicanze severe a livello osseo. È una patologia dell’anziano, con numeri in rapida evoluzione a causa dell’invecchiamento della popolazione», afferma Antonio Palumbo, Dipartimento di Ematologia, Università di Torino. «Negli ultimi dieci-quindici anni c’è stata un’evoluzione delle terapie: dalla vecchia, tradizionale chemioterapia molto tossica ai farmaci “intelligenti” capaci di bloccare la proliferazione del tumore sino all’impiego dei più recenti anticorpi che stimolano il sistema immunitario a controllare il tumore. I nuovi farmaci aprono uno scenario importante per il trattamento di questa grave patologia, in quanto riescono a ottenere una risposta profonda con un incremento della sopravvivenza molto significativo».
La leucemia linfoblastica acuta è un tumore del sangue e del midollo osseo, raro e a rapida progressione. Per gli adulti con LLA recidivante o refrattaria, la sopravvivenza globale mediana è appena da tre a cinque mesi. In Italia, si stima che ogni anno ci siano circa 250 nuove diagnosi di LLA a cellule B Philadelphia negativa nell’adulto. Fra questi pazienti, ci sono almeno circa 130 casi di malattia recidivante o refrattaria. L’età media alla diagnosi è di circa 40 anni. Le recidive sono frequenti: circa il 60% dei pazienti accusa ricadute dopo la terapia di prima linea, durante questa fase circa l’11% non risponde alle cure e soffre di una leucemia cosiddetta refrattaria. Per i pazienti con LLA la speranza di vita media a 5 anni, dopo la prima ricaduta, è del 7%.
«La leucemia linfoblastica acuta – dice Robin Foà, Direttore del Centro di Ematologia, Policlinico Umberto I di Roma – colpisce individui di tutte le età, bambini, adolescenti, giovani adulti, adulti ed anziani. È il tumore più frequente in età pediatrica, mentre è relativamente raro negli adulti. Mentre la prognosi è favorevole per oltre l’80% dei bambini, lo stesso non si può dire per molti pazienti dell’età adulta per i quali la prognosi rimane ancora insoddisfacente. Gli studi di genetica hanno permesso più raffinate stratificazioni prognostiche e anche l’uso di terapie mirate/targeted per pazienti portatori della lesione genetica più frequente nell’età adulta (il cromosoma Philadelphia) che hanno significativamente migliorato la prognosi di questo specifico sottogruppo. Per molti altri pazienti, la possibilità di guarigione è legata alla effettuazione, quando possibile, di un trapianto allogenico di cellule staminali. La ricerca sta gradualmente aprendo nuovi scenari. In questo senso, la recentissima approvazione da parte dell’EMA (dopo l’FDA) dell’anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab per alcune categorie di pazienti con leucemia acuta linfoblastica apre innovative prospettive terapeutiche alla luce degli importanti risultati ottenuti nei protocolli clinici finora condotti. In questo senso, anche l’esperienza condotta presso il nostro Centro e nel nostro Paese è stata assai incoraggiante».
Carfilzomib, appena approvato nell’Unione Europea per il trattamento del mieloma multiplo recidivato, inibisce la funzione del proteasoma, struttura che scompone le proteine danneggiate, permettendone un accumulo tale all’interno della cellula da arrivare all’arresto del ciclo cellulare e alla conseguente morte della cellula. I dati dello studio di fase III ASPIRE hanno evidenziato nei pazienti trattati con carfilzomib in combinazione con lenalidomide e desametasone gli stessi risultati della prima linea: un prolungamento di circa 9 mesi (8,7) della progressione libera da malattia. Negli studi clinici, circa un paziente su tre di quelli trattati con carfilzomib in combinazione ha raggiunto una risposta completa o migliore rispetto a quelli trattati con lenalidomide e desametasone.
Blinatumomab è considerato un farmaco rivoluzionario, il più importante progresso raggiunto dopo quasi vent’anni per la leucemia linfoblastica acuta. È il capostipite di una nuova classe di anticorpi monoclonali bispecifici chiamati BiTE® – bi-specific T-cell engagers, una piattaforma tecnologica all’avanguardia che aiuta il sistema immunitario a individuare e colpire il cancro.
I risultati dei due studi 211 e 206 di fase 2, dimostrano che il 42,9% dei pazienti ha raggiunto la completa remissione (CR) o una completa remissione con recupero ematologico parziale (CRh) utilizzando il farmaco da solo. La profondità di risposta e il tasso di remissione clinicamente significativo fanno di blinatumomab una valida opzione di trattamento per i pazienti adulti con LLA refrattaria al trattamento o con ricadute per i quali la prognosi è infausta.
L’approvazione della Commissione Europea per i due farmaci è un importante riconoscimento all’impegno di Amgen, prima azienda al mondo nel campo delle biotecnologie, nello sviluppo e ricerca di farmaci innovativi destinati al trattamento di malattie per le quali esiste un rilevante bisogno medico insoddisfatto, come le malattie oncoematologiche rare.
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