Categories: Cronaca Regionale

SANT’AGATA MILITELLO – Tentata estorsione alla ditta Amata, il tribunale di Catanzaro condanna giovane calabrese

4 anni di carcere, l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, il pagamento delle spese processuali ed il risarcimento dei danni. Il Tribunale ha anche accolto la costituzione di Parte Civile presentata dalla FAI e dall’ACIS di Sant’Agata Militello. Uno straordinario risultato per l’associazione antiracket santagatese, che vede accettata una costituzione di Parte civile fuori regione. Già qualche anno fa, una richiesta simile era stata presentata ed accolta a Termini Imerese (PA) e quindi fuori provincia, costituendo un precedente giuridico. Oggi l’ACIS, con l’accoglimento della richiesta in un Tribunale fuori dalla Sicilia, dimostra che riesce a stare sempre e comunque dalla parte degli imprenditori che denunciano e che decidono di non farsi intimidire da chi vorrebbe umiliarli nella loro dignità e nel loro lavoro.
Amata, titolare di un importante appalto per la sistemazione delle acque reflue nel comune di San Benedetto Ullano, aveva ricevuto, tra il febbraio ed il marzo scorsi, richieste di denaro da parte di un soggetto, che si presentava come referente di zona della ndrangheta cosentina; il giovane chiedeva 6.000 euro, come contributo per i detenuti, per ottenere sicurezza all’interno del cantiere e per evitare danneggiamenti ai mezzi di lavoro, indicando che la ditta avrebbe dovuto pagare in più tranches a malavitosi siciliani la somma richiesta. Dinanzi alle pressioni estorsive, il vice presidente dell’ACIS Antonio Amata, senza lasciarsi intimidire e nello spirito della legalità dell’associazione antiracket di cui fa parte, ha deciso di denunciare il fatto alla compagnia dei Carabinieri di Rende. Sono subito scattate le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, che trovando dei rilevanti riscontri è riuscita ad identificare l’autore delle richieste, con la conseguente emissione del provvedimento di fermo. Già nel 1993, Vincenzo Amata, padre dell’imprenditore, aveva intrapreso la strada della legalità denunciando le richieste di pizzo subite. Il figlio, avendo preso la guida della ditta edile di famiglia, ha continuato sulla strada tracciata dal padre si è sempre ribellato agli episodi estorsivi di cui è stato vittima.

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