Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Simone Perotti. Lo scrittore si è un po’ raccontato e ha parlato anche del suo libro “Adesso basta – Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta” (Ed. Chiarelettere, 2009)
Buongiorno e piacere! Oggi lei è un noto scrittore, tuttavia vorrei iniziare la nostra chiacchierata domandandole da piccolo forse si immaginava da adulto e che bambino è stato. “Buongiorno Giulia, non avevo alcuna idea fissa. Non ero un bambino di quelli che se ne uscivano con <<da grande voglio fare (…)>>, però ero molto attratto dagli scrittori. All’epoca in televisione c’era poco da vedere e io mi appassionai a una serie tv (eh sì, c’erano già cinquant’anni fa…) in cui il protagonista era uno scrittore allampanato e distratto, che tuttavia aiutava suo padre ispettore a risolvere casi ingarbugliati. Ero affascinato dal suo modo di cogliere i dettagli e riflettere in modo logico. Non è un caso che a nove anni, prima di aver letto il mio primo romanzo, iniziai a scrivere e ne scrissi tre del tutto ispirati a quel personaggio della serie televisiva. Dunque forse chissà, senza saperlo, senza essermelo detto apertamente volevo già fare lo scrittore. Per un bambino figlio di una famiglia non intellettuale, che cercava da sé, con le proprie forze, un posto nel mondo non sembrava cosa facile. Non conoscevamo nessuno che potesse dare un consiglio o indirizzare. A tredici anni scrissi il mio primo racconto, che si intitolava “Iniziazione”. Era la storia di uno che appunto voleva scrivere un racconto. Quando si trattò di scegliere quale università frequentare, contro ogni aspettativa, mi iscrissi a Lettere e Filosofia”.
Ho recentemente avuto la possibilità di intervistare Federica Balestrieri, la quale ha sottolineato che il suo libro “Adesso basta” le ha cambiato la vita. Era a conoscenza del fatto che quanto lei ha scritto ha innescato il progetto radicale di mutamento, proprio nello stile d’esistenza, della sopracitata giornalista e conduttrice televisiva? “Sì, Federica è anche venuta con me in barca. Abbiamo lungamente parlato delle scelte, delle paure, non si è solo limitata a leggere i miei libri. Tante persone, migliaia, hanno fatto il suo percorso. Credo di aver aiutato molta gente a farsi domande e a cercare risposte. E questo, al di là di ogni riconoscimento, mi riempie d’orgoglio. Ho una visione dell’impegno intellettuale collegato alla realtà, dunque militante. Non scrivo libri d’intrattenimento, ma libri cosiddetti politici”.
Ci racconta in cosa ravvisa le principali e maggiori costrizioni, nonché follia, del sistema di vita e di lavoro della società italiana odierna? “Abbiamo smesso di farci domande, applichiamo le regole, pertanto il primo problema è l’omologazione e l’assenza di un orgoglio individuale teso a costruire una vita sensata e in linea con i nostri valori. Ci dichiariamo pacifisti, ecologisti, anticapitalisti magari, ma poi viviamo pienamente dentro tale schema. Il tempo scorre, spesso buttiamo via un’esistenza intera senza nemmeno provare a realizzare una forma di equilibrio e di armonia. Trattiamo il denaro come un fine, le persone come uno strumento, l’ambiente come una fonte inesauribile da sprecare. Attribuiamo allo Stato, all’Economia, alla Politica un mucchio di responsabilità che invece sono le nostre. Consideriamo i genitori e i figli degli alibi. Mi pare che sia un po’ tutto sottosopra”.
Citando la descrizione del suo libro “Adesso basta”, lavorare per consumare non rende felici. (…) Ma non si tratta solo di ridurre il salario per avere più tempo libero. Ritiene che l’onorario di un lavoratore debba essere parametrato unicamente in base alle ore di lavoro o in proporzione a cos’altro? Inoltre consumismo e tempo libero, dal suo punto di vista, in quale rapporto stanno? “Se c’è una cosa di cui non mi occupo sono le questioni sindacali. Possiamo cercare condizioni di vita migliori e non lo facciamo, quindi non possiamo recriminare niente agli altri. Quasi sempre il tempo libero lo sprechiamo ed ecco che chiederne di più mi pare ipocrisia. Le domande, le recriminazioni, le pretese, si esprimono dignitosamente solo dopo averle rivolte a sé. Quando pretendiamo da noi il 100% del senso, allora possiamo consentirci di chiederlo ad altri. Prima di allora, quel messaggio, quella posizione, è senza peso”.
Sempre nel suo libro “Adesso basta”, propone – cito nuovamente – un cambio di vita netto, verso se stessi, il mondo che ci circonda, le abitudini, gli obblighi, il consumo. La rivoluzione dobbiamo farla a partire da noi, (…) per essere finalmente liberi. Ebbene cosa significa libertà per lei ed esiste o no un cosiddetto perno decisionale psicologico ed esistenziale imprescindibile, in tal senso, affinché essa non venga mai meno nella sua quotidianità? “La libertà è essenzialmente interiore, almeno nella stragrande maggioranza delle società occidentali. Si persegue riducendo i bisogni (che ti vincolano) e aumentando i desideri (che ti lanciano verso la progettualità). Per ridurre i bisogni, tuttavia, occorre costruire una saldezza d’animo concreta e duratura. È necessario uscire dal gioco dei simboli e dei canoni vincolanti, perseguire il coraggio delle scelte, fare i conti con la solitudine, l’autonomia interiore, materiale, energetica, alimentare. Un uomo o una donna capaci di fare questo diventano il più possibile liberi. E fatto ciò poi, semmai, ci si occupa del resto ma non prima”.
L’insicurezza economica pesa o non ha alcun effetto nello scalfire la sua felicità ma soprattutto, per quello che la riguarda, di cos’è sinonimo per l’appunto la tanto nominata felicità? “La felicità è una delle tante parole vuote, ingannevoli, fuorvianti, di questa epoca mercantile. Così come la conosciamo è fatta solo per spingere illusoriamente all’acquisto, dunque al debito, dunque al lavoro, dunque alla riduzione della libertà. L’insicurezza economica è uno dei problemi da affrontare, ma non è certamente il primo e dipende da come abbiamo saputo lavorare sui bisogni. Dipende, perciò, da noi e pertanto possiamo affrontarne subito la complessità e scegliere. Siamo, quindi, già liberi”.
A seguito della morte di Maurizio Costanzo, avvenuta questo 24 febbraio, molti si sono espressi sul suo conto. Le chiedo pertanto perché, quando una persona in vista viene a mancare, è come se si diffondesse l’esigenza pressoché unanime di dire la propria in merito al defunto. Lei – del suddetto giornalista e scrittore, nonché conduttore televisivo e radiofonico, sceneggiatore e paroliere – ha scritto: “Era simpatico e, anche se sembrava svogliato e distratto, vedeva e sentiva tutto”. Ha piacere di condividere, con noi, qualcosa d’altro del vostro relazionarvi? “Non particolarmente. Fu gentile con me, avevamo qualche rapporto di lavoro – come con tanti altri giornalisti. Credo abbia avuto una bella vita, dunque c’è solo da rallegrarsi per lui. La morte è inevitabile. Il problema, quando arriva, è come si è vissuti”.
Qual è, secondo lei, il più grande pregio e il potere dell’Arte e della Cultura? “L’arte e la cultura sono la prosecuzione, con altri mezzi, della filosofia. Scandagliano l’uomo con strumenti che la logica, la religione, la scienza, non ha. Sono l’elemento essenziale per vedersi, capire, cambiare. Una società che non investe appunto nell’arte e nella cultura ha a cuore che i propri cittadini rimangano schiavi. Di solito, tale mancanza, è il primo gesto verso il controllo delle persone. Esse, invece, sono dunque entrambe il primo gesto per emanciparsi dal potere”.
Che cosa ne pensa dei social media [clicca qui https://instagram.com/simone__perotti?igshid=YmMyMTA2M2Y= per visionare il profilo IG di Simone Perotti] e dell’uso che se ne fa oggigiorno? E, invece, qual è la sua posizione nei confronti degli attuali programmi di intrattenimento? “Con tutte le cose che ci sono da fare per risolvere l’enigma della vita, direi che l’intrattenimento è utile solo come riposo della mente, come sospensione temporanea della ricerca… il resto del tempo, occorre lavorare con impegno a ben altro che a intrattenersi. Quanto ai social media sono uno strumento, come il denaro, come le e-mail e dunque non hanno valore in sé ma dipende da come li si usa. In questa epoca la deriva è prendere proprio uno strumento e farlo diventare un fine, e così tutto salta. Libertà, esseri liberi è anche e soprattutto trattare le cose per quello che sono”.
Infine, prima di salutarci, vuole anticiparci in anteprima qualche eventuale novità che la concerne? “Sto riflettendo su come costruire comunità consapevoli in seno alla insorgente cultura originale del Mediterraneo. Ci sto pensando e sto studiando, vedremo cosa ne verrà fuori. Di sicuro, c’è un enorme bisogno di comunità, di relazione tra persone omogenee nella diversità che siano orientate ad altri modelli di vita rispetto a quelli attuali. E il tempo, ahimè, stringe”.