Cronaca

SANREMO & CENSURA – “Stop al genocidio” e l’ira di Israele. Ghali è diventato un caso a Sanremo

dalla nota dell’AGI
Quello “stop al genocidio” urlato da Ghali lasciando il palco di Sanremo nella serata finale non e’ andato giù all’ambasciatore di Israele: “Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”, ha lamentato Alon Bar su X.
Parole che hanno riacceso la polemica sul 30enne rapper milanese di origine tunisina che ha chiuso con un lusinghiero quarto posto nella classifica generale.
Del resto la sua canzone “Casa mia casa tua” dedicata alla popolazione di Gaza aveva subito suscitato critiche da parte della comunità ebraica, per una strofa in cui si chiede: “Come fate a dire che qui è tutto normale, per tracciare un confine con linee immaginarie, bombardate un ospedale”.
“Nella strage del 7 ottobre, tra le 1200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival e altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi”, ha ricordato il diplomatico israeliano. “Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà”, ha aggiunto, è un peccato che questo non sia accaduto”.
La replica
Ghali ha replicato all’ambasciatore israeliano a Domenica In speciale Sanremo, difendendo la sua denuncia per i morti civili nell’offensiva sulla Striscia: “Mi dispiace che abbia risposto in questo modo, c’erano tante cose da dire”, ha detto il rapper, “ma per cosa altro avrei dovuto usare questo palco? Io sono un musicista prima di salire su questo palco: ho sempre parlato di questo fin da quando sono bambino”.
Per l’autore di ‘Habibi’ “stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace”. “Ci sono dei bambini di mezzo: quei bambini che stanno morendo, chissa’ quante star, quanti dottori, insegnanti, quanto geni, ci sono li’ in mezzo”, ha insistito.
la RAI
L’ad della Rai, Roberto Sergio, è intervenuto per ribadire la “convinta solidarietà al popolo di Israele e alla comunità ebraica”: “Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano, e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre”.

Mara Venier

La conduttrice ha poi concluso affermando: “Sono le parole, che ovviamente condividiamo tutti, del nostro amministratore delegato Roberto Sergio”. Da qui la polemica accesa sui social dagli utenti, che stanno criticando la nota dell’ad Rai e il commento di sostegno della conduttrice che pure poco prima aveva fatto discutere il pubblico per un fuorionda registrato subito dopo l’intervento di Dargen D’Amico sull’immigrati.

La politica
La politica come prevedibile si è divisa sull’uso della parola “genocidio”: se Nicola Fratoianni di Sinistra italiana lo ha ringraziato lodandolo per “coraggio e verità” e ha definito “inopportune” le parole dell’ambasciatore, Osvaldo Napoli di Azione ha affermato che “solo l’odio contro Israele poteva far dire a Ghali, dal palco di un festival musicale, una menzogna tanto atroce quanto stupida”.
“Spero che i vertici dell’azienda si scusino con le autorita’ di Israele e attuino interventi riparatori tenuto conto delle giuste proteste dell’ambasciatore di Israele”, ha auspicato il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, componente della commissione di Vigilanza Rai, “la Rai non può vivere fuori dalla realta’”.

Bakkali: “In quel foglietto la fine della Rai come spazio libero”

Sul caso interviene anche la parlamentare ravennate Ouidad Bakkali: “Qualcosa di profondamente inquietante è andato in onda sulla Rai, servizio pubblico che ieri tramite la lettura del comunicato dell’ad Sergio è stato l’esempio più emblematico dell’asimmetria che abbiamo davanti agli occhi. Uno squilibrio che vuole silenziare quanti stanno provando a tenere alta l’attenzione su ciò che sta succedendo a Gaza da ormai 4 mesi. Abbiamo avuto un esempio di come non è tollerato condannare a viso aperto la violenza senza precedenti che Israele ha scatenato dopo il 7 ottobre con decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia confinati in una prigione a cielo aperto dove proprio in queste ore stiamo vedendo la minaccia dell’attacco a Rafah, dove sono confinate più di un milione di persone, schiacciate tra il confine egiziano e i bombardamenti e dove si rischia una carneficina. Si è dato esempio ieri, con quel comunicato, di cosa significa seminare odio e come si vogliano stringere gli spazi di critica e pensiero”.

“Abbiamo davanti agli occhi però anche quanto sia potente l’arte e la voce degli artisti – continua Bakkali – Allora, in questo momento in cui la politica è così debole, si allei all’arte e alla sua capacità di rimanere aggrappata con tutta la forza all’umanità, al rispetto della vita, alla Pace come condizione per un esistenza dignitosa per tutti. Ghali, tra le tante cose straordinarie che ha fatto in questo Festival, ha avuto la forza di abbracciare il dolore di un popolo e illuminarlo e in quell’abbraccio c’era la sofferenza di tutte le vittime innocenti di questa guerra. In quel foglietto invece c’era la pratica della censura, dell’affermazione del potere di chi opprime e non da valore alle vite che si sono perse, della fine della Rai come spazio libero”.

Redazione Scomunicando.it

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