Una storia quasi maggiorenne, quindici anni fa avviata nel pieno del clima di tangentopoli, di appalti e politica anche sui Nebrodi, undici anni di udienze ed infine le condanne dopo una camera di consiglio di circa due ore e mezzo.
La sentenza era attesa, le indagini le avavea avviate il giudice Giuseppe Gambino, allora procuratore capo a Patti, non solo per il clamore che allora fece il fallimento della Siaf, un vero e proprio impero economico zeppo di appalti, di posti di lavoro, di politici e potenti (anche giornalisti e magistrati) che si recavano alla corte dei fratelli Mollica di Gioiosa Marea, (Pietro, Antonio e Domenico), gli imprenditori rampanti, geniali per certi versi, spavaldi che attraverso le tangenti della politica avevano creato una rete di rapporti dove mazzette, raccomandazioni, favori, amicizie diventanto, come un grande re Mida, oro e lavori con commesse in tutta Italia.
Il teorema accusatorio del pm, Rosanna Casabona ha retto, nonostante siano state disposte tre assoluzioni totali, una parziale e una prescrizione con un gran lavoro del pool difensivo che ha ricostruito la storia di quegli anni.
Cadute anche le accuse di finanziamenti ai partiti e falso in bilancio
Ecco il sunto della sentenza (presidente Scolaro a latere Molina e Rigoli) per reati che spaziano dalla bancarotta fraudolenta al falso in bilancio ripetuto
5 anni e 6 mesi per Pietro, Antonio e Domenico Mollica, interdetti in perpetuo dai pubblici uffici,
3 anni di reclusione per Maria Casamento, Tindaro Luscari e Salvatore Calabrese, interdetti per 5 anni dai pubblici uffici,
2 anni di reclusione per Lucia Ignazitto, l’unica a cui è stata concessa la pena sospesa.
Tutti sono stati condannati al risarcimento del danno alla parte civile, la curatela del fallimento Siaf, costituita con l’avv. Francesco Cucinotta.
Assolti, per non aver commesso il fatto, Santi Cutugno, Giovanni Fogliani e Antonina Buzzanca perchè il fatto non sussiste dopo che il pm ne aveva chiesto la condanna.
Ovviamente il team difenzivo dei Mollica, Giovanni Orlando, Alvaro Riolo, Alberto Gullino, Maurizio Radici, Franco Bertolone, Alfredo Vicari, Enrico Orlando, Fulvio Adile, Melina Caranna e Vincenzo Siniscalchi, stanno già studiando i motivi per l’appello e tra questi anche la definizione dei valori degli immobili del patrimonio Siaf.
L’affaire Siaf e dell’attuale procedimento interessa il perido che va dal 91 al 95, quando i Mollica decisero pensionare la Siaf, una società, nata per realizzare barche e poi tramutatasi in una miniera, nel periodo d’oro degli appalti pubblici d’oro e quindi in un impero economico.
L’inchiesta scattava quando un imprenditore di Brolo denunciava una paventata truffa per una fornitura di condutture rese alla Siaf per un ammontare di 138 milioni di lire. L’inchiesta si allargata a macchia d’olio e sotto la sferza delle indagini si sgretyolavano imprese minori collegate, venivano fuorri i metodini collaudati della definizione delle gare di appalto, venivano interrogati nella caserma di Acquedolci centinai di amministratori, politici, fornitori e imprenditori, e la Siaf, nell’agosto del 95, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Patti con un passivo che andava oltre i 20 miliardi di lire e un attivo residuo di oltre 7 miliardi.
Ma per i giudici e gli inquirenti molti fondi erano stati sottratti dai Mollica.
Da qui le condanne.