Succede che, a volte, strumenti pensati da menti illuminate, negli anni passati, ritornino attuali.
Strumenti frutto di un’evoluzione pedagogica della scuola italiana, che dove applicati hanno fatto la differenza.
Se la genialità di Lorisi Malaguzzi ha fatto nascere Reggio Children, stella polare dei servizi educativi per l’infanzia nel mondo, il regolamento dell’Autonomia rappresenta un capolavoro normativo, osannato dalla letteratura, alla base di idee che si sono poi cristallizzate nel movimento di Avanguardie Educative.
Erano i tempi del ministero di Luigi Berlinguer, dell’autonomia scolastica che fa delle scuole un ente autonomo a cui sono attribuiti ampi poteri e spazi di azione.
Ed è proprio quell’autonomia che, oggi, in piena emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus SARS-CoV-02, diventa indispensabile per una riapertura in sicurezza delle scuole.
Ma anche un momento per rinnovare e rinnovarsi, per riprendere un discorso interrotto venti anni fa, ripreso con scarso successo con la legge 107/2015 e di fatto non ancora concluso e in molte scuole italiane mai avviato.
E’ il modello di scuola ottocentesco che si reitera su se stesso a frenarlo, annidandosi nei nostri archetipi, che è difficile da smantellare e fare evolvere, con il risultato di un sistema educativo obsoleto e di conseguenza un freno sullo sviluppo tecnologico e umanistico della nostra nazione.
Trovare soluzioni ad un’ emergenza del XXI secolo ancorandosi a sistemi centralizzati, a didattiche trasmissive, a scuole che non prendono decisioni e presidi che non si evolvono in dirigenti scolastici, sempre in attesa di istruzioni dagli uffici centrali e periferici, implica un sovraccarico di sistema, che nonostante le buone intenzioni e l’impegno del ministro e del ministero, si traduce in malcontento e polemiche.
Allora, qual è la soluzione? Semplice, cogliere la grande opportunità dell’emergenza e iniziare a suonare per chi non l’ha già fatto lo splendido strumento dell’autonomia.
Con esso è possibile ridurre l’ora di lezione per integrare didattica in presenza con didattica a distanza, trovare nuove forme di insegnamento che sfruttano la libertà organizzativa per trasformare gli spazi esterni e all’aperto in innovate aule didattiche.
Allo stesso tempo, è possibile trovare soluzioni nuove, flessibili, adeguate ad ogni singolo contesto territoriale. Strumenti come parteniariati e reti di scuole, oggi sono solo applicati per mera opportunità al fine di intercettare risorse, ma non sono mai stati pensati per una collaborazione reale e fattiva nella gestione ordinaria delle istituzioni scolastiche.
Se da un lato, in un’ ottica ottocentesca di didattica frontale mancano gli spazi, applicando l’autonomia le opportunità diventano immense e gli spazi praticamente infiniti.
Basti pensare agli impianti sportivi esistenti, ai cinema, ai teatri, alle sale per conferenze, agli oratori, ai parchi urbani, ai luoghi delle istituzioni, alle piazze e, perché no, ai centri storici delle città e agli spazi aperti nella natura.
Una didattica esplorativa, esponenziale, che utilizza spazi nuovi come ambienti di apprendimento, amplia gli stimoli e imprime all’insegnamento una natura nuova.
Certo non è possibile applicarla per tutti gli insegnamenti, ma le sperimentate aule laboratorio, oggi una realtà nel movimento DADA, insegnano che il connubio classe-aula ormai è superato, ma il regolamento dell’autonomia ci dice che anche il concetto classe è superato.
Certo, in pieno Covid-19, immaginare classi aperte è difficile, ma in fondo, a pensarci bene, sarebbero gli stessi docenti muovendosi da classe in classe a portare, se contagiati, il virus.
E se lo spazio reale si amplia nel virtuale, allora la DAD diventa una modalità che ha a disposizione spazi infiniti.
Il limite, l’ancoraggio ossessivo del personale docente e non alla didattica trasmissiva, alla lezione frontale, ad una scuola del leggere, scrivere, far di conto, che fonda il suo limitato successo formativo grazie ai compiti a casa, che inevitabilmente costringono gli studenti e, per i bambini piccoli, i genitori e i nonni a stare ore e ore sui libri dopo il tempo scuola.
A questo si aggiunge la strana convivenza degli enti locali e delle istituzioni scolastiche nella gestione dell’edilizia scolastica e dei servizi.
Se da un lato la scuola può avvalersi di uffici e personale competente in materia, dall’altro non sempre il dialogo tra i due è positivo, per divergenze d’idee, ma anche per assenza di risorse.
Un ente locale deve affrontare infiniti problemi legati alla città, la scuola di conseguenza è un problema tra tanti, per l’istituzione scolastica invece l’edilizia scolastica, gli arredi e i servizi ad essa connessi, rappresentano un problema prioritario e centrale, da essa dipende l’ambiente di apprendimento e la sicurezza degli allievi e ad essa sono legate molte responsabilità del personale che ci lavora.
Pertanto la gestione dell’edilizia scolastica si auspica che possa essere in tempi brevi trasferita di competenza alle scuole, le quali potranno avvalersi, su richiesta, degli uffici tecnici degli enti locali, ma con una gestione e allocazione delle risorse da parte delle istituzioni scolastiche.
Autonomia è anche questo, una scuola libera, libera di scegliere, decidere, e gestire al meglio le proprie risorse e i propri spazi, di innovarsi e rinnovarsi, di cercare soluzioni nuove, e spazi mai immaginati.
L’alternativa una scuola con un sistema centrale sovraccaricato, con istituzioni scolastiche che svolgono compiti assegnati per adempiere a soluzioni a volte non condivise, con tempi imposti e a volte incompatibili con il contesto di riferimento.
Ma Autonomia vuol dire anche pensare di rivedere i rapporti sindacali, coinvolgere in un principio di sussidiarietà partendo dal basso, con accordi pattizi che tengano conto delle singole realtà e situazioni e che siano in grado di derogare se necessario a prassi consolidate in caso di emergenza.
La scuola intanto riapre, con enormi difficoltà; i pochi che hanno avviato processi di una rinnovata e autonoma organizzazione, riapriranno nell’entusiasmo delle opportunità aperte grazie alle nuove risorse destinate dalla politica, le altre, si affanneranno a svolgere i compiti assegnati, con il rischio di non arrivare puntuali e pronti alla data di riapertura ed inizio delle lezioni.
Bruno Lorenzo Castrovinci